Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24197 del 19/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24197 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZIZZA GENEROSO N. IL 28/01/1981
avverso l’ordinanza n. 9/2013 TRIB. LIBERTÀ’ di LECCE, del
15/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI:
irogrisentite le conclusioni del PG Dott. tel
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Data Udienza: 19/04/2013

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Ritenuto in fatto
1. – Con atto in data 11.3.2013, a mezzo del proprio difensore,
Generoso Zizza ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 15.2.2013 con la quale il tribunale del riesame di Lecce ha
rigettato l’appello proposto dallo Zizza avverso l’ordinanza della corte
di appello di Lecce del 28.12.2012, con cui quest’ultima ha disatteso
l’istanza di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere applicata, a carico dell’imputato, a seguito di due successivi aggravamenti di precedenti misure cautelai coercitive, quali
l’obbligo di dimora e gli arresti domiciliari, le cui prescrizioni erano
state progressivamente violate dall’imputato.
In particolare, il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per
violazione di legge in relazione agli artt. 304 e 308 c.p.p., avendo il
giudice a quo ritenuto applicabile, alla misura cautelare dell’obbligo
di dimora, le norme dettate dal legislatore con riguardo alla sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare in carcere, in evidente violazione del principio di divieto di analogia imposto
con riguardo all’applicazione della legge penale, in tal modo omettendo di rilevare l’avvenuta decorrenza dei termini c.d. di fase della
misura dell’obbligo di dimora, con l’ulteriore mancato rilievo della
successiva illegittimità dei provvedimenti restrittivi più afflittivi successivamente assunti in aggravamento sull’erroneo presupposto della
perdurante efficacia della misura dell’obbligo di dimora qui contestata, atteso che la (asserita) violazione delle relative prescrizioni era
stata rilevata sulla base di condotte poste in essere successivamente
alla scadenza dei relativi termini massimi di legge.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Le argomentazioni individuate dal ricorrente a sostegno
dell’impugnazione avanzata in questa sede (coltivate sul presupposto
dell’inestensibilità, alla misura dell’obbligo di dimora, della disciplina
della sospensione dei termini di durata massima della misura della
custodia cautelare) — pur solidamente fondate su obiettivi riferimenti
di diritto positivo — devono ritenersi iffilevanti ai fini dell’odierna decisione.
E invero, di là dal tema relativo all’astratta sospendibilità dei
termini riferiti all’esecuzione della misura dell’obbligo di dimora,
mette conto di evidenziare come la misura degli arresti domiciliari
inflitta allo Zizza, a seguito della rilevata violazione delle prescrizioni
inerenti gli obblighi di dimora (quale forma di aggravamento di questi ultimi), fosse da ritenere, a prescindere dall’eventuale carenza dei
relativi presupposti in fatto (segnatamente, della già avvenuta scadenza dei relativi termini massimi di durata), legalmente adottata,
ossia sostenuta dall’emissione di un provvedimento giurisdizionale
2. –

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dotato di piena efficacia, fondato sulla riscontrata violazione, da parte
del prevenuto, di regole di comportamento valutate come cogenti, ed
espressiva di specifici e concreti profili di pericolosità del soggetto
partitamente evidenziati e descritti nel medesimo provvedimento restrittivo. Una misura cautelare il cui rispetto s’imponeva di diritto
all’imputato, di là dalla circostanza che un’eventuale impugnazione in
sede giudiziaria ne avrebbe verosimilmente provocato l’annullamento
o la revoca.
Al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, in conformità al principio sul punto espressamente sancito da questa corte di legittimità, l’allontanamento del soggetto sottoposto alla misura degli
arresti domiciliari disposti a seguito di aggravamento della misura
cautelare dell’obbligo di dimora costituisce reato di evasione, pur
quando risulti successivamente accertata l’insussistenza dei presupposti in fatto dell’aggravamento, atteso che detto accertamento non
priva la condotta del carattere di illiceità penale, che deve essere valutato con riferimento alle condizioni esistenti all’atto dell’indebito allontanamento e della vanificazione del controllo della polizia giudiziaria (Cass., Sez. 6, n. 15208/2009, Rv. 243939).
In particolare, l’illiceità penale dell’allontanamento
dell’imputato dal luogo di esecuzione della misura degli arresti domiciliari prescinde totalmente dall’eventuale illegittimità dello stato di
arresto (ad es., per l’insussistenza delle violazioni alle prescrizioni
della misura di minore affiittività che ebbero a determinare
l’aggravamento adottato), poiché nel momento in cui il ricorrente si è
allontanato dal luogo dell’arresto domiciliare, egli era sottoposto alla
misura cautelare stessa sulla base di un provvedimento legalmente
emesso e pienamente valido. Ciò che implicava, da parte sua, l’obbligo di non allontanarsi e di attenersi alle prescrizioni dettate nel provvedimento dispositivo della misura cautelare, al fine di non incorrere
(non solo nella sanzione prevista dalla norma incriminatrice di cui
all’art. 385, comma 3, c.p., la cui ratio risiede nella necessità che
l’imputato agli arresti domiciliari non si sottragga alla costante possibilità di controllo della polizia giudiziaria), ma anche nelle conseguenze legate alla possibile valutazione di detto comportamento alla
stregua dei canoni di pericolosità che legittimano l’inasprimento della
misura cautelare con quella della custodia in carcere, come peraltro
puntualmente avvenuto nel caso di specie.
Il fatto che la misura cautelare degli arresti domiciliari fosse
ritenuta (a torto o a ragione) priva di giustificazione, perché insussistenti i presupposti in fatto per ritenere la contestata violazione degli
obblighi (che ha così determinato la misura degli arresti domiciliari
oggetto della condotta di evasione), come del pari avviene allorquando l’imputato venga assolto dalla imputazione che dà causa alla misura personale (cfr. in termini: Cass., Sez. 6, n. 142502005, Rv.

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231195), non toglie che la condotta dell’accusato sia da ritenere penalmente illecita, secondo una valutazione da condurre alla stregua
delle condizioni esistenti all’atto dell’indebito allontanamento e della
vanificuione del controllo della polizia giudiziaria (v. Cass., Sez. 6, n.
15208/2009, Rv. 243939, cit.).
Sulla base di tali premesse, stante la persistenza dei gravi indizi di reità a carico dello Zizza e la più volte esaminata e riscontrata
sussistenza dei profili legati al perieulum libertatis ad esso pertinenti,
la dolosa trasgressione, da parte dell’imputato, delle prescrizioni inerenti la misura cautelare degli arresti domiciliari adottata nei suoi
confronti vale a giustificare l’inasprimento della ridetta misura con
quella della custodia cautelare in carcere, la cui adozione e il cui successivo mantenimento, sulla base dei presupposti sin qui descritti,
devono ritenersi disposti nel pieno rispetto delle norme di rito applicate.
3. – Il riscontro dell’integrale infondatezza dei motivi
d’impugnazione illustrati con il ricorso proposto in questa sede, impone il rigetto dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassatone, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento
sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 c. i ter disp. alt del c.P-PCosì deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19.4.2013.

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