Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24032 del 19/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24032 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KADI MATTEO MOUNIR N. IL 30/05/1988
avverso la sentenza n. 3141/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
16/09/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO

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Uditi difensor Av

Data Udienza: 19/05/2014

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. C. Stabile, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 24/02/2010, il Tribunale di Lecco dichiarava
Matteo Mounir Kadì colpevole del reato di furto aggravato per avere sottratto
all’esposizione per la vendita all’interno di un centro commerciale un giubbotto e

impossessandosene e varcando le barriere della cassa con indosso il giubbotto e
gli altri beni in corrispondenza della zona di transito riservata ai clienti senza
acquisti; esclusa la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625,
primo comma, n. 7, cod. pen., per avere il supermercato approntato un sistema
di controllo sulla merce presente negli scaffali per la vendita, da ritenere
pertanto non esposta alla pubblica fede, il Tribunale di Lecco applicava
all’imputato la circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4, cod.
pen. ritenuta prevalente sulla circostanza aggravante ex art. 625, primo comma,
n. 2, cod. pen., e lo condannava alla pena di giustizia.
Con sentenza deliberata il 16/09/2013, la Corte di appello di Milano ha
confermato la sentenza di primo grado, escludendo la configurabilità, nel caso di
specie, del tentativo, in quanto solo nel momento in cui l’imputato ha varcato la
barriera delle casse in corrispondenza della zona riservata ai clienti senza
acquisti il sorvegliante ha avuto la certezza che egli intendeva asportare le cose
indicate; l’aver indossato un giubbotto è un atto di per sé equivoco e non
sicuramente sintomatico dell’intenzione di sottrarre la cosa, anche perché esso
era ben visibile e facilmente poteva essere notato dai sorveglianti, sicché deve
ritenersi che si tratti di furto consumato, in quanto, sia pure per pochi istanti,
l’imputato superando la barriera e prima di venire bloccato, ha avuto la signoria
autonoma sulle cose che aveva prelevato. Osserva ancora la Corte di appello che
non possono applicate all’imputato le circostanze attenuanti generiche per il
precedente a suo carico e per il suo comportamenti post factum.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto
personalmente ricorso per cassazione Matteo Mounir Kadì, articolando, nei
termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod.
proc. pen., due motivi.
2.1. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento
alla mancata applicazione dell’art. 56 cod. pen. In tutte le fasi dell’azione furtiva,
il ricorrente è stato oggetto di sorveglianza e controllo tali da permettere al

alcuni generi alimentari (una lattina di aranciata e una confezione di cioccolatini),

4:

personale in servizio presso il supermercato di intervenire in qualunque
momento; pertanto non si è verificato lo spossessamento della cosa mobile ai
danni del detentore, non avendo l’agente acquistato la piena signoria della cosa
che esce completamente dal controllo del detentore. L’aver fermato l’imputato
dopo le casse è il frutto di una mera scelta del personale del supermercato, che
poteva intervenire in un momento precedente, mentre è errata la sentenza
impugnata quando interpreta il fatto di aver indossato il giubbotto come di per sé
equivoco, tanto più che era stato asportato il relativo dispositivo antitaccheggio.

particolare, alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La
sussistenza di precedenti penali non è ostativa alla concessione delle circostanze
attenuanti generiche, mentre l’oggettiva tenuità del reato e la immediata e
spontanea restituzione della merce giustificano l’applicazione dell’art. 62 bis cod.
pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo è fondato, nei termini di seguito specificati, restando
assorbito l’ulteriore motivo.
La sentenza impugnata muove dall’adesione all’orientamento secondo cui,
quando l’avente diritto o persona dallo stesso incaricata abbia sorvegliato tutte le
fasi dell’azione furtiva, così da poterla interrompere in qualsiasi momento, si
configura il furto tentato; nel caso di specie, tuttavia, la Corte di merito
propende per la configurabilità della fattispecie consumata sulla base, da una
parte, del ritenuto carattere equivoco dell’aver indossato il giubbotto e, dall’altra,
del rilievo che solo con il superamento delle casse l’imputato avrebbe acquisito la
signoria autonoma delle cose prelevate.
Ad avviso del Collegio, tuttavia, l’argomentare della Corte, oltre a non
misurarsi con l’elemento – messo in evidenza dal ricorrente (che, dunque,
censura la sentenza impugnata anche sotto il profilo motivazionale) dell’asportazione del dispositivo antitaccheggio, omette di considerare che la
sorveglianza nei confronti dell’imputato è proseguita anche dopo il superamento
da parte sue delle casse: la sentenza impugnata, dunque, per un verso,
attribuisce valenza decisiva, ai fini della configurabilità del tentativo, allo
svolgimento dell’azione sotto la sorveglianza degli addetti, mentre per altro
verso, oblitera tale valenza con riguardo alla fase successiva al superamento
delle casse.
La sentenza, pertanto, si rivela internamente “contraddittoria”, presentando
insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti e inconciliabilità logiche tra

2.2. Vizio di motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio e, in

le affermazioni in essa contenute (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011 – dep.
15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516), sicché deve essere annullata con
rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione
della Corte di appello di Milano.

Così deciso il 19/05/2014

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