Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24187 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24187 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIOIOSO GIAMMICHELE N. IL 18/11/1955
avverso l’ordinanza n. 115/2012 TRIB. LIBERTA’ di BRINDISI, del
15/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;
.ione/sentite le conclusioni del PG Dott. fs
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Data Udienza: 16/04/2013

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Ritenuto in fatto
– Con ordinanza resa in data 27.7.2011, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Brindisi ha revocato il provvedimento di sequestro preventivo ‘per equivalente’ delle somme e dei
beni intestati a Giammichele Gioioso e/o alla Savelpe,sca s.r.l. in precedenza emesso, in data 23.3.2011, dal medesimo giudice per le indagini preliminari in relazione al reato di evasione fiscale di cui all’art. 4
del digs. n. 74/2000 contestato al Gioioso.
In accoglimento dell’appello del pubblico ministero, il tribunale di Brindisi, con ordinanza in data 4.10.2011, ha ripristinato il sequestro preventivo per equivalente originariamente disposto.
Con sentenza in data 5.7.2012, questa corte di cassazione ha
annullato l’ordinanza del tribunale di Brindisi del 4.10.2011, rinviando al medesimo giudice per nuovo esame.
Con ordinanza in data 15.11.2012, il tribunale di Brindisi, pronunciando in sede di rinvio dalla corte di cassazione, ha confermato il
provvedimento di sequestro delle somme depositate sui conti correnti, nonché dei beni mobili e immobili intestati al Gioioso e alla Savelpesca s.r.1., fino a concorrenza della somma di euro 168.710,00, da
individuarsi a cura della Guardia di Finanza di Brindisi.
Avverso tale ordinanza, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione Giammichele Gioioso.
2. – Con l’impugnazione proposta, il ricorrente censura
l’ordinanza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione.
In particolare, il ricorrente si duole che il tribunale di Brindisi
non abbia proceduto alla riduzione dell’entità del sequestro, mediante la decurtazione delle somme (pari ad euro 90.000,00) complessivamente versate all’erario in esecuzione dell’accertamento con adesione intercorso con l’amministrazione fiscale competente, senza
neppure limitare il provvedimento restrittivo ai soli beni immobili
specificamente indicati nel corso del procedimento.
Sotto altro profilo, il ricorrente lamenta che il provvedimento
impugnato, abbia del tutto omesso di specificare gli elementi a fondamento del funzus commissi delicti e del periculum in mora necessari ai fini dell’adozione della cautela oggetto d’esame, omettendo di
considerare la non sequestrabilità dei beni sottoposti al provvedimento gravato, trattandosi di cose di cui non è consentita la confisca,
stante l’insussistenza di un alcun nesso, né occasionale né strutturale,
tra i beni sequestrati e il reato contestato.
Da ultimo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato
per vizio di motivazione, avendo il giudice a qua omesso di indicare
gli elementi di riscontro a fondamento della misura adottata, concludendo per la revoca del sequestro de quo, ovvero, in via gradata, per
la riduzione dell’entità della misura di detto sequestro alla sola somma di euro 78.000,00 riferibile ai soli immobili specificamente indicati in ricorso.

