Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24161 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24161 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MORESCHI GIOVANNI N. IL 30/05/1950
MORESCHI EMANUELE N. IL 18/08/1947
PARTI CIVILI
avverso la sentenza n. 1778/2010 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
15/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. • •/2~
24.c.A.J.;
che ha concluso per
/

Udito, per la parte civile, l’Avv, 9 -0
Udit i difensoriAvv.

1.04A-e• St-

Data Udienza: 16/04/2013

11 Moreschi Giovanni + 1

Motivi della decisione
1. Il Tribunale di Cremona ha affermato la responsabilità degli imputati in epigrafe
in ordine al reato di lesioni colpose con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in
danno del lavoratore Abdel Ghany Shalby; e li ha altresì condannati al risarcimento del
danno nei confronti della parte civile. La sentenza è stata parzialmente riformata dalla
Corte d’appello di Brescia che ha concesso attenuanti generiche equivalenti alla contestata

Agli imputati nella veste di legale rappresentante ed amministratore delegato della
Moreschi Srl, è stato mosso l’addebito di aver stipulato con la cooperativa nuova Astra un
contratto di appalto per lavori di facchinaggio e pulizia e, in tale contesto di aver utilizzato
il lavoratore poi infortunatosi, inviato dalla cooperativa nello stabilimento Eurosistem, non
per semplici lavori di pulizia bensì per caricare pezzi di pneumatici su un nastro
trasportatore privo di dispositivi di sicurezza standard, senza dargli indicazioni su come
comportarsi nel caso in cui un pezzo di pneumatico si fosse incastrato nel macchinario e
senza dotarlo di attrezzature adeguate al lavoro da svolgere. Accadeva che durante le
operazioni di caricamento un pezzo di gomma rimaneva incastrato fra il rullo ed il nastro
ed il lavoratore tentava di liberarlo facendo uso della mano sinistra senza arrestare la
macchina, con la conseguenza di subire prima il trascinamento e poi l’amputazione
dell’avambraccio sinistro.
Ricorrono per cassazione la parte civile e gli imputati.

2. L’ impugnazione della parte civile censura la pronunzia d’appello per la parte in
cui omette di pronunziarsi sulla liquidazione delle spese sostenute dalla stessa parte,
come da conclusioni e nota spese depositate in udienza. Si prospetta che non vi era
ragione alcuna che consentisse di compensare, neppure parzialmente, le spese sostenute
sicché la mancata statuizione sul punto deve interpretarsi come mera dimenticanza. In
ogni caso la pronunzia mostra totale mancanza della motivazione al riguardo.
Si deduce altresì che la stessa sentenza è affetta da vizio motivazionale nella
parte in cui ha ritenuto che la provvisionale di 100.000 euro sia confacente al danno
patito. Si è trascurato di esaminare gli argomenti addotti dalla parte che alla stregua delle
tabelle di comune applicazione ha dimostrato l’esistenza di un danno biologico di oltre 711
mila euro. Sotto altro profilo la motivazione è censurabile in quanto non prende
adeguatamente in considerazione la rilevanza del danno patito in connessione
dell’amputazione dell’arto sinistro in soggetto mancino.

3. Gli imputati deducono diversi motivi.

3.1 Si censura in primo luogo la pronunzia impugnata nella parte in cui omette di
esaminare gli elementi di prova portati nel processo dalla difesa, che consentono di
escludere che al momento del sinistro fosse in atto una attività produttiva nei locali della
Eurosistem. La sentenza di merito ha tratto argomento dalle dichiarazioni dell’ufficiale di

aggravante, ha ridotto le pene e ne ha disposta la sospensione condizionale.

