Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24166 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24166 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DALL’OGLIO FRANCO N. IL 30/10/1953
avverso la sentenza n. 33/2012 TRIBUNALE di MILANO, del
26/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Olig, t
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor)Avv. 59″,

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Data Udienza: 18/04/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice di pace di Milano, con sentenza del 21/11/2011, condannò
Dall’Oglio Franco alla pena stimata di giustizia, in quanto reputato colpevole
del delitto di cui all’art. 590, commi 1 e 3, cod. pen., per avere, per colpa
generica e specifica, causato lesioni personali giudicate guaribili,
rispettivamente, in giorni 15 ed 8, ad Ambrosio Gianfranco e Parziale
Federica, investiti sulle strisce pedonali dall’autovettura Seat Alhambra,

sèguito dell’impugnazione dell’imputato, con sentenza del 26/9/2012,
confermate le statuizioni penali della sentenza di primo grado, condannò al
risarcimento del danno anche il responsabile civile.

2. Avverso quest’ultima statuizione il Dall’Oglio propone ricorso per
cassazione, prospettando plurimi motivi di doglianza.

2.1. Con i primi due motivi il ricorrente contesta l’assunto accusatorio
secondo il quale aveva tenuto velocità eccessiva, sia sotto il profilo della
contraddittorietà motivazionale sul punto, che della violazione di legge, non
essendo stata elevata alcuna contestazione amministrativa.

2.2. Con il successivo motivo si duole del contenuto del dispositivo in
ordine alla condanna alle spese e al risarcimento del danno: il giudice non
aveva reso motivazione sulla quantificazione della provvisionale; non avrebbe
potuto liquidarsi il danno non patrimoniale; non era chiaro chi fosse il
destinatario della condanna alle spese del giudizio d’appello; in ogni caso
l’imputato era stato indicato con il prenome erroneo di Gianfranco.

2.3. Con il quarto motivo viene denunziato vizio motivazionale rilevabile
in sede di legittimità in merito al vaglio della prova testimoniale e, prese in
rassegna le deposizioni acquisite, il ricorrente ne mette in dubbio
l’attendi bilità.

2.4. Con il quinto ed ultimo motivo il Dall’Oglio adduce mancanza di
motivazione in relazione alla sanzione accessoria amministrativa della
sospensione della patene di guida, la quale non avrebbe potuto essere
disposta in assenza di contestazione d’infrazione al codice della strada.

CONSIDERATO IN DIRITTO

condotta dall’imputato. Il Tribunale di Milano, giudicando in sede d’appello, a

3. Il ricorso a causa della sua manifesta infondatezza deve essere
dichiarato inammissibile.

3.1. Con i motivi riassunti sub §§ 2.1., 2.3. e 2.4. il ricorrente propone
una lettura alternativa dei fatti e del vaglio probatorio, contrapposta a quella
dei giudici del merito, del tutto coerente e priva dei denunziati gravi vizi,
ignorando, e del tutto, il limite posto dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod.
proc. pen.

giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo
apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta dalla
sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente chiara
nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il nuovo
testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I. 20
febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.
Senza contare che, in ogni caso, il dato fattuale incontrovertibile, dal quale
deriva la certa penale responsabilità dell’imputato, è costituito dalla
circostanza che costui investì i due pedoni, intenti ad attraversare la strada
sulle apposite strisce, senza, quindi, rispettare il tassativo obbligo di arrestare
la marcia onde consentire il completamento dell’attraversamento pedonale.

3.2. Destituiti d’ogni fondamento appaiono le censure di cui al § 2.2.
a) Esclusa l’insanabile contraddizione esposta, è agevole comprendere che la
somma di C. 500,00 che l’imputato, in solido al responsabile civile, deve

2

Ovviamente, in questa sede non è consentito sostituire la motivazione del

corrispondere alla P.C., costituisce rimborso delle spese legali affrontate da
quest’ultima nel giudizio d’appello (si veda l’originale dispositivo).
b) Le spese del giudizio d’appello alle quali è stato inoltre condannato il solo
imputato, sono, all’evidenza, quelle processuali e non hanno bisogno di
quantificazione, in quanto verranno liquidate dalla cancelleria sulla base della
tariffa.
c) La condanna al pagamento della provvisionale, fissata in C. 700,00 per
ciascuna delle P.C., non abbisognava affatto d’ulteriore specificazione,
contenuto da non potersi giammai neppure dubitare della sua natura di mero
acconto anticipatorio del danno complessivamente patito.
d) Erra macroscopicamente il ricorrente nel ritenere che la Corte Suprema di
Cassazione dal «novembre 2008>> abbia escluso la risarcibilità del danno
non patrimoniale. Esattamente al contrario, pur con la sintesi estrema che
l’approssimazione dell’asserto consiglia, non resta che richiamare il filone
giurisprudenziale inaugurato con la sentenza delle S.U. 11 novembre 2008, n.
26972, che lungi dall’aver obliterato (in contrasto con la Carta costituzionale e
l’art. 185, comma 2, cod. pen.) la categoria del danno non patrimoniale, ha,
ritenuto che il cd. danno morale o prezzo del dolore, tosto che avere una
collocazione distinta, dovesse farsi rientrare, unitamente al danno biologico e
ad altri pregiudizi tipicamente individuabili sulla base di precetti normativi,
anche di rango costituzionale, all’interno dell’omnicomprensiva categoria del
danno non patrimoniale.
Al denunciati errori materiali nell’indicare il prenome dell’imputato in questa
sede non può porsi rimedio, stante l’epilogo d’inammissibilità (art. 130,
comma 1, cod. proc. pen.)
3.3. Infine, radicalmente priva di fondamento deve valutarsi la pretesa
che il giudice penale, chiamato a conoscere anche delle trasgressioni
amministrative al codice della strada commesse con l’azione incriminata,
debba astenersi dall’esercitare la predetta funzione sol perché non risulti
elevata contestazione amministrativa, ampiamente superata, come par ovvio,
da quella penale, omnicomprensiva dell’intero fatto trasgressivo.
4. Alla declaratoria in parola consegue la condanna del ricorrente,
oltre che al pagamento delle spese processuali, della sanzione pecuniaria,
giudicata congrua, di cui in dispositivo.

P.Q.M.
3

trattandosi, appunto, di mera provvisionale, peraltro d’importo siffatta mente

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C. 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Ro a il 18/4/2013.

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