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Considerato in diritto
3. – Il ricorso è infondato.
Preliminarmente, deve ritenersi priva di pregio l’istanza del ricorrente diretta alla riduzione dell’entità del sequestro per equivalente invocata in questa sede, avendo il Gioioso del tutto omesso di fornire alcuna prova in ordine all’effettiva riduzione, secondo l’entità rivendicata, del profitto conseguito per effetto dell’illecito risparmio
fiscale realizzato.
Parimenti infondata deve ritenersi la pretesa limitazione del
sequestro per equivalente ai soli beni immobili indicati in ricorso,
non essendo necessaria una preventiva specifica identificazione dei
beni sui quali il provvedimento restrittivo qui impugnato è destinato
a cadere.
Sul punto, è appena il caso di richiamare l’insegnamento di
questa corte di legittimità, ai sensi del quale, in tema di sequestro
preventivo per equivalente, non sono i beni da sottoporre a vincolo
reale a dover essere specificamente identificati, potendosi procedere
alla loro individuazione in sede di esecuzione del provvedimento, essendo bensì la somma (ossia il valore del profitto del reato, in vista
della confisca `per equivalente’), sino a concorrenza della quale il sequestro deve essere eseguito, che dev’essere specificamente indicata
(cfr. Cass., Sez. 3, n. 28185/2012 ed ivi per i riferimenti in thema).
Del tutto infondato, inoltre, é il motivo di ricorso riferito alla
mancata indicazione dei presupposti relativi al fumus commissi delleti e al periculum in mora.
Sul punto, vale evidenziare come il tribunale brindisino abbia
indicato in modo specifico le somme sottratte al fisco dal Gioioso sulla base degli accertamenti condotti dall’autorità fiscale ed espressamente richiamati in motivazione; accertamenti da cui risulta che l’entità delle somme evase fosse individuabile in misura superiore alle
soglie di punibilità legislativamente previste per l’integrazione del
reato de quo con riferimento a tutti i parametri di cui alle lett. a) e b)
dell’art. 4 digs. n. 74/2000: misura non adeguatamente contraddetta
dalle generiche e astratte deduzioni contenute nella successiva memoria depositata dal ricorrente, che ha indicato nella somma superiore a 8 milioni di euro gli elementi attivi di riferimento ai fini della
lett. b) dell’art. 4 delgs. n. 74/2000, senza specificarne, né le modalità
di computo, né la specifica riferibilità a taluna dichiarazione resa ai
fini del medesimo art. 4.
Sotto altro profilo, occorre precisare (anche con riguardo alla
doglianza riferita alla pretesa non sequestrabilità dei beni de quibus,
siccome insuscettibili di confisca) la piena legittimità
del sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, di

Con memoria pervenuta presso questa Corte in data 8.4.2013,
il ricorrente ha insistito per raccoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento impugnato.

somme di denaro sottratte al pagamento dell’imposta dovuta, in
quanto, per i reati tributari, la confisca di somme di denaro, beni o
valori é consentita anche in relazione al profitto del reato (cfr. Cass.,
Sez. 3, n. 25890/2010, Rv. 248058).
Da ultimo, dev’essere disatteso il motivo di ricorso riferito al
preteso vizio di motivazione del provvedimento impugnato, occorrendo rilevare come, in tema di riesame delle misure cautelari reali,
nella nozione di ‘violazione di legge’ per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, c.p.p.,
rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di
precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può
denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e
autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 c.p.p. (v.
Cass., Sez. Un., n. 5876/2004, Rv. 226710, e altre successive).
Rimangono pertanto escluse dalla nozione di violazione di legge connessa al difetto di motivazione, tutte le rimanenti ipotesi nelle
quali la motivazione stessa si dipani in modo insufficiente e non del
tutto puntuale rispetto alle prospettazioni censorie (v. Cass., Sez. 1, n.
6821/2012, Rv. 252430).
Nel caso di specie, il ricorrente ha del tutto infondatamente
censurato il provvedimento impugnato, per aver omesso di indicare
gli elementi di riscontro a fondamento della misura adottata, in contrasto con le palesi argomentazioni individuate con chiarezza nella
motivazione del provvedimento del tribunale brindisino: argomentazioni tali da integrare un apparato motivazionale certamente sussistente (e non meramente apparente), dovendo pertanto ritenersi
esclusa alcuna violazione di legge, tanto sotto il profilo della mancanza di motivazione, quanto nella prospettiva dell’intercorsa applicazione di una misura cautelare in assenza di alcuna ipotesi criminosa
concretamente rilevabile.
4. — Al riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza
avanzati dal ricorrente segue il rigetto del ricorso e la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi

la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.4.2013.

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