Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24159 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24159 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DELL’UTRI MARCO

Data Udienza: 16/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE VITA FRANCO N. IL 18/09/1947
DE FILIPPO ANNA N. IL 06/02/1956
PADULESE FORTUNATA N. IL 17/05/1984
PADULESE CARMINE N. IL 20/12/1981
avverso la sentenza n. 256/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
16/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARCO DELL’UTR1
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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2

Ritenuto in fatto
– Con sentenza resa in data 16.4.2012, la corte d’appello di
Salerno ha integralmente confermato la sentenza in data 27.10.2009
con la quale il giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di
Salerno ha condannato Franco De Vita alla pena di otto mesi di reclusione, oltre alla condanna al risarcimento del danno in favore delle
parti civili costituite, in relazione al reato di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale, ai danni di Francesco Padulese, in Bellizzi 16.11.2008.
Avverso la sentenza d’appello, hanno proposto ricorso per cassazione l’imputato e la parti civili costituite.
2.1. – Con il proprio ricorso, il De Vita censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione della
dinamica del sinistro stradale oggetto d’esame, essendosi la corte
d’appello limitata al richiamo, peraltro inesatto, delle conclusioni del
primo giudice.
In particolare, l’imputato sottolinea come, in occasione del sinistro de quo, lo stesso non dovesse rispettare alcuna precedenza nei
confronti del veicolo antagonista condotto dalla vittima, atteso che
quest’ultimo proveniva dal senso di marcia opposto, trovandosi a sinistra rispetto all’automobile del ricorrente, procedendo peraltro ad
elevatissima velocità, provocando l’urto sulla parte laterale destra
dell’automobile dell’imputato a causa dell’improvvisa disperata manovra di aggiramento non riuscita.
Sotto altro profilo, l’imputato censura la sentenza d’appello
per vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento, in
termini di prevalenza, delle circostanze attenuanti generiche rispetto
alla circostanza aggravante contestata.
2.2. – Con il proprio ricorso, il difensore delle parti civili censura la sentenza d’appello per vizio di motivazione (nonché per violazione della legge processuale, in relazione all’art. 125 c.p.p., per carenza assoluta di motivazione) in relazione alla riconosciuta percentuale, nella misura del 50%, del concorso di colpa della vittima nella
causazione del sinistro.
In particolare, il ricorrente si duole che la corte d’appello abbia
confermato il giudizio relativo alla misura della percentuale di colpa
della vittima senza spiegare le ragioni di tale valutatone, limitandosi
a un semplice rinvio per relationem alla sentenza di primo grado, essa stessa viziata da identica apoditticità, e senza fornire alcuna spiegatone circa il rigetto delle doglianze sollevate dalle parti civili in sede d’appello, viceversa fondatamente riferite al tenore di valutazioni
operate in altri giudizi, in relazione alla ripartizione del concorso di
colpa, con riguardo a fatti di identica natura.

i.

Considerato in diritto
3.1. — Il ricorso dell’imputato è manifestamente infondato, essendosi il ricorrente limitato all’illustrazione di mere censure in fatto,
senza esplicitare in modo chiaro e inequivoco il ricorso di eventuali
vizi della sentenza impugnata suscettibili di minarne la coerenza logica con riguardo alla ricostruzione del fatto e alla relativa attribuzione
all’imputato, secondo la qualificazione operata e le valutazioni
espresse dalla corte d’appello.
Allo stesso modo, deve ritenersi manifestamente infondata la
censura dell’imputato relativa alla mancata valutazione, in termini di
prevalenza, delle circostanze attenuanti generiche, rispetto alla contestata aggravante, avendo il giudice d’appello adeguatamente motivato tale aspetto, sottolineando il carattere grave e assai imprudente
della condotta dell’imputato e le sue gravi conseguenze, in termini di
perdita di vita umana, che ne sono derivate.
3.2. — Anche il ricorso della parte civile è manifestamente infondato.
Sul punto, la corte d’appello ha espressamente sottolineato
come il comportamento della vittima fosse caratterizzato da assoluta
gravità e imprudenza, essendo emerso che la vittima viaggiava a una
velocità di gran lunga superiore a quella consentita, anche in considerazione delle circostanze concrete, come rilevabile dai rilievi fotografici, dall’entità delle deformazioni provocate ai veicoli e dai danni riportati dall’autoveicolo dell’imputato, sospinto per circa 4 metri
all’indietro a causa dell’urto e della potenza della moto.
La particolare gravità di tale comportamento, secondo la ricostruzione del ffludice d’appello, va inoltre apprezzata, al di là della
violazione delle regole sui limiti di velocità, anche dalla violazione
dell’ulteriore profilo di colpa specifica costituito dalla violazione della
regola cautelare di cui all’art. 141 c.d.s. che impone di approssimarsi a
un incrocio, sia pure quale conducente favorito, osservando le normali regole di prudenza e di diligenza, adeguando la propria velocità
alla peculiarità del contesto stradale.
Tale duplice convergenza dei profili di colpa generica e specifica in capo alla vittima, sebbene non interruttivi del nesso causale rispetto all’evento mortale, hanno giustificato la valutazione, secondo
l’apprezzamento della corte territoriale, nei termini di una concorrenza nella misura del so% alla produzione dell’evento.
La motivazione così compendiata dalla corte d’appello deve ritenersi assistita da piena coerenza logica e adeguata consequenzialità
argomentativa, dovendo ritenersi tale da sfuggire integralmente ai
vizi contro la stessa illustrati dalle parti civili.

3

4

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro t000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Spese compensate tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.4.2013.

4. – Alla dichiaratone d’inammissibilità dei ricorsi — conseguente alla manifesta infondatezza dei relativi motivi – segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende, oltre alla compensatone tra le parti delle spese del giudizio, stante la reciprocità della soccombenza.

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