Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24267 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24267 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Tascone Luca, nato a Napoli il 4/3/1974
avverso la sentenza 13/6/2013 della Corte d’appello di Napoli, I sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Massimo Galli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Maria Del Grosso, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 13/6/2013, la Corte di appello di Napoli,

confermava la sentenza del Gup presso il Tribunale di Napoli, in data
27/11/2012, che aveva condannato Tascone Luca alla pena di anni 3, mesi 4
di reclusione ed C. 1.200,00 di multa per tre episodi di rapina aggravata in
danno di prostitute.

1

Data Udienza: 15/05/2014

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

in punto di concessione dell’attenuante del risarcimento del danno e di
mitigazione del trattamento sanzionatorio e confermava le statuizioni del
primo giudice, ritenendo equa la pena inflitta.

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato personalmente

danno e delle generiche, nonché della dosimetria della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi manifestamente

infondati.

2.

La Corte territoriale ha esplicitamente motivato in ordine al diniego

dell’attenuante del risarcimento del danno, osservando che:

«non è stata

fornita la prova che vi sia stata da parte dell’imputato una seria offerta
reale di integrale risarcimento dei danni in favore delle parti offese, non
potendo bastare in contrario addurre che le medesime contattate “per le vie
bravi” dal difensore, avrebbero declinato le somme, non meglio precisate e
messe a disposizione a tal fine».

Al riguardo le doglianze sollevate dal

ricorrente sono prive di specificità perchè costui non ha nemmeno indicato
l’importo delle somme asseritamente offerte alle p.o., né ha argomentato
sull’idoneità delle somme asseritamente offerte a riparare integralmente il
danno. La Corte ha, altresì, specificamente motivato in ordine al diniego
delle generiche con argomentazioni perfettamente logiche e coerenti con gli
artt. 133 e 62 bis cod. pen.

3.

In ogni caso le modalità con cui sono state offerte delle somme di

denaro alle persone offese non sono idonee ad integrare gli estremi
dell’offerta reale e quindi non possono essere prese in considerazione ai fini
dell’attenuante in parola. Ha statuito, infatti, questa Corte che la
configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6 cod. pen. implica, nel
caso che la persona offesa

dal reato non abbia voluto accettare il

risarcimento, che il colpevole faccia offerta reale nei modi stabiliti dagli art.

2

dolendosi della mancata concessione dell’attenuante del risarcimento del

1209 e ss. cod. civ., e cioè che questa sia stata seguita dal relativo deposito
o atto equipollente, sicché la somma sia a completa disposizione della
persona offesa e successivamente il giudice possa valutare adeguatezza e
tempestività dell’offerta, al fine di accertare l’effettiva resipiscenza del reo
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36037 del 06/07/2011 Ud. (dep. 05/10/2011 )
Rv. 251073).

Ugualmente inammissibili sono le censure in merito alla dosimetria

della pena in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi
in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai
minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art.
125, comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi espressioni come “pena
congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità
del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 33773 del
29/05/2007 Ud.

(dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’ stato, poi,

ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione in ordine
alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti
per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore
alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a
dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni
del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il
richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009) Rv. 245596).
Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della misura media di
quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere mossa, sotto questo
profilo alla sentenza impugnata.

5.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

3

—–..(/ __.) ■_.d.■____

4.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 15 maggio 2014

Il

4.

idente

Il Consigliere estensore

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