Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24158 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 24158 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TERRA FABIOLA N. IL 12/06/1977
avverso la sentenza n. 2811/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
09/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARCO DELL’UTR1
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e
che ha concluso per I
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Data Udienza: 16/04/2013

Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in data 9.2.2012, la corte d’appello di
Roma ha integralmente confermato la sentenza in data 28.9.2007
con la quale il tribunale di Latina ha condannato Fabiola Terra alla
pena di sei mesi di reclusione in relazione ai reati di omicidio e lesioni colpose plurime commessi, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, ai danni di Simone Danieli, Davis
Danieli e Flotinda Chiacchierini, commessi in Latina 15.5.2005.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputata sulla base di quattro
motivi di impugnazione.
2.1. – Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza
impugnata per vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione
della dinamica del sinistro stradale oggetto d’esame, avendo la corte
d’appello erroneamente interpretato le risultanze istruttorie costituite, in primo luogo, dalle dichiarazioni del teste Andolfi dalle quali era
emerso con chiarezza come le motociclette sulle quali viaggiavano le
vittime erano entrate in collisione tra loro prima ancora dell’impatto
della motocicletta condotta da Simone Danieli con la vettura
dell’imputata.
2.2. – Con il secondo motivo, l’imputata censura la sentenza
d’appello per aver travisato le risultanze processuali relative alla circostanza costituita dal presunto cambio di direzione dell’imputata
medesima in occasione della vicenda de qua: cambio di direzione in
realtà mai avvenuto, come confermato dalla consulenza tecnica svolta
su impulso del pubblico ministero, nonché dalla deposizione del teste
Hendler.

2.3. – Con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ignorato la circostanza che la doppia linea continua
esistente sulla strada valesse a giustificare la legittima aspettativa
dell’imputata che nessun veicolo alle proprie spalle avrebbe operato
alcun sorpasso, con la conseguenza che l’evento dannoso concretamente verificatosi doveva essere causalmente ricondotto all’illegittima condotta stradale posta in essere dai motociclisti rimasti vittime
della collisione.
2.4. – Con il quarto e ultimo motivo, l’imputata si duole che la
corte territoriale abbia omesso di riconoscere la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche pur riconosciute sussistenti, stante la
condizione di incensuratezza dell’imputata e dell’avvenuto risarcimento del danno prima del dibattimento, come comprovato dalla documentazione prodotta.

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Considerato in diritto
3.1. – I primi due motivi di ricorso sono infondati.
Con le doglianze illustrate in relazione a tali punti, la ricorrente prospetta unicamente una diversa lettura delle risultanze istruttorie acquisite, in difformità rispetto alla complessiva ricostruzione dei
giudici di merito, limitandosi a dedurre i soli elementi astrattamente
idonei a supportare la propria alternativa rappresentazione del fatto
(peraltro, di contenuto generico ed equivoco, come i semplici frammenti di dichiarazione dei testi Hendler e Andolfi riportati in ricorso), senza tuttavia farsi carico della complessiva riconfigurazione del
teatro e della dinamica del sinistro sulla base di tutti gli elementi
istruttori raccolti, che, viceversa, la corte d’appello ricostruisce con
adeguata coerenza logica e linearità argomentativa.
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la
modificatone dell’art. 606 lett. e) c.p.p., introdotta dalla legge n.
46/2006 consente la deduzione del vizio del travisamento della prova
là dove si contesti l’introduzione, nella motivazione, di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, ovvero si ometta la valutatone di una prova decisiva ai fini della pronuncia. Il sindacato della corte di cassazione resta tuttavia quello di sola legittimità, sì che
continua a esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche laddove
venga prospettata dal ricorrente una diversa e più adeguata valutazione delle risultanze processuali (v., ex multis, Cass., Sez. 2, n.
23419/2007, Rv. 236893).
Da ciò consegue che gli “altri atti del processo specificamente
indicati nei motivi di gravame” menzionati dal testo vigente dell’art.
606, comma primo, lett. e), c.p.p., non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare
una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione
si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Casa., Sez. 4, n.
35683/2007, Rv. 237652).
Peraltro, il vizio del travisamento della prova, per l’utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per
l’omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il
ricorso per cassazione solo quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta
‘doppia conforme’ (ossia di due giudizi, in primo grado e in appello,
di eguale segno, come nel caso di specie), essere superato il limite costituito dal devolutum con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso
(non dedotta nell’ipotesi qui in esame) in cui il giudice d’appello, per

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3.2. – I due restanti motivi di ricorso sono infondati, atteso
che, da un lato, la circostanza che la doppia linea continua legittimasse l’aspettativa dell’imputata che nessun veicolo la sorpassasse appare irrilevante in relazione alla condotta colposa (relativa
all’improvviso cambio di direzione effettuato) alla stessa specificamente contestata, e avendo, dall’altro, l’imputata omesso di richiedere in sede d’appello la riforma della decisione relativa al bilanciamento tra le circostanze. Sul punto, vale richiamare l’insegnamento di
questa corte di legittimità, ai sensi del quale in assenza di uno specifico motivo di gravame, il giudice d’appello ha soltanto la facoltà e non
l’obbligo di sottoporre a nuova valutazione il giudizio di minusvalenza o equivalenza tra circostanze aggravanti ed attenuanti, compiuto
in primo grado (Cas,s., Sez. 3, n. 9725/1992, Rv. 191913).
Peraltro, avendo la corte d’appello espressamente riaffermato
l’adeguatezza della pena irrogata dal primo giudice, può ritenersi rispettato sul punto il vigore del principio ai sensi del quale, appartenendo il giudizio di comparazione tra circostanze di segno diverso
alla discrezionalità del giudice di merito, quest’ultimo assolve il suo
compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente tutti
gli elementi indicati nell’art. 133 c.p. e abbia considerato l’opportunità del giudizio di equivalenza tra circostanze attenuanti e aggravanti
sulla base dell’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Cass., Sez.
2, n. 17417/1988, Rv. 182846).
Sotto altro profilo, può altresì richiamarsi l’insegnamento di
questa corte di legittimità, ai sensi del quale deve ritenersi non viziata
nella motivazione la sentenza che ometta di indicare i motivi per i
quali il giudice, nella specie d’appello, abbia confermato il giudizio di
equivalenza fra circostanze, formulato dal giudice di primo grado, in
quanto è sufficiente la sola enunciazione, come nella specie,
dell’eseguita valutazione delle circostanze concorrenti (Cass., Sez.
n. 2668/2010, Rv.. 249549).
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.4.2013.

rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (v., ex multis, Cass., Sez. 4, n. 19710/2009, Rv. 243636).

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