Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 242 del 30/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 242 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
!lardo Gianluca, nato a Enna il 28/02/1983
l’ardo Giuseppa, nata a Enna il 25/06/1963
D’Amore Calogero, nato a Enna il 20/02/1981

avverso la sentenza del 08/11/2011 della Corte d’appello di Caltanissetta R.G.
193/2011
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De
Marzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso, con riferimento ai ricorsi di Gianluca !lardo
e Giuseppa Ilardo, per l’annullamento con rinvio, quanto alla determinazione
della pena, e per il rigetto nel resto; con riferimento al ricorso di Calogero
D’Amore, per il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Per quanto ancora rileva, la Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza
datata 08/11/2011, ha confermato la sentenza del Tribunale di Enna del
12/01/2010, che aveva condannato sia Gianluca !lardo che Giuseppa Ilardo alla
pena di mesi tre di reclsuione, in relazione alle lesioni cagionate in data
02/07/2006 a Giuseppina D’Amore, e Calogero D’Amore alla pena di mesi tre e
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Data Udienza: 30/11/2012

giorni quindici di reclusione, per avere tentato di cagionare lesioni a Ignazio
Rindone e Antonino Rindone, brandendo contro di loro un bastone e per avere
portato nello stesso giorno fuori dalla sua abitazione tale bastone di legno,
chiaramente utilizzabile per l’offesa della persona.
2. La Corte territoriale, con riferimento alla posizione dei germani l’ardo, ha
rilevato: a) che le dichiarazioni della parte offesa, Giuseppina D’Amore, che
aveva riferito di essere stata aggredita dai due e colpita con calci e pugni, erano
state riscontrate dall’annotazione dell’appuntato dei carabinieri Bellacicco, dai

registrava la presenza di graffi alle braccia e alla guancia destra, mentre il
successivo referto datato 03/07/2006 registrava la presenza di nuove e diverse
lesioni (ematoma periorbitario destro, escoriazioni ed ecchimosi spesse al volto,
al collo, alla regione toracica anteriore e al braccio destro, ematoma
all’emitorace destro e ad entrambi i gomiti) compatibili cori l’aggressione che la
vittima aveva riferito di avere subito in data 02/07/2006; b) che il procedimento
era stato correttamente esaminato dal Tribunale, con applicazione del
trattamento sanzionatorio in prossimità dei minimi edittali, dal momento che
prevaleva la competenza del giudice superiore, atteso che alcuni procedimenti
erano di competenza di quest’ultimo (in particolare, quelli relativi ai reati di cui
agli art. 624 bis, 56 e 610 e art. 4 I. n. 110 del 1975).
3. Con riferimento alla posizione del D’Amore, la Corte ha rilevato che la sua
affermazione di responsabilità trovava fondamento nelle dichiarazioni
dell’àppuntato Bellacicco, il quale era sopraggiunto sul posto della lite dove
aveva trovato Giuseppina D’Amore indolenzita a terra. Nel frattempo era
sopraggiunto Calogero D’Amore il quale era uscito dalla sua autovettura,
brandendo un bastone di legno verso Gianluca ‘lardo. L’appuntato, unitamente
ad Antonino Rindone e Ignazio Rindone, aveva provveduto ad immobilizzare il
D’Amore. La Corte territoriale, tenuto conto della presenza dei carabinieri e del
fatto che l’aggressione alla D’Amore fosse sostanzialmente terminata, ha escluso
in radice sia l’accerchiamento della vittima, sia, in generale, la configurabilità
della legittima difesa.
4.

Gianluca l’ardo e Giuseppa l’ardo hanno proposto distinti ricorsi per

cassazione, affidati a due motivi sostanzialmente coincidenti.
3.1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod.
proc. pen., violazione dell’art. 6 del d. Igs. 28 agosto 2000, n. 274. Posto che
l’incompetenza per materia è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del
processo, í ricorrenti lamentano che non sia stata disposta la separazione dei
procedimenti che li riguardavano, aventi ad oggetto lesioni, ai sensi dell’art. 582
cod. pen., di competenza del Giudice di pace, in assenza del presupposto
fondante l’unitaria competenza del giudice superiore, ossia l’esistenza del
concorso formale di reati.
2

rilievi fotografici in atti dai referti medici; b) che il referto datato 01/07/2006

