Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24256 del 15/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 24256 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GENOVESE ELIO N. IL 16/08/1974
DE CHIARA ALESSANDRO N. IL 23/05/1973
avverso la sentenza n. 10/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del
10/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 15/05/2014

-1- Tramite difensore, Genovese Elio e De Chiara Alessandro, già condannati con doppia
conforme- sentenze del tribunale di Salerno in data 12.110.2012 e corte di appello della stessa città
in data 10.4/23.8.2013 — il primo alla pena di anni nove di reclusione ed euro 2.000,00 di multa, il
secondo alla pena di anni sette di reclusione ed euro 1.800,00 di multa per due delitti, in
continuazione, di tentata estorsione e di estorsione consumata, aggravati tra l’altro ex art. 7 I. n.
203/1991, ricorrono , con un primo ricorso congiunto entrambi gli imputati, con un secondo il solo
Genovese, per cassazione avverso la seconda decisione denunciando, con il richiamo all’art. 606
lett. b)c) ed e) codice di rito, erronea applicazione della legge pena, inosservanza di norme
processuali stabilite a pena di nullità, manifesta illogicità della motivazione.
-2- In breve la ricostruzione dei fatti secondo i giudici di merito, di primo e secondo grado: due
imprenditori tali Landi Giuseppe e Napoli Matteo, venivano avvicinati dai due imputati, anche
attraverso terze persone peraltro amiche delle persone offese, che, nell’ interesse del Genovese
,chiedevano loro un prestito di denaro che il Landi in due soluzioni- euro 2500.00 prima, 500,00
dopo — concedeva; il Napoli invece non aderiva alla richiesta. Il carattere estorsivo delle richiesta
era tratto dalle modalità delle condotte e ,di riflesso, dalla riferita percezione delle persone offese
della intimidazione, anche per la conosciuta caratura mafiosa del richiedente Genovese e per le
modalità stesse delle richieste.
-3- La difesa dei due imputati, nel contesto del ricorso congiunto, denuncia la nullità dell’ ordinanza
del GIP, notificata in data 25.11.2011 che avrebbe revocato un pregresso provvedimento, inaudita
altera parte, di ammissione dell’ incidente probatorio. Entrambi i ricorsi, poi, denunciano
l’appiattimento della motivazione giudiziale su quella della sentenza di primo grado, per non avere
considerato, quanto alla estorsione consumata, che la richiesta era stata fatta al Landi da tale
Crispo Salvatore, amico della persona offesa, sia pur nell’interesse del Genovese, e che sarebbe
stata fatta con modalità del tutto convenzionali, senza peraltro alcun riferimento ad associazioni di
stampo mafioso. Il ricorso presentato nell’ interesse esclusivo del Genovese rimarca l’illegittimità
della motivazione per relationem della sentenza di secondo grado, l’ omessa considerazione della
assoluzione da ulteriori episodi di estorsione con la prima sentenza, l’ insufficienza del dato della
percezione come estorsiva della richiesta ai fini di una condanna, le modalità neutre delle richieste
non contrassegnate certo da minacce e da pur indiretti riferimenti a carattere mafioso.
-4- Entrambi i ricorsi non sono fondati e pertanto vanno rigettati.
Non ha pregio dedurre la nullità dell’ ordinanza che avrebbe revocato un pregresso provvedimento
di ammissione dell’ incidente probatorio volto alla assunzione della testimonianza delle persone
offese. A pane il fatto che un tale provvedimento è solo asserito dai ricorrenti, sconfessato dai
giudici di merito che hanno riferimento e solo al diniego di un richiesto incidente probatorio perchè
inammissibile per l’oggetto proposto – audizione di testi tout court — a tacer d’altro è rilevante
segnalare, come scrivono i giudici dell’appello, che una tale presunta, asserita nullità è stata dedotta
per la prima volta in Corte di appello, mentre avrebbe dovuto esserlo, ai sensi dell’art. 491 c.p.p.,
immediatamente dopo le formalità di apertura del dibattimento, pena la preclusione ad eccepirle
successivamente.
E nemmeno hanno pregio le ulteriori censure difensive. Invero ai fini del controllo di legittimità sul
vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello salda con quella di primo
grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame,
esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed
operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino
nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione Il che è
puntualmente avvenuto nella fattispecie. Le dichiarazioni rese da Crispo Salvatore, che avrebbe

