Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24064 del 14/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 24064 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIURLIA STEFANO N. IL 29/11/1969
avverso l’ordinanza n. 1042/2013 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
21/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
Iene/sentite le conclusioni del PG Dott. Oc AF Cé kiA-11 601 0

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Data Udienza: 14/05/2014

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con ordinanza del 21.1.2014 il Tribunale di Lecce ex art. 310 c.p.p. – a
seguito di appello proposto nell’interesse di CIURLIA Stefano avverso
l’ordinanza emessa il 17.12.2013 dalla Corte di appello di Lecce – ha
rigettato detto appello escludendo che avesse fondamento l’istanza ex

cautelare emessa nei confronti del CIURLIA nel gennaio del 2012 per
retrodatazione dei suoi effetti alla data di esecuzione della ordinanza
eseguita nei confronti dello stesso CIURLIA il 15.7.2010.
2. Avverso la ordinanza propongono ricorso per cassazione i difensori del
CIURLIA I deducendo violazione dell’art. 297 co. 3 c.p.p. in relazione
all’art. 12 co. 1 lett. c) c.p.p.; motivazione illogica e contraddittoria. In
particolare, si censura come illogico l’assunto secondo il quale deve
escludersi la continuazione tra le due condotte associative mafiose,
invece, commesse in perfetta continuità tra loro, in costanza di una
struttura unitaria del gruppo mafioso della S.C.U., nell’ambito del quale
il passaggio del CIURLIA tra i due gruppi ne costituisce la naturale
evoluzione (per effetto dell’intervenuta detenzione del capo con
conseguente riorganizzazione in termini parzialmente diversi), risultando
paradossale che il CIURLIA abbia fatto parte di due associazioni mafiose
diverse. Del resto l’unicità del disegno criminoso sarebbe indiziata dalla
coincidenza in entrambe le vicende del ruolo rivestito dal CIURLIA quale
gregario del capo. Singolare sarebbe l’esclusione da parte della
ordinanza della rilevanza della ricostruzione effettuata dalla sentenza di
merito di primo grado in ordine alla posizione di SALLUSTIO Simona,
donna del CARAMUSCIO presunto boss, e partecipe del sodalizio
capeggiato dal NISI. Ancora, illogica sarebbe l’esclusione della
desumibilità dagli atti al momento della emissione della prima ordinanza
nonostante la difesa abbia dimostrato il contrario con la ordinanza
emessa nei confronti del coimputato ELIA Stefano l nell’ambito della quale
è stato dato il giusto rilievo della pregressa emersione della
partecipazione del ricorrente al differente contesto associativo.
3. Il ricorso è inammissibile perché generico ed in fatto, siccome
ripropositivo di questioni di merito alle quali il Tribunale, al quale le
medesime questioni sono state proposte, ha dato risposta logica e priva
di vizi giuridici.

1

art. 297 co. 3 c.p.p. di declaratoria di inefficacia della ordinanza

4.

Il Tribunale, condividendo il giudizio di prime cure, con motivazione
logica e priva di vizi giuridici , ha escluso sussistere la continuazione tra
i reati oggetto dei due provvedimenti cautelari come pure la desumibilità
del compendio indiziario posto alla base della ordinanza genetica dagli
atti del procedimento relativo alla prima ordinanza cautelare.

5. In particolare,quanto al profilo della continuazione, sul rilievo che i
sodalizi oggetto delle due ordinanze erano diversi, ha escluso potersi
ravvisare che l’adesione al primo prevedesse quella al secondo ed al

illogicamente conto che il passaggio al successivo gruppo associativo era
stato consumato in una situazione imprevedibile conseguente all’arresto
del capo del gruppo CARAMUSCIO ed ai contrasti che la moglie di questi
aveva avuto con altre frange della SCU. Così, la ordinanza ha negato
che le vicende associative ascritte al ricorrente si situassero nell’ambito
della dedotta,

ed oggi riproposta l «fisiologica evoluzione

associativa», anche sotto questo aspetto, non illogicamente
considerando non solo la diversità ed autonomia dei gruppi associativi
ma anche – come si desume dalla vicenda di ELIA Stefano al quale non è
addebitata la partecipazione al gruppo del NISI – la autonoma
continuazione del gruppo del CARAMUSCIO.
6. Quanto al profilo della desumibilità dagli atti, deve premettersi che in
tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia
cautelare, la nozione di anteriore ‘desumibilità’ delle fonti indiziarie,
poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva / dagli atti
inerenti la prima ordinanza cautelare, non va confusa con quella di
semplice ‘conoscenzà o ‘conoscibilità’ di determinate evenienze fattuali,
ma si individua nella condizione di conoscenza, da un determinato
compendio documentale o dichiarativo, degli elementi relativi ad un
determinato fatto-reato che abbiano una specifica “significanza
processuale”. (In applicazione del principio, è stata esclusa la
“desumibilità” allo stato degli atti quando, al momento dell’emissione
della prima ordinanza, non era stata ancora depositata al P.M.
un’informativa relativa a pregresse indagini sostanziatesi anche in
intercettazioni, sulla base della quale è stata formulata la richiesta del
successivo provvedimento) (Sez. 6, Sentenza n. 11807 del 11/02/2013
Rv. 255722 Imputato: Paladini).
7.

La ordinanza, ponendosi nell’alveo di legittimità richiamato, ha
correttamente escluso la dedotta desumibilità sulla base della
emergenza costituita dalla informativa conclusiva trasmessa al P.M. in
2

terzo, quest’ultimo dedito allo spaccio di stupefacenti, tenuto anche non

data 29.7.2011, successiva alla prima ordinanza custodiale, sulla base
della quale è stata azionata la seconda cautela e dalla quale soltanto
poteva desumersi in termini di gravità indiziaria la relativa vicenda. Ed il
ragionamento svolto non può dirsi validamente inficiato dalla mera
reiterazione del tema afferente alla giustificazione di una pregressa
attività captativa.
8. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al

determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
9. Devono disporsi gli adempimenti di cancelleria di cui all’art. 94 co.1 ter
disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui
all’art. 94 co.1 ter disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, 14.5.2014.

pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo

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