Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24268 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24268 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da De Giglio Francesco nato a Bari il 25/1/1972
avverso la sentenza del 7/3/2013 della Corte d’appello di Cagliari sez. dist.
di Sassari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile;
udito l’avv. Stefania Pettinacci che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 7/3/2013, la Corte di appello di Cagliari sez.

dist. di Sassari confermava la sentenza del Tribunale di Tempio Pausania del
16/5/2012, che aveva condannato De Giglio Francesco alla pena di anni otto
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Data Udienza: 15/05/2014

e mesi sette di reclusione ed € 2.800,00 di multa per i reati di cui agli artt.
a) 628 commi 1 e 3 n. 1 cod. pen. b) 61 n. 2 cod. pen., 4 legge n. 110 del
1975 c) 61 n. 2, 385 cod. pen. in relazione all’art. 47 ter legge n. 354 del
1975.
1.1.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

in punto di riconosciuta responsabilità dell’imputato in ordine ai reati allo
stesso ascritti ed in punto di trattamento sanzionatorio.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo

2.

difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) e c) cod.
proc. pen., in relazione all’art. 192 comma 2 cod. proc. pen. con
riferimento all’inattendibilità dei testi Serra ed El Hadjj Moussa Niagna.
2.2. inosservanza di norma processuale, ai sensi dell’art. 606 comma 1
lett. c) cod. proc. pen., in relazione alla nullità della ricognizione personale
ex art. 213 cod. proc. pen. del teste El Hadji Moussa Nuianga. Fa rilevare,
al riguardo, che al testimone, prima della ricognizione, era stata mostrata
una fotografia dell’imputato e non la riproduzione del filmato estrapolato
dalle telecamere posizionate all’interno dell’ufficio postale.
2.3. Manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1
lett. e) cod. proc. pen., in ordine alla ritenuta compatibilità fra
l’abbigliamento del rapinatore visto dal Serra nelle riprese visive e gli orari
dallo stesso indicati.
2.4. manifesta illogicità della motivazione con riguardo all’erronea
valutazione della condotta tenuta dal De Giglio all’interno ed all’uscita
dell’ufficio postale basata su mere supposizioni prive di riscontri oggettivi.
2.5. illogicità della motivazione in relazione alla mancata assoluzione per i
reati di cui ai capi b) e c). Quanto al reato di cui al capo b), evidenzia che
non è stata trovata l’arma del delitto e con riguardo al reato di cui al capo
c), sottolinea la mancanza di motivazione circa la dedotta carenza
dell’elemento psicologico.
2.6. carenza ed illogicità della motivazione in relazione al diniego delle
attenuanti generiche.
2.7. Con motivi aggiunti depositati il 9/5/2014 eccepiva ancora, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., la manifesta
contraddittorietà della motivazione con riferimento alla valutazione delle
prove ed in particolare delle dichiarazioni dibattimentali dei testi Serra e El
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Hadji Moussa Niagna nonché violazione di legge in relazione agli artt. 125,
533 e 192 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi tutti
manifestamente infondati. Difatti tutte le questioni proposte attengono a

quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie. (Sez. U. n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794; Sez. U. n. 12 del
31.5.2000, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Rv. 226074).
Ed inoltre, nel caso di specie, ci si trova dinanzi ad una “doppia
conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno, per cui il vizio di
travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel
caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che
l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta
introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento
di secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in
forza della novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla
legge n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova,
che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante
che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova
decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata
decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di
c.d. doppia conforme, superarsi il limite del “devolutum” con recuperi in
sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere
alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto

valutazioni di merito che sono insindacabili nel giudizio di legittimità,

probatorio non esaminati dal primo giudice (sez. 2 n. 5223 del 24/1/2007,
Rv. 236130). Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato
lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo avere
preso atto delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima conclusione
in ordine alla responsabilità dell’imputato per i fatti allo stesso ascritti.
Orbene, fatta questa doverosa premessa e sviluppando
coerentemente i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza
impugnata regge al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza,
contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del

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[6,

fatto o della prova. In particolare, con riferimento a quanto dedotto nel
primo motivo di ricorso e nei motivi aggiunti, la Corte territoriale dà,
adeguatamente, atto del vaglio di credibilità al quale è stata sottoposta la
deposizione della persona offesa e di quella del testimone El Hadji Moussa
Niagna con motivazione in fatto immune da vizi di legittimità (sez. 3 n.
8382 del 22/1/2008, Rv. 239342); in tal senso quanto alla testimonianza
della persona offesa, si è fatto riferimento, anche attraverso il richiamo

dell’accaduto e nella descrizione dell’abbigliamento e delle caratteristiche
fisiche dell’individuo che era stato ripreso anche dalle telecamere esistenti
all’interno dell’ufficio postale nonché alla testimonianza del Elk Hadji Moussa
Niagna; con riferimento poi a quest’ultima prova è stata pure,
ragionevolmente, rappresentata l’assenza di qualsiasi elemento tale da far
dubitare dell’attendibilità di quanto riferito dal testimone.
Quanto al secondo motivo di ricorso, la doglianza risulta del tutto
generica in quanto il ricorrente fa menzione di atti del procedimento dai
quali risulterebbe che al testimone era stata mostrata una fotografia
dell’imputato prima dell’effettuazione della ricognizione, omettendo di
indicare di quali atti si tratti e di trascriverne o illustrarne il contenuto, come
sarebbe stato suo onere in forza del principio di autosufficienza del ricorso
operante anche in sede penale ( sez. 1 n. 6112 del 22/1/2009, Rv. 243225;
sez. 4 n. 3360 del 16/12/2009, Rv. 246499; sez. 5 n. 11910 del 22/1/2010,
Rv. 246552).
Il terzo e quarto motivo sono anch’essi privi della specificità,
prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’alt 591 lett. c) c.p.p.
risolvendosi in mere critiche alle valutazioni operate in modo logico ed
argomentato nei due gradi di giudizio di merito; al riguardo questa Corte ha
stabilito che «La mancanza nell’atto di impugnazione dei requisiti
prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. – compreso quello della specificità
dei motivi- rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di
giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità
di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità>>
(Sez. 1 n. 5044 del 22/4/1997, Pace, Rv. 207648).
Quanto alla mancata assoluzione dai reati di cui ai capi b) e c), di cui
tratta il quinto motivo proposto, è da escludere qualsiasi illogicità manifesta
della motivazione, a nulla rilevando, ai fini dell’integrazione del reato di cui
al capo b), il mancato rinvenimento del coltello e risultando implicita, nella

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della decisione di primo grado, alla coerenza nella ricostruzione

descrizione della condotta posta in essere dall’imputato, nel mentre lo
stesso si trovava in stato di detenzione domiciliare, la motivazione in ordine
alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato di cui al capo c).
Con riferimento, infine, alla mancata concessione delle attenuanti
generiche, si è fatto riferimento alla capacità a delinquere dell’imputato
risultante dai gravi precedenti già riportati. E sul punto, conformemente
all’orientamento espresso più volte da questa Corte, deve rilevarsi che la

pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con
motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione,
di talché la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non
può essere sindacata in Cassazione neppure quando difetti di uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati
nell’interesse dell’imputato (Sez. 6 n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419;
sez. 2 n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163). Ed ancora, nel motivare il
diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il
giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo
disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 6 n. 34364 del
16/6/2010, Rv. 248244).

4.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi

dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in C 1.000,00 .
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 15 maggio 2014

Il Pres

nte

sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod.

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