Letti gli atti, la sentenza impugnata, i ricorsi;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Massimo Galli, per il rigetto;
Udito il difensore, avv. Giovanni Gioia, che ne chiede l’accoglimento.

assicurato il padre del De Chiara., di cui era buon amico, sulle intenzioni non criminose del figlio,
così come le dichiarazioni di tale Papa Amelia, di cui peraltro nei motivi di ricorso non si
chiariscono i contenuti, sono stati chiaramente considerati dai giudici di appello che ne hanno
ritenuto l’ inconcludenza ai fini accusatori perché incapaci ad infirmare la fatticità ed il disvalore
delle condotte contestate. I giudici di merito, entrambi, hanno valorizzato le modalità delle richieste,
svolte, con riferimento alla estorsione tentata ai danni di Napoli Matteo, attraverso telefonate ai
familiari della vittima ed attraverso una spiegazione generica della causale del prestito che si
garantiva con la promessa di ricevere una protezione in caso di bisogno. Peraltro il timore
conseguente anche alla seconda richiesta a Landi Giuseppe, questa andata a buon fine, preceduta la
richiesta dai danneggiamenti arrecati al cantiere edile dell’ imprenditore, timore peraltro evidenziato
dall’avere il Landi, in occasione della consegna della seconda — la prima fu di duemila eurofranche- 500 euro- della somma estorta, avvertito previamente le forze dell’ ordine, evidenzietutto
tondo – rilevano i giudici di merito- il carattere intimidatorio della condotta degli imputati. In
proposito occorre ribadire che la minaccia costitutiva del delitto di estorsione oltre che essere
esplicita, palese e determinata, può essere manifestata anche in maniera indiretta, ovvero
implicita ed indeterminata, purchè sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del
soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni
soggettive della vittima ed alle condizioni ambientali in cui opera. Tutte condizioni rilevate e
rimarcate dalla motivazione della sentenza oggetto di ricorso.
Con riferimento poi alla aggravante di cui all’art. 7 cit. entrambi i giudici di merito hanno
rimarcato la sua deduzione dalle modalità “mafiose” delle richieste: valga per tutte le garanzia
offerta all’ imprenditore Napoli di una ” protezione ” in caso di necessità, e le modalità della
richiesta all’ imprenditore Landi, attraverso, in una prima fase, terze persone, senza una chiara
indicazione del perché del prestito, e con la frase allusiva che i giudici di merito riferiscono allo
stesso Genovese Elio, noto malavitoso nella zona di Baronissi: “mi devi fare questo piacere, poi
non ti preoccupare che è tutto a posto.. .”,frase pronunciata in compagnia del coimputato De Chiara
tale da richiamare alla mente, come in effetti è stato, ed alla sensibilità del soggetto passivo,
operante in un contesto geografico caratterizzato dalla operatività, di associazione di mafia, il
comportamento comunemente ritenuto proprio di chi appartenga ad un sodalizio del genere
anzidetto. In senso contrario le deduzioni difensive, volte a sottolineare che le richieste di denaro
erano avvenute senza esplicite notazioni violente o minacciose, si traducono in una ricostruzione dei
fatti che non è certo in grado, a fronte del discorso giustificativo giudiziale, a comprovare la sua non
certo manifesta illogicità.
-5- La parte privata che ha proposto il ricorso deve essere condannata al pagamento delle spese
del procedimento,ai sensi dell’art. 616 c.p.p.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali..
Così deciso in Roma il 15.5.2014

I

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA