Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24049 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24049 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GOBBI CAVANNA ANNA N. IL 20/08/1930 parte offesa nel
procedimento c/
avverso l’ordinanza n. 8/2013 TRIB. LIBERTA’ di PIACENZA, del
05/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
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ntite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 15/05/2014

Propone ricorso per cassazione Gobbi Cavanna Anna, avverso l’ordinanza del Tribunale del
riesame di Piacenza, in data 5 luglio 2013, con la quale è stato rigettato l’appello ex art. 322
bis c.p. p., a suo tempo presentato contro il provvedimento del Gup di Piacenza che aveva
negato la restituzione, ad essa, delle quote societarie della E. Tansini Gomme S.r.l.
Tali quote erano state oggetto di sequestro preventivo nel procedimento originariamente
iscritto a carico del solo Fagioli Marco, per il reato di cui all’articolo 11 d. Igs.n. 74 del 2000
(sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte): imputazione tuttavia successivamente
estesa anche alla ricorrente per il concorso nel medesimo reato.
Si era cioè ipotizzato che le quote societarie in questione, detenute dalla Fagioli gomme S.r.l.,
fossero state cedute dall’amministratore e socio unico Fagioli Marco, alla odierna ricorrente,
ottuagenaria e portatrice di deficit cognitivo, nonché congiunta convivente del Fagoli, per il
corrispettivo di euro 1.500.000, soltanto in forma simulata e comunque nulla, per contrarietà a
norme di ordine pubblico: e ciò al fine di sottrarle alle azioni esecutive contro la sua società ,
sebbene, secondo il Gip, con danno per la ricorrente che aveva effettuato l’esborso del
controvalore, vedendo anche archiviata la propria posizione processuale.
Il Tribunale del riesame ha rigettato l’appello sul presupposto che, nelle more, la società sopra
menzionata, Fagioli gomme S.r.l., peraltro trasformatasi in Achim Gomme sas, era fallita il
10/12/2012, con l’estensione della dichiarazione a Fagioli Marco.
Ne conseguiva che la cessione delle quote di cui sopra era destinata ad essere dichiarata
inefficace nella procedura fallimentare e il mantenimento del vincolo cautelare si imponeva al
fine di evitare la protrazione e l’ aggravamento delle conseguenze dannose dei reati
fallimentari, a prescindere dalla natura, in ipotesi anche lecita, dei mezzi patrimoniali impiegati
dalla ricorrente per il pagamento delle quote.
Deduce il difensore e procuratore speciale di Gobbi Anna
1) la violazione di legge, in relazione alla decisione di mantenere il sequestro di quote
apprese a soggetto riconosciuto estraneo al reato in relazione al quale era stato
disposto il vincolo cautelare.
Già il Gip, nel rigettare la richiesta di revoca del sequestro non aveva contestato la tesi
difensiva secondo cui le quote societarie sopraindicate avevano formato oggetto di una
reale contrattazione ed erano state effettivamente pagate dalla ricorrente con fondi
prelevati dal proprio conto corrente, peraltro ampiamente capiente dal momento che su
di esso, all’epoca dei fatti, risultavano versati più di 1.600.000 euro.
Tuttavia lo stesso Gip, pur avendo applicato l’articolo 322 ter cp, e cioè avendo disposto
il sequestro per consentire la futura confisca delle quote come equivalente del provento
del reato , aveva omesso di considerare che tale norma, così come l’articolo 240 c.p.,
non consentono la confisca quando i beni appartengano a persona estranea al reato.
Ugualmente il sequestro disposto sensi dell’articolo 321 secondo comma c.p. p.,
funzionale alla confisca, avendo natura sanzionatoria non può colpire soggetti estranei
alla commissione del reato (sentenze n. 25541 del 2012 e n. 40480 del 2010 rv
248741);
2) la violazione degli articoli 321 comma uno e 322 bis comma 3 cpp.
Non è consentito affermare, come ha fatto il Tribunale della libertà, il mantenimento del
sequestro in relazione a reato diverso da quello che lo aveva giustificato.
Nella specie, il vincolo cautelare era stato disposto in relazione all’articolo 11 comma
uno del decreto legislativo n. 74 del 2000, per finalità non più attuale, stante la
conclamata estraneità della ricorrente rispetto a tale reato.
Il Tribunale, nel mantenere il sequestro delle quote perché pertinenti al diverso reato di
bancarotta fraudolenta aggravata, ha individuato un reato di riferimento non preso in
1

