Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24188 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24188 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI PRIMI° FRANCESCO N. IL 04/10/1957
avverso l’ordinanza n. 103/2013 TRIB. LIBERTA di ROMA, del
28/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consi g liere Dott. MARCO DELL’UTRI;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott. r.

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Data Udienza: 16/04/2013

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2

Ritenuto in fatto
– Con atto in data 11.2.2013, a mezzo del proprio difensore,
Francesco Di Primio ha proposto ricorso per cassazione avverso
l’ordinanza emessa in data 28/30.1.2013 dal tribunale del riesame di
Roma, con la quale é stata confermata l’ordinanza applicativa della
misura della custodia cautelare in carcere emessa, a carico del ricorrente, in data 2412.2012, dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, in relazione alla commissione del reato di
concorso in detenzione e spaccio illegali di sostanza stupefacente, di
cui all’art. 73 del d.p.r. n. 309/90.
2. – Con l’impugnazione proposta, il ricorrente censura
l’ordinanza impugnata sotto il duplice profilo del difetto della gravità
indiziaria e del periculum libertatis, avendo il tribunale del riesame
nella specie rinvenuto i gravi indizi di commissione del reato da parte
dell’indagato nel contenuto di conversazioni telefoniche intercettate,
dalle quali non era emerso alcuno specifico coinvolgimento del Di
Primio, essendosi lo stesso limitato a stabilire contatti personali di
carattere del tutto neutro, a dispetto della qualificazione, contenuta
nel provvedimento impugnato, del Di Primi° quale ‘intermediario’
nella cessione di considerevoli quantitativi di sostanza stupefacente
fra terze persone; ed avendo, inoltre, il giudice a quo trascurato di
considerare l’insussistenza di alcuno degli indici di valutazione (precedenti specifici, persistente inserimento nell’ambiente criminale,
etc.) indicati a fondamento del ricorso delle pretese esigenze cautelari
allegate a sostegno della misura restrittiva contestata.

Considerato in diritto
3. – 11 ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata ha individuato i gravi indizi di commissione del reato contestato al Di Primi°, sulla base di una motivazione dotata di logica coerenza e linearità argomentativa, avendo il
giudice a quo riscontrato l’ipotesi accusatoria relativa al concorso
nell’illecita detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, in forza
del chiaro contenuto delle conversazioni intercettate ed esplicitate nel
provvedimento restrittivo contestato; elementi dai quali risulta, con
elevato grado di probabilità, come l’indagato abbia verosimilmente
fornito un contributo causale di non trascurabile rilievo ai fini dell’effettiva realizzazione del negozio illecito tra le parti poste in comunicazione, si da concretizzare, in termini sufficientemente univoci, il
ricorso della prospettata condotta di concorso allo stesso ascritta.
È appena il caso di sottolineare come gli elementi istruttori in
questa sede utilizzati dal tribunale del riesame chiedono d’essere valutati nella fluida prospettiva della gravità indiziaria riferita alla riconducibilità all’indagato della fattispecie criminosa allo stesso

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ascritta, la cui funzione (lungi dall’attestare in termini di piena certezza probatoria il ricorso della responsabilità penale dell’indagato)
non può che limitarsi al riscontro di una rilevante probabilità di fondatezza dell’ipotesi criminosa prospettata in sede d’accusa.
Entro i confini segnati da tali premesse dev’essere, pertanto,
considerato il tema della prova della consumazione del reato oggetto
dell’odierno esame, dovendo ritenersi pienamente condivisibile, in
termini di coerenza logica e di linearità argomentativa, il ragionamento seguito dal tribunale del riesame in ordine alla rilevante probabilità dell’effettiva consumazione della fattispecie criminosa prospettata con riferimento all’odierno ricorrente.
Del pari priva dei vizi alla stessa attribuiti dal ricorrente deve
ritenersi la motivazione dell’ordinanza impugnata in relazione al riscontrato ricorso di effettive esigenze cautelati a sostegno della misura carceraria contestata, avendo il tribunale romano coerentemente
rilevato, nella gravità del fatto e nelle modalità della condotta del Di
Primi°, significativi elementi di conferma della pericolosità dell’indagato, suscettibili di predicarne il verosimile stabile inserimento
nell’ambiente del traffico degli stupefacenti; pericolosità, nella specie
ovviabile unicamente attraverso l’adozione della sola misura cautelare di più grave entità, secondo la valutazione sul punto espressa, in
termini di coerente consequenzialità, nel provvedimento impugnato,
che ha sul punto valorizzato gli elementi costituiti dal carattere necessariamente saltuario dei controlli connaturati all’esecuzione di altre misure cautelati di minori afflittività e dalla negativa prognosi circa l’ottemperanza dell’indagato alle corrispondenti prescrizioni, alla
luce dei profili di pericolosità sociale in concreto rilevati.
4. – fl riscontro dell’integrale infondatezza dei motivi
d’impugnazione illustrati con il ricorso proposto in questa sede, impone il rigetto dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.4.2013.

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