Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24253 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24253 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Casati Ugo Franco, nato a Monza il 10/3/1955
avverso la sentenza 7/11/2012 della Corte d’appello di Brescia, II sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 7/11/2012, fa Corte di appello di Brescia, in

parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di Brescia, in data
24/6/2010, riduceva la pena inflitta a Casati Ugo Franco per due episodi di
riciclaggio di autovetture rubate, rideterminandola in anni quattro di
reclusione ed €. 3.642,00 di multa, disponeva l’interdizione del predetto dai
pubblici uffici per anni 5 e la confisca di due autovetture e di una somma di
denaro contante in sequestro.

1

Data Udienza: 15/05/2014

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale
responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, provvedendo
soltanto a mitigare la pena inflitta.

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

deduce:
3.1

Violazione di legge e vizio della motivazione, dolendosi che

l’affermazione della responsabilità dell’imputato non poteva bawarsi sugli
stessi elementi indiziari posti a base dell’ordinanza custodiale.
3.2

Violazione di legge ed inosservanza di norme processuali rispetto al

capo 1). Al riguardo si duole che manca la prova che il ricorrente abbia
partecipato all’attività di contraffazione dell’autovettura Golf TG Tg.
CF216KM e che manca la prova della identificazione del Casati da parte
degli operanti in relazione alla condotta contestata.
3.3

Violazione di legge ed inosservanza di norme processuali rispetto al

capo 3). In proposito deduce che non vi è prova della contraffazione del
telaio del veicolo VW Golt Tg. CG789BD ed eccepisce che dalle tracce del
sistema Gps, che hanno rilevato il posizionamento dell’autovettura, non è
possibile dedurre che il Casati sia l’autore della contraffazione.
3.4

Violazione di legge in relazione alla confisca dei beni sequestrati e

vizio della motivazione sul punto. Al riguardo si duole che i giudici del
merito non abbiano effettuato una corretta valutazione della sproporzione
fra il valore dei beni ed il reddito dichiarato, non avendo verificato la
sussistenza della sproporzione al momento dei singoli acquisti. Eccepisce
che egli, seppur formalmente disoccupato, aveva la capacità economica per
acquistare nel 2004 due autovetture del valore complessivo di €.61.000, e
di possedere nel 2008 contanti pari a €.95.000, avendo incassato nel 1996
una eredità di €.200.000, avendo ottenuto nel 2002 la somma di
€.52.575,31 a seguito di una procedura esecutiva ed avendo ottenuto nel
2004 una vincita al Superenalotto di €.40.442,88.
3.5

Violazione di legge, di norme processuali e vizio della motivazione

per l’assenza di un quadro probatorio univoco e tranquillizzante circa la
condotta posta in essere e la sussistenza del fatto.

2

difensore di fiducia, sollevando svariati motivi di gravame con i quali

3.6

Omissione e contraddittorietà della motivazione.

1.

Il ricorso è infondato.

2.

In punto di diritto occorre rilevare che la sentenza appellata e quella

di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si
integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una
sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare
della congruità della motivazione. Pertanto, il giudice di appello, in caso di
pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per
relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non
oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4827 del
28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. 198613, Lo Parco; Sez. 6, Sentenza n.
11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv. 203073, Baldini). Inoltre, la
giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non possano giustificare
l’annullamento minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione
di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar
luogo ad una diversa decisione, sempreché tali elementi non siano muniti di
un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non risultino, di per sè,
obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa
decisione. In argomento, si è spiegato che non costituisce vizio della
motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati
elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non può essere
accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono
essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che
soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di
verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se
risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto
argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente
confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000),
Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud.
23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999
(ud. 22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis). Le posizioni della giurisprudenza di
legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

annullamento la motivazione incompleta ne’ quella implicita quando
l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca
diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno
che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria,
tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da
ribaltare gli esiti della valutazione delle prove.

3.

In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di

grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni
aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della
difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi
sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che
avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice.

4.

In particolare ha accuratamente esaminato le censure sollevate con

l’atto d’appello in ordine alla responsabilità dell’imputato per il delitto di cui
al capo 1) e le ha confutate con una motivazione dettagliata e specifica,
priva di vizi logico giuridici (fol. da 7 a 11). Lo stesso discorso vale per le
censure relative all’imputazione di cui al capo 3 (fol. da 11 a 13).

5.

Le censure del ricorrente, in punto di accertamento della

responsabilità per i due episodi di riciclaggio di autovetture a lui contestati,
postulano, al di là dei vizi formalmente denunciati, una rivalutazione di
merito di risultanze processuali già esaurientemente e coerentemente
esaminate dalla sentenza impugnata nella operata ricostruzione dei fatti e
nella puntuale indicazione degli elementi confermativi dell’accusa formulata.
Pertanto sono inammissibili perchè tendono a provocare un intervento in
sovrapposizione argomentativa di questa Corte rispetto alle conclusioni
legittimamente assunte dai giudici del merito. È il caso di aggiungere che la
sentenza di secondo grado va necessariamente integrata con quella,
conforme nella ricostruzione dei fatti, pronunciata in prime cure,
derivandone che i giudici di merito hanno spiegato, in maniera adeguata e
logica, le risultanze confluenti nella certezza del pieno coinvolgimento
dell’imputato nella commissione dei reati ritenuti a suo carico.

6.

Infine sono infondate le censure del ricorrente in punto di confisca.

secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo

La Corte d’appello ha respinto le doglianze del ricorrente confermando la
sproporzione fra i beni sequestrati (le due autovetture e la somma in
contanti per €.98.480 e $6.926) ed il reddito dell’imputato. La Corte ha
osservato che il Casati, nel periodo dal 2002 al 2008 non ha presentato
alcuna dichiarazione dei redditi e quindi nel suddetto periodo non ha goduto
di legittime fonti di reddito. Quanto alle altre fonti patrimoniali, la Corte ha
riconosciuto soltanto che nel 2002 il Casati incassò da una procedura

in ordine alle altre fonti indicate dall’imputato, fra le quali una vincita al
Superenalotto, ritenendo insufficiente la relativa documentazione, e
reputando scarsamente indicativa la circostanza che il Casati avrebbe tratto
la somma di denaro sequestrata dal proprio conto corrente, alimentato con
un’eredità ricevuta un decennio prima (nel 1996). Tali conclusioni sono
fondate su un percorso argomentativo privo di vizi logico-giuridici che non
viene scalfito dalle censure del ricorrente che, pertanto, si dimostrano
infondate.

7.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, il 15 maggio 2014

Il Consigliere estensore

Il

sidente

esecutiva civile la somma di €.52.575,31 ed ha specificamente argomentato

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