polizia giudiziaria Nolli il quale ha desunto l’esistenza di una attività produttiva dal fatto di
aver visto nelle vicinanze del nastro trasportatore un cumulo di pezzi di pneumatici e due
pale che probabilmente erano state usate dai due IVoMoyi lavoratori egiziani per il
caricamento. Il teste, tuttavia, ha ammesso di non aver compiuto alcuna verifica per
accertare se nello stabilimento operasse la Eurosystem e se fossero presenti le protezioni
che dovevano essere montate sulla macchina. L’inesistenza di una attività produttiva è
altresì desumibile dalla documentazione prodotta dalla difesa che i ricorrenti allegano. Gli
indicati elementi di prova sono stati tutti completamente trascurati dai giudici di merito. Si
è preferito dare pieno ed ingiustificato credito alle dichiarazioni dell’infortunato ed a quella

travisamento della prova per omessa valutazione di prove decisive.
Si è trascurato il contratto di appalto intervenuto tra le parti. E si è pure omesso
di valutare la deposizione del teste Caldera il quale ha spiegato che i due lavoratori si
sono sempre occupati di facchinaggio e pulizia sostanzialmente per assistere a latere ai
lavori di installazione dei macchinari oggetto di fornitura, attraverso la pulizia dei locali
Eurosystem che versavano in stato di sostanziale abbandono con materiale relativo alla
precedente lavorazione lasciato sparso dappertutto. La pronunzia di merito si è discostato
altresì da consolidati principi attribuendo incondizionata credibilità alle dichiarazioni della
persona offesa senza compiere alcuna verifica dettagliata.
L’inesistenza di attività produttiva esclude l’esistenza dell’aggravante e rende il
reato procedibile a querela che nella specie difetta.

3.2 Con il secondo motivo si censura l’esistenza del nesso eziologico tra la
violazione contestata e l’evento. Nell’appello si era evidenziato che la dinamica del sinistro
era rimasta non perfettamente chiarita all’esito dell’istruttoria dibattimentale, essendo
basata sostanzialmente sulle dichiarazioni dell’infortunato che tuttavia sono risultate
lacunose e contraddittorie. Se è certo che il lavoratore si è infortunato non vi è alcun
ragguaglio oggettivo in ordine alle circostanze del ferimento. Se è indubbio che l’incidente
si è verificato quando il nastro era in movimento sono invece dubbie le modalità del
ferimento. Le dichiarazioni rese al riguardo dalla persona offesa sono contraddittorie e
non uniformi nel corso delle diverse deposizioni, essendo state proposte differenti versioni
dei fatti. In conclusione secondo i ricorrenti presso la Eurosystem non era in corso attività
produttiva bensì una circoscritta attività di regolazione e prova dei rulli, funzionale
all’installazione dell’impianto, di cui si stava occupando in via esclusiva l’operaio
specializzato della ditta Noreschi Caldera Massimo, la cui deposizione è stata
immotivatamente negletta.

3.3 Con il terzo motivo si censura l’esistenza di posizione di garanzia nei confronti
di Moreschi Emanuele. Si assume che la motivazione è al riguardo laconica. La Corte di
merito ritiene che l’unità di Sesto fosse un’articolazione della Euro system e non della
Moreschi. Si dimentica che la contestazione fa invece riferimento agli imputati quali
responsabili della Moreschi Sri. Nessuno dei due è stato coinvolto sulla scorta di un
qualche ruolo rivestito nell’ambito dell’organizzazione aziendale della Euro system. Si è
dunque in presenza di violazione del diritto di difesa, essendo stata prospettata un’accusa

del collega di lavoro. In breve tale omissione ha determinato una situazione di

mai contestata. In ogni caso, a tutto voler ipotizzare, potrebbe configurarsi la
responsabilità del solo Moreschi Giovanni con esclusione invece per Moreschi Emanuele il
quale si era tenuto estraneo ai lavori proprio perché la loro esecuzione era affidata al
fratello in qualità di preposto. Non è per nulla pertinente, quindi, l’argomentazione della
Corte d’appello afferente alla inesistenza di una delega.