3.2. Con il secondo motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b)
cod. proc. pen., violazione degli artt. 1 e 2 cod. pen. e 52 e 63 del d.lgs. n. 274
del 2000, per mancata applicazione della disciplina sanzionatoria prevista dalle
norme da ultimo citate.
4. Il D’Amore, con l’unico articolato motivo, lamenta violazione dell’art. 192 cod.
proc. pen. e 52 cod. pen., censurando l’assenza di un’autonoma disamina delle
risultanze processuali che avrebbe condotto alla individuazione dei presupposti
della scriminante della legittima difesa: egli infatti aveva utilizzato il bastone per

tale bastone altro non era se non lo strumento da lui utilizzato nella sua attività
di operatore ecologico, talché non era configurabile il reato di cui all’art. 4 della I.
n. 110 del 1975.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo dei due ricorsi proposti da Gianluca Ilardo e Giuseppa Ilardo è
infondato.
Erroneamente i ricorrenti deducono che, venendo in questione un’ipotesi di
incompetenza per materia, la stessa è rilevabile in ogni stato e grado del
processo.
La Corte territoriale, sia pure occupandosi del trattamento sanzionatorio, dal
momento che nessuna eccezione di incompetenza era stata sollevata, ha dato
atto dell’esistenza di una causa di connessione dei vari procedimenti, che
emerge peraltro dalla lettura dei capi di imputazione.
Ora l’art. 21 cod. proc. pen., comma 3, tenendo ben distinto il regime della
competenza per connessione dal regime della competenza per materia, ha
considerato l’esistenza della prima come criterio derogatorio rispetto alla
seconda e ha previsto, attraverso il rinvio al comma 2 del medesimo art. 21, dei
termini per il rilievo o l’eccezione dell’incompetenza, che, nella specie, sono
inutilmente spirati.
2. Il secondo motivo è, invece, fondato.
L’art„ 63 del d. Igs. n. 274 del 2000, dispone che, nei casi in cui i reati indicati
nell’art. 4, commi 1 e 2, del medesimo d. Igs. sono giudicati da un giudice diverso
dal giudice di pace, si osservano le disposizioni del titolo II, che si occupa delle
sanzioni applicabili dal giudice di pace.
In particolare, l’art. 52, comma 2, lett. b) d. Igs. cit. dispone che quando il reato,
come nella specie (art. 582 cod. pen.), è punito con la sola pena della reclusione
o dell’arresto, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da euro
516 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a
quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da venti giorni
a sei mesi.

3

difendere la sorella Giueppina, accerchiata da individui malintenzionati. Inoltre,

In presenza di criteri discrezionali di quantificazione della pena, la sentenza
impugnata va annullata con rinvio, limitatamente alla determinazione del
trattamento sanzionatorio.
3. Il ricorso del D’Amore è inammissibile.
La Corte territoriale ha approfonditamente esaminato la posizione dell’imputato,
nelle pagine da 6 a 8 della sentenza, dando conto delle ragioni per le quali ha
escluso la configurabilità della legittima difesa.
Il ricorrente, nel criticare la ricostruzione dei giudici di merito e nel riproporre le

del processo emergerebbero elementi fatturali idonei a dimostrare la manifesta
illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.), la quale
ha ritenuto che, al momento dell’intervento dell’imputato, l’aggressione alla
sorella dell’imputato era sostanzialmente terminata e non sussisteva alcuna
situazione di pericolo, per la presenza dei carabinieri sul luogo.
Lo stesso è a dire per le critiche relative alla qualificazione del bastone usato in
termini di arma, alla luce dell’evidente idoneità del primo ad essere utilizzato per
l’offesa della persona.
4. Alla pronuncia di inammissibilità del ricorso proposto da Calogero D’Amore
consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo
determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio nei
confronti di Ilardo Gianluca e Ilardo Giuseppa e rinvia, per nuovo esame sul
punto, ad altra sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta; rigetta nel resto i
ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso di D’Amore Calogero e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 30/11/2012

Il Componente estensore

Il

dente

sue difese, non indica da quali elementi della sentenza impugnata o da quali atti

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