Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24169 del 19/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24169 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI ROCCO FERDINANDO N. IL 15/07/1982
avverso la sentenza n. 2499/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
02/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARCO DELL’UTR1
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. /4(
che ha concluso per
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Data Udienza: 19/04/2013

2

Ritenuto in fatto
– Con sentenza in data 2.2.2009, il tribunale di Macerata,
sezione distaccata di Civitanova Marche, ha condannato Ferdinando
Di Rocco e Ottavio Di Rocco alla pena di un anno e nove mesi di reclusione ed euro 900,00 di multa ciascuno, in relazione al reato di
furto agli stessi contestato in concorso.
Con sentenza resa in data 2.12.2011, la corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena nei confronti degli imputati nella misura di tre anni e
sei mesi di reclusione ed curo 900,00 di multa ciascuno, ritenendo
fondato l’appello proposto dal procuratore generale distrettuale relativo al riconoscimento della duplice circostanza aggravante dell’uso
della violenza sulle cose e della commissione del fatto da parte di tre
persone.
Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione Ferdinando Di Rocco, dolendosi della violazione, da parte della
corte territoriale, dell’alt. 133 c.p., per avere la stessa irrogato la più
grave sanzione stabilita senza considerare tutti i criteri di determinazione della pena previsti dal richiamato art. 133 c.p..
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
Al riguardo, vale sottolineare come la corte d’appello – di là
dall’effettivo richiamo degli indici relativi alla personalità degli imputati (gravati da precedenti, anche della stessa specie, in epoche prossime a quella del reato contestato) e alla relativa pericolosità sociale ha irrogato agli stessi la pena corrispondente al minimo edittale previsto dall’art. 625 c.p. per il furto pluriaggravato: misura tale da
escludere l’esigenza di una specifica motivazione, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte di legittimità,
ai sensi del quale, nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non
si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera
all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma 3, c.p., anche ove
adoperi (come nella specie) espressioni come ‘pena congrua’, ‘pena equa’, ‘congruo aumento’, ovvero si richiami alla gravità del reato
o alla personalità del reo (Cass., Sez. 3, n. 33773/ 2 007, Rv. 237402).
2. –

3. – Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso – determinata dalla manifesta infondatezza dei relativi motivi – segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.000,0o in favore della cassa delle ammende.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1400,00 in favore della cassa delle ammende.

i.

3

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19.4.2013.

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