3.4 Con l’ultimo motivo si censura la statuizione afferente alla sospensione
condizionale della pena. Nei motivi d’appello era stato richiesto il beneficio della non
menzione della condanna, ferma la già concessa applicazione dell’indulto. Non si

statuizione non è richiesta, in violazione dell’art. 597 cod. proc pen.

4. Il ricorso della parte civile è parzialmente fondato. Sono invece manifestamente
infondati i ricorsi degli imputati.
La sentenza impugnata attribuisce complessiva attendibilità alle dichiarazioni della
vittima e del suo connazionale egiziano. Costoro hanno riferito che partecipavano a varie
operazioni che avvenivano nello stabilimento ivi compreso il caricamento di materiale
gommoso sul nastro trasportatore. La loro attendibilità è corroborata dal fatto che se essi
fossero stati nello stabilimento soltanto per effettuare delle pulizie non si comprende
perché avrebbe dovuto intromettersi nelle lavorazioni compiute dal Caldera asseritamente
per regolare il macchinario che, d’altra parte, era privo di qualunque protezione. Si
considera che il fatto che la linea non fosse completa e che il macchinario non fosse
ancora regolato non toglie che nel frattempo si potessero svolgere le operazioni fino a
quel momento consentite dall’apparato. Nè, secondo la Corte d’appello, ha pregio la
censura difensiva in ordine alla circostanza che la Moreschi era incaricata semplicemente
di installare il macchinario non avendo nessun interesse ad effettuare attività produttiva
di competenza della Euro system, per la semplice ragione che i Moreschi erano
amministratori di entrambe le società e quindi era loro interesse incrementare la
produzione della Eurosystem da essi gestita. In sostanza non è possibile scindere gli
interessi perseguiti dai due imputati al di là dello schermo costituito dalle distinte società.
In ordine alle modalità del sinistro, si argomenta che le difformità delle
dichiarazioni rese dalla vittima nelle diverse deposizioni non sono particolarmente
significative e d’altra parte sia che il teste sia caduto per tirare il pezzo incastrato / sia che
/
sia stato trascinato per tentare di tirare via il pezzo medesimo, non si è in presenza di una
contraddizione tale da far ritenere inattendibile la deposizione. Comunque la manovra
eseguita pacificamente con la macchina in movimento pone in luce la responsabilità
colposa degli imputati, non essendosi provveduto a disporre che la macchina non venisse
utilizzata per la produzione in assenza dei presidi antinfortunistici.
Quanto alle posizioni degli imputati si assume che la responsabilità può essere
ritenuta senza dubbio nei confronti di entrambi. Si argomenta che si è in presenza di una
condotta attiva consistita nell’utilizzazione dell’impianto in assenza delle condizioni
minime che, in assenza di delega, deve essere imputata ad ambedue i ricorrenti.
La Corte d’appello ha altresì ritenuto di concedere attenuanti generiche equivalenti
all’aggravante. Si è aggiunto che nell’atto di appello si è censurata la mancata

comprende dunque perché la Corte territoriale abbia derogato dal devoluto adottando una

concessione dei benefici di legge mentre nelle richieste finali si è invocato il beneficio
dell’indulto. Poiché la sospensione della pena è statuizione più favorevole la relativa
richiesta prevale rispetto a quella dell’indulto.
Tale complessivo apprezzamento si coniuga con la consonante valutazione
espressa dal primo giudice. La sentenza del Tribunale, con argomentazione puntuale,
confuta approfonditamente la attendibilità delle dichiarazioni del Caldera,. Si considera
che costui non era qualificato alla manutenzione dell’impianto; che la sua affermazione di
aver gestito da solo la movimentazione delle gomme sul nastro trasportatore è
inverosimile; che inoltre la presenza in loco della vittima per eseguire delle non plausibili

