Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24249 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 24249 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da La Manna Luigi nato a Foggia il 23/2/1959
avverso la sentenza del 14/7/2011 della Corte d’appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Massimo Galli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi per l’imputato gli avvocati Riccardo Olivo e Maurizio D’Andrea che
hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi e letta la memoria
difensiva pervenuta in cancelleria dall’avv. D’Andrea il 5/5/2014 e lo scritto
allegato a firma dell’imputato.

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 14/7/2011, la Corte di appello di Bari

confermava la sentenza del Tribunale di Foggia del 23/11/2006, che aveva
condannato, tra gli altri, La Manna Luigi alla pena di anni quattro di
reclusione ed € 2.000,00 di multa per i reati di cui agli artt. a) 110, 56, 629
commi 1 e 2 in relazione all’art. 628 comma 3 n. 1 cod. pen. b) 110, 582,
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Data Udienza: 15/05/2014

583 comma 2 n. 4, 585 commi 1 e 2 n.2, 577 comma 1 n. 4, 61 n. 2 cod.
pen. c) 110, 628 commi 1 e 3 cod. pen.
1.1.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

in punto di riconosciuta responsabilità dell’imputato in ordine ai reati allo
stesso ascritti ed in punto di trattamento sanzionatorio.

Avverso tale sentenza propone due diversi ricorsi l’imputato, per

mezzo dei suoi difensori di fiducia, sollevando

i seguenti motivi di

gravame:
primo ricorso
2.1. manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1
lett. e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125 comma 3 e 192 comma 2
cod. proc. pen. con riguardo alla non adeguatezza e contraddittorietà della
motivazione utilizzata per supportare il convincimento del giudice. Ci si
vuole riferire alla riconosciuta attendibilità delle dichiarazioni rese in
dibattimento dalla persona offesa, unica fonte di prova, risultate
contraddittorie rispetto a quanto dalla stessa riferito in precedenza dinanzi
alla Polizia Giudiziaria.
Secondo ricorso
2.2. mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla
valutazione dell’attendibilità della persona offesa con riferimento
all’episodio del 22/7/2005. Lamenta, al riguardo, l’apparenza della
motivazione rispetto alle questioni prospettate con i motivi di gravame ed
in considerazione delle incongruenze delle dichiarazioni della persona offesa
con riguardo all’episodio del 22/7/2005.
2.3. mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla
valutazione dell’attendibilità della persona offesa con riferimento
all’episodio del 21/7/2005 per le ripetute e gravi contraddizioni in cui la
stessa era incorsa nell’esame dibattimentale; ci si vuole riferire alla
presenza ed alla partecipazione dell’imputato all’episodio estorsivo di cui al
capo a).
2.4. mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla
valutazione dell’attendibilità della persona offesa con riferimento all’ipotesi
di rapina ed in particolare alla ricostruzione del fatto operata in termini
alternativi dalla Corte territoriale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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0-A7–

2.

3. Entrambi i ricorsi sono inammissibili, in quanto basati su motivi
manifestamente infondati. Difatti tutti i motivi proposti attengono a
valutazioni di merito che sono insindacabili nel giudizio di legittimità,
quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie. (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12
del 31.5.2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003,

Ed inoltre, nel caso di specie, ci si trova dinanzi ad una “doppia
conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno (04~~U
,43~~) per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato
in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con
specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è
stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella
motivazione del provvedimento di secondo grado. Invero, sebbene in tema
di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 c.p.p., comma
1, lett. e), introdotta dalla legge n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di
travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di
un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette
la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi
in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non
potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del
“devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice
d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia
richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (sez.
2 n. 5223 del 24/1/2007, Rv. 236130). Nel caso di specie, invece, il giudice
di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al
tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, è giunto

g

Petrella, Rv. 226074).

alla medesima conclusione in ordine alla responsabilità dell’imputato per i
fatti allo stesso ascritti.
Orbene, fatta questa doverosa premessa e sviluppando
coerentemente i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza
impugnata regga al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza,
contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del
fatto o della prova.
Si tratta, poi, di questioni che erano già state proposte in appello e
sulle quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori

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i26A-

logico – giuridici. In particolare, anche attraverso un rinvio alla decisione di
primo grado integralmente riportata, viene ribadito un giudizio di generale
attendibilità della persona offesa. Ed al riguardo occorre rilevare che la
sentenza di primo grado e quella di appello, quando non vi è difformità
sulle conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un
tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale
occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.

appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella
ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (sez.
1, n. 4827 del 18/3/1994, Rv. 198613; Sez. 6 n. 11421 del 29/9/1995, Rv.
203073). Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non
possano giustificare l’annullamento minime incongruenze argomentative o
l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte,
avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, sempreché tali
elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di
decisività e non risultino, di per sè, obiettivamente e intrinsecamente idonei
a determinare una diversa decisione. In argomento, si è spiegato che non
costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi
di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non
può essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma
devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento
che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di
verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se
risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto
argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente
confutati. (Sez. 5 n. 3751 del 15/2/2000, Rv. 215722; Sez. 5 n. 3980 del
23/9/2003, Rv.226230; Sez. 5 n. 7572 del 22/4/1999, Rv. 213643). Le
posizioni della giurisprudenza di legittimità rivelano, dunque, che non è
considerata automatica causa di annullamento la motivazione incompleta
ne’ quella implicita quando l’apparato logico relativo agli elementi probatori
ritenuti rilevanti costituisca diretta ed inequivoca confutazione degli
elementi non menzionati, a meno che questi presentino determinante
efficienza e concludenza probatoria, tanto da giustificare, di per sè, una
differente ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione
delle prove. In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di
secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo

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Pertanto, il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella

grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni
aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della
difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi
sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che
avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice.
In particolare la Corte territoriale dà, adeguatamente, atto, del
vaglio di credibilità al quale è stata sottoposta la deposizione della persona

dettagliata risposta alle doglianze proposte dall’imputato. In tale direzione si
è rappresentato che attraverso le dichiarazioni della persona offesa e
l’individuazione dell’imputato, è stato possibile ricostruire la dinamica dei
fatti descritti nell’imputazione ed individuare il ruolo ricoperto dal La Manna.
Segnatamente quanto riferito dalla persona offesa è stato considerato
connotato da caratteri di precisione, concordanza e coerenza intrinseca e
sulla base di tali elementi si è ritenuto che la responsabilità del La Manna e
degli altri correi potesse fondarsi su quest’unica fonte di prova. . Ed il
ragionamento seguito dalla Corte territoriale appare conforme al costante
orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, in base al quale, il
convincimento sull’attendibilità della persona offesa, in quanto sostenuto da
congrua e logica motivazione, non può soffrire censure di legittimità (sez. 2
n. 3438 del 11/6/1998, Rv. 210937). Inoltre, sulla base della costante
giurisprudenza di questa Corte (sez. 4 n. 16860 del 13/11/2003, Rv.
227901; sez. 4 n. 44644 del 18/10/2011, Rv. 251661), avvalorata da un
recente intervento delle sezioni unite (sez. U n. 41461 del 19/7/2012, Rv.
253214), le regole dettate dall’art. 192 comma 3 cod. proc. pen. non si
applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea
motivazione, come avvenuto nel caso di specie, della credibilità soggettiva
del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, verifica che,
in tal caso, deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello a cui
vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. Ed a tali canoni
di valutazione si è rifatta la Corte territoriale nel pervenire ad un giudizio di
attendibilità di quanto riferito dalle persona offesa, avendo in tal senso
evidenziato come non fossero emersi nel corso del giudizio elementi tali da
fare ipotizzare o anche solo sospettare l’esistenza di un intento
calunniatorio da parte della persona offesa nei confronti degli imputati né

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offesa con motivazione in fatto immune da vizi di legittimità dando

fossero in qualsiasi modo risultati altri motivi idonei a minare l’attendibilità
di quanto dalla stessa dichiarato. Contrariamente a quanto sostenuto nel
ricorso, viene esclusa qualsiasi contraddittorietà fra quanto riferito dalla
persona offesa in dibattimento e quanto dalla stessa dalla stessa dichiarato
nelle indagini, escludendosi contraddizioni significative, peraltro superate
nel corso della deposizione, ai fini della ricostruzione dei fatti descritti
nell’imputazione e della responsabilità dell’imputato. Con particolare

persona offesa avesse rilevato il numero di targa dell’autovettura che le si
era avvicinata il giorno prima dell’aggressione di cui ai capi b), c) e d),
riconoscendo poi l’attuale imputato come colui che si trovava alla guida
della suddetta autovettura ed i dati forniti dalla testimone sono risultati
corrispondere effettivamente all’autovettura del La Manna, acquisendosi
così un significativo elemento di riscontro oggettivo; viene, infine, fornita
esaustiva e ragionevole spiegazione in ordine all’apparente contraddizione
attinente al colore della suddetta autovettura, evidenziandosi, con
valutazioni di fatto non censurabili in questa sede, come l’imprecisione non
sia tale da influire sull’attendibilità del riconoscimento.

4.

Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi

dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in C 1.000,00 .

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso, il 15 maggio 2014

Il , e sigliere estensore

Il P

ente

riferimento all’individuazione del La Manna, poi, viene evidenziato come la

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