Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24031 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24031 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Presutti Stefano, nato a Pescina, il 4/5/1985;
quale parte civile nel procedimento nei confronti di:
Palombizio Alberto Venanzio, nato a Sulmona, il 22/12/1985;

avverso la sentenza del 4/2/2013 del Tribunale di Sulmona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Roberto
Aniello, che ha concluso per la conversione dell’appello in ricorso;
udito per la parte civile l’avv. Vincenzo Colaiacovo, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso

udito per l’imputato l’avv. Andrea Lucci, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso.

Data Udienza: 15/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 4 febbraio 2013 il Tribunale di Sulmona, competente a procedere
per l’originaria connessione con altro reato appartenente alla sua cognizione, dichiarava
l’estinzione del reato di minacce contestato a Palombizio Alberto Venanzio ai sensi
dell’art. 35 d. Igs. n. 274/2000.
2. Avverso la sentenza ricorre a mezzo del proprio difensore Presutti Stefano, persona

2.1 Con il primo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 35 d. Igs. n. 274/2000 per la
mancata audizione della persona offesa, pure prevista dalla disposizione citata e in
concreto richiesta all’udienza del 4 febbraio 2013 dopo che la parte aveva espresso il
suo dissenso sulla sufficienza delle condotte riparatorie poste in essere dall’imputato.
Violazione che secondo il ricorrente integrerebbe la nullità di ordine generale prevista
dall’art. 178 lett. c) c.p.p. per la lesione del diritto di intervento della parte privata.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta invece il difetto di motivazione della sentenza
impugnata, la quale non avrebbe esplicitato le ragioni della ritenuta congruità delle
condotte riparatorie (pure menzionata nel dispositivo) limitandosi a rilevarne la
tempestività.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere convertito in appello e gli atti trasmessi alla Corte d’appello di
L’Aquila per il relativo giudizio.
2. Al riguardo occorre considerare che le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno
enunciato il condiviso principio che, anche dopo le modificazioni introdotte dalla L. 20
febbraio 2006, n. 46, articolo 6 e all’articolo 576 c.p.p., la parte civile ha facoltà di
proporre appello, agli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di
proscioglimento pronunciata nel giudizio di primo grado (v. Cass. Sez. Un. 29 marzo
2007 n. 27614).
La sentenza reca un’ampia analisi del sistema anche alla luce della giurisprudenza
costituzionale e dei lavori preparatori della richiamata L. n. 46 del 2006 e mostra, tra
l’altro, che la riforma dell’articolo 576 è finalizzata a garantire, quanto all’aspetto
civilistico della regiudicanda, “quel doppio grado di giudizio a cui il danneggiato dal
reato avrebbe diritto se avesse esercitato l’azione in sede propria”.
La Corte ha, pure, affermato che il principio enunciato è applicabile anche per
l’impugnazione delle sentenze pronunciate nel giudizio abbreviato o nel procedimento
di pace.

offesa del reato costituitasi parte civile nel procedimento, articolando due motivi.

Analogamente, la giurisprudenza successiva di questa stessa Sezione si è attenuta alle
indicate enunciazioni (v. Sez. V 31 marzo 2010 n. 23726).
È ben vero che questa Corte Suprema ha, poi, ritenuto ