Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24185 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24185 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LACIRIGNOLA PIETRO N. IL 15/10/1947
avverso l’ordinanza n. 114/2012 TRIB. LIBERTA’ di BRINDISI, del
07/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO
BLAIOTTA;
10:te/sentite le conclusioni del PG Dott. 5.7.•444:
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 16/04/2013

cc 11 Lacirignola

Motivi della decisione
1. La terza sezione di questa suprema Corte, con sentenza del 5 luglio 2012, ha
annullato con rinvio l’ordinanza in data 23 febbraio 2010 con la quale il Tribunale di
Brindisi ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni mobili registrati
Adella somma di denaro nella disponibilità Lacirignola Pietro, equivalenti del profitto
er del D. Igs. n. 74 del 2000.

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Nuovamente decidendo in sede di rinvio, il Tribunale di Brindisi ha confermato il

2. Ricorre nuovamente per cassazione il Lacirignola. Si assume che il giudice di
legittimità ha ravvisato l’insussistenza del reato per il mancato raggiungimento della
soglia di punibilità. Il Tribunale, discostandosi da tale pronunzia, ha ribadito il proprio
orientamento statuendo che l’omesso versamento dell’Iva superasse 50.000 euro e nel
contempo ha omesso di motivare in ordine al periculum in mora. Si ripercorrono i
momenti della vicenda fiscale in questione; si fa riferimento ai ripetuti atti di sgravio
parziale concessi dall’Agenzia delle entrate; alla richiesta di rateizzazione della residua
situazione debitoria pari a 49.882 euro; alla richiesta di rateizzazione di tale somma; al
parziale assolvimento degli oneri dovuti provvedendo al pagamento della prima e seconda
rata con scadenza fino al 31 marzo 2011. Se ne desume che l’indicato importo di 49.982
euro è al di sotto della soglia di legge.
Quanto al periculum in mora si lamenta che il Tribunale di Brindisi ha omesso
qualunque passaggio motivazionale. Si è trascurato che le provviste di denaro e di beni di
analogo genere non costituiscono corpo del reato e non può quindi ritenersi
automaticamente legittimo il sequestro preventivo. Il Tribunale non si è per nulla posto il
problema della sequestrabilità dei beni ai sensi dell’art. 322 ter cod. proc pen. D’altra
parte non si concreta alcun periculum in mora, come già a suo tempo ritenuto dal Gip del
Tribunale di Brindisi in considerazione del ravvedimento del contribuente. Nel caso di
specie non avrebbe alcun senso l’applicazione della sanzione della confisca dal momento
che tramite il versamento spontaneo del contribuente ravveduto è stato soddisfatto il
credito erariale e quindi è stata eliminata in radice l’offesa recata agli interessi economici
dello stato.

3. Il ricorso è infondato.
La richiamata pronunzia di legittimità ha dichiarato manifestamente infondate le
questioni prospettate e nuovamente esposte col ricorso in esame; ed ha censurato la
pronunzia del Tribunale esclusivamente per ciò che attiene al fumus del reato con
riguardo al superamento della soglia di 50.000 euro prevista dalla legge. Si è fatto
riferimento alla circostanza, adombrata nella stessa ordinanza, inerente alla riduzione
dell’originario importo sino alla ridetta somma di 49.982 euro per di più comprensiva,
sembrerebbe, di ulteriori imposte estranee all’oggetto della contestazione. L’ordinanza è
stata dunque annullata con rinvio esclusivamente per ciò che attiene al fumus dell’illecito,
affinché si verificasse se, essendo state effettivamente ridotta la pretesa tributaria nei

provvedimento di sequestro in questione.

limiti indicati, risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile
l’iniziale quantificazione dell’imposta dovuta.
Nuovamente decidendo, il Tribunale di Brindisi ha considerato che, come emerge
dagli atti, l’Agenzia delle entrate non ha ridotto l’originaria pretesa tributaria in forza di un
concordato o di un accertamento per adesione. La rideterminazione del debito tributario è
avvenuta in data 23 novembre 2010 unicamente per il fatto che l’indagato ha pagato
parte del suo debito circa due anni dopo il termine stabilito dalla legge, come si evince
dalla documentazione e dai verbali di dichiarazioni in atti. Ne discende che, essendosi in
presenza di mera rateizzazione del debito, non vi sono elementi per ritenere che l’importo

a 54.993 euro.
Tale valutazione è immune da censure per ciò che attiene all’unico tema devoluto,
afferente al fumus del reato. A tale riguardo il Tribunale ,g.:r spiega nitidamente che
l’ammontare dell’Imposta evasa è superiore a 50.000 euro; e che la circostanza che, dopo
l’accertamento, si sia addivenuti alla rateizzazione del debito non ne modifica l’entità.
Neppure rileva che, dopo l’accertamento ridetto, siano stati pagati due soli ratei che
hanno condotto il debito residuo, ma non l’entità dell’imposta evasa, al di sotto della
soglia indicata.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna
al pagamento delle spese processuali.

Pqm
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 16 aprile 2013

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

(Rocco Marco B OTTA)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione

Penale

dell’imposta evasa sia disceso al di sotto della soglia di punibilità, essendo la somma pari

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