anche che il capannone era completamente invaso da detriti gommosi. Si conclude
;4gorre ritenere che la macchina fosse in una fase produttiva e che comunque il
lavoratore infortunato avesse lo specifico compito di caricare i pezzi di gomma sul nastro
trasportatore pers_ché- essi giungessero al mulino di macinazione sotto il controllo,
dall’altra parte del nastro, del caldera. La Corte d’appello far proprie con implicita
evidenza tali argomentazioni.
Tale complessivo costrutto argomentativo è basato sulla coerente ponderazione di
emergenze fattuali altamente significative, è conforme ai principi e non mostra profili di
illogicità. Esso risponde efficacemente a tutte le argomentazioni difensive. D’altra parte i
ricorsi sembrano non curarsi delle indicate argomentazioni e tentano impropriamente di
sollecitare questa Corte di legittimità alla riconsiderazione del merito.
E’ in particolare palesemente immune da censure l’apprezzamento in fatto che
vede gli imputati concordemente al vertice dell’organizzazione che di fatto gestiva in
modo macoroscopicamente irregolare l’impianto, al di là dello schermo formale costituito
dalle diverse società.
Pure chiaramente immune da qualunque vizio è la ricostruzione della catena
causale che ha condotto all’evento lesivo. In effetti, non si riesce a cogliere quale
differenza possa comportare, ai fini della valutazione delle macroscopiche responsabilità
degli imputati, stabilire con esattezza con quale sequenza si sia sviluppato l’incidente,
posto che è certo che esso ha avuto la sua scaturigine nell’assenza delle doverose
protezioni ed istruzioni.
Infine, per ciò che attiene all’indulto, difetta qualunque interesse a proporre la
questione nella presente sede di legittimità. Invero questa Corte ha

chiarito,

condivisibilmente, che la sospensione condizionale della pena è statuizione favorevole e
che, soprattutto, dalla mancata applicazione dell’indulto non deriva alcun pregiudizio,
giacché può chiedersi in qualsiasi momento l’applicazione del provvedimento indulgenziale
con lo strumento dell’incidente d’esecuzione, ove necessario (S.U. 15 luglio 2010, Rv.
247940).
I ricorsi sono quindi inammissibili.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.000 ciascuno a titolo di sanzione
pecuniaria; nonché alla rifusione delle spese di parte civile che appare congruo liquidare
come in dispositivo.

pulizie di pezzi eventualmente cadute danastro priva di plausibilità, considerando

5. Il ricorso della parte civile è palesemente fondato per ciò che attiene alla
mancanza, nella sentenza d’appello, della condanna degli imputati soccombenti alla
rifusione delle spese della stessa parte civile. L’omissione può essere ovviata nella
presente sede di legittimità, come già ritenuto condivisibilmente in passato (Cass. VI, 19
gennaio 2004, rv. 229825). Appare congruo liquidare le dette spese come specificato in
dispositivo.
Per ciò che attiene alla provvisionale va invece rammentato il consolidato,
condiviso indirizzo giurisprudenziale (Tra le tante, Cass. V, 17 gennaio 2007, Rv.
236068) secondo cui il provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare
imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per
sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto
dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento. Il gravame va dunque respinto con
riguardo a tale motivo.

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Dichiara inammissibili i ricorsi degli imputati che condanna al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di 1000,00 euro in favore della cassa
delle ammende; nonché, in solido, alla rifusione in favore della costituita parte civile delle
spese inerenti al presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3000,00 oltre Iva e
Cpa come per legge.
In accoglimento del ricorso della parte civile annulla senza rinvio la sentenza
impugnata limitatamente alla omessa statuizione delle spese della parte civile nella fase
di appello, spese che liquida in euro 2500,00 oltre Iva e Cpa come per legge. Rigetta nel
resto il ricorso della medesima parte.

Roma 16 aprile 2013

IL CONSIGLIERE ESTENSORE
(Rocco Marco BLAIOTTA)

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IL PRESIDENTE
( sa BIANCHI)

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale

condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da

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