Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24264 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24264 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIZZO ANTONINO N. IL 11/08/1968
avverso la sentenza n. 1421/2012 CORTE APPELLO di MESSINA, del
22/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso er

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 15/05/2014

Letti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale,Massimo Galli, per il rigetto del ricorso.

Rizzo Antonino, già condannato alla pena di anni sei,mesi sei di reclusione ed euro 1000,00 di
multa peri delitti in continuazione di maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona ed estorsione
ex artt. 572, 605 e 629 c.p. con sentenza del tribunale di Messina, in composizione monocratica in
data 9.7.2012, ricorre per cassazione avverso la sentenza della corte di appello della stessa città,
datata 22.4/ 18.7.2013 che, ritenuto il tentativo di estorsione e non l’ estorsione consumata e
riconosciuta la diminuente per il rito abbreviato, riduceva la pena in anni tre di reclusione ed euro
600,00 di multa.
Due le ragioni di doglianza costitutive di due motivi di ricorso: mancata assunzione in appello di
testi su circostanze decisive in ordine ai maltrattamenti subiti dalla persona offesa, convivente dell’
imputato,da un lato, assorbimento del delitto di sequestro di persona in quello di maltrattamenti
come contestato,dall’ altro.
Infondate entrambe.
In tema di ricorso per cassazione, può essere censurata la mancata rinnovazione in appello
dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a
base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo
provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente
evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello. Ma una
tale carenza non è dato riscontrare nel caso di specie. I maltrattamenti, come la durata della
limitazione della libertà personale oltre il tempo caratterizzante gli atti di violenza sono stati
oggetto della deposizione, ritenuta attendibile, congrua, precisa, lucida, a1.–14mite senza manifestare
personale risentimento della persona offesa. Sulla stessa linea e contenuti,poi,-sottolineano i giudici
del merito- la deposizione della di lei madre. Ed è noto che la deposizione della persona offesa,
anche se costituita parte civile, può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità
dell’imputato, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di
applicare le regole probatorie di cui all’art. 192, commi terzo e quarto, cod. proc. pen., che
richiedono la presenza di riscontri esterni. Certo allorché la persona offesa sia anche costituita parte
civile e sia, perciò, portatrice di pretese economiche, il controllo di attendibilità deve essere più
rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone e può
rendere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi. Riscontro ravvisato
dai giudici di merito sul piano logico interno e sul versante esterno, attraverso il richiamo di una
conforme deposizione di persona in grado di riferire con compiutezza le azioni delittuose dell’
imputato.
Generica la doglianza correlata alla richiesta di ritenere assorbito il reato di maltrattamenti al reato
di sequestro di persona. Sul punto i giudici di merito hanno sottolineato che, al di là delle violenze
subite, l’imputato impediva alla Tempini Concetta di allontanarsi dalla abitazione familiare proprio
per non sottrarsi alle ripetute, certo non continue, vessazioni. Nel caso di specie la limitazione della
libertà di movimento della vittima ha oltrepassato il limite di un rapporto di mera funzionalità
rispetto alle singole, intermittenti determinate condotte violente, protraendosi oltre il tempo
strettamente necessario a tal fine, anzi ponendosi in un rapporto di mezzo per poter
perseguire,quanto alla scelta del tempo, a piacimento i maltrattamenti contestati.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha
proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processu
DEPOSITATO IN CANCELLEI
Così deciso in Roma il 15.5.2014.

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