Fatto e diritto

3) la violazione di legge anche per mancanza assoluta di motivazione in ordine al
periculum in mora.
Tale requisito del sequestro era stato individuato, nel provvedimento impugnato, con
riferimento alla necessità di tutelare interessi di altre parti (tra le quali, la massa
fallimentare) interessi connotati, oltretutto, da natura civilistica.
Anche la sola simulazione o la nullità della vendita avrebbero dovuto formare oggetto di
azione di accertamento nella sede propria, mentre la cessione mantiene inalterati i suoi
effetti in assenza di tali azioni e la ricorrente deve ritenersi, allo stato, la legittima
proprietaria delle quote nonché estranea a qualsiasi forma di implicazione nei reati
citati
Infine è da escludere che il sequestro possa essere utilizzato come mezzo per la
realizzazione di fini diversi quale quello, evocato del provvedimento impugnato, della
revocatoria fallimentare (vedi sentenza n. 5649 del 2006).
Infine il difensore cita la sentenza della Cassazione rv 227319 che esclude la
configurabilità del sequestro preventivo per la persistenza del periculum in mora,
quando l’oggetto del sequestro stesso sia stato trasferito ai sensi dell’articolo 1376 cc
cioè con il consenso delle parti.
Lo stesso periculum avrebbe dovuto essere ritenuto inesistente alla luce della avvenuta
nomina di un amministratore di sostegno, in favore della ricorrente, legittimato ad
effettuare solo spese per soddisfare i bisogni personali della Gobbi.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Assorbente e decisivo è il secondo motivo di ricorso.
Effettivamente , come segnalato nell’atto di impugnazione, la giurisprudenza di questa Corte
ha già reiteratamente segnalato che, in tema di misure cautelari reali, il giudice della
impugnazione trova un limite alla sua cognizione e conseguente decisione nella necessaria
correlazione ai fatti posti a fondamento della misura cautelare, che non possono essere
sostituiti o integrati da ipotesi accusatorie autonomamente formulate in base a dati di fatto
diversi, spettando, invece, al P.M. il potere di procedere nella fase delle indagini preliminari, in
qualsiasi momento ed anche nel corso dell’udienza per il riesame delle misure cautelari, alle
modificazioni fattuali della contestazione (Sez. 4, Sentenza n. 21234 del 15/03/2012 Cc. (dep.
31/05/2012 ) Rv. 252737; Sez. 2, Sentenza n. 29429 del 20/04/2011 Cc. (dep. 22/07/2011 )
Rv. 251015); Conformi: N. 4638 del 1999 Rv. 216348, N. 26754 del 2001 Rv. 219217, N.
26307 del 2005 Rv. 232239).
E, nel caso di specie, non può dirsi che il Tribunale, nello scegliere di non replicare ai motivi di
appello dedotti dalla difesa, e nell’abbracciare di ufficio la tesi dell’essere, il compendio in
sequestro, corpo del reato o cosa pertinente al reato di bancarotta, abbia operato una semplice
( quanto consentita: Rv. 216348) diversa definizione giuridica del fatto in relazione al quale il
sequestro era stato in origine disposto.
Egli ha, piuttosto, dato luogo ad un mutamento del fatto contestato, inteso come accadimento
della realtà, assumendo una determinazione che è propria in via esclusiva del titolare della
azione penale e che avrebbe potuto essere realizzata in qualsiasi fase , compresa quella della
udienza incidentale.
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considerazione nel provvedimento genetico della misura e, soprattutto, assente nella
richiesta del PM di misura cautelare reale, che ha dato origine al provvedimento di
sequestro.
In più, il Tribunale aveva palesemente violato il principio devolutivo poiché aveva
confermato il sequestro per ragioni diverse da quelle indicate nel provvedimento
impugnato, mutuando un principio proprio del riesame e non esteso all’appello (vedi
sentenza Cass. rv 252737);

PQM
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Piacenza per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2014
Il Presidente
il Presidente

Implicitamente riconoscendo che la ragione (intesa come nesso penitenziale e periculum) del
mantenimento del sequestro non è più quella individuata nel provvedimento genetico ma è
quella, del tutto nuova e sopravvenuta, della ipotizzabilità — peraltro a carico di soggetto
diverso dalla ricorrente- di un fatto di bancarotta fraudolenta rispetto al quale i beni in
sequestro potrebbero porsi come oggetto di condotta distrattiva ad opera di terzi , il Tribunale
ha compiuto una operazione ermeneutica e processuale non consentita perché ha individuato
autonomamente una diversa ipotesi di reato giustificativa del vincolo; non è chiaro se si sia
avvalso di apposita domanda cautelare ( allo stato nemmeno menzionata); ed ha violato il
principio devolutivo dell’appello ( previsto anche in tema di misure cautelari reali: così Rv.
228809; Rv. 254416) perché ha rigettato il gravame per ragioni , anche e soprattutto in fatto,
diverse da quelle desumibili dal provvedimento impugnato e dall’atto di gravame.
Alla luce del fatto che la violazione di legge commessa dal Tribunale è stata sia quella appena
descritta che, a monte, quella determinata dalla radicale omessa valutazione dei motivi di
appello dedotti nel procedimento incidentale dalla difesa, l’annullamento del provvedimento
deve essere disposto con rinvio, affinchè il giudice del merito motivi nuovamente attenendosi
ai principi di diritto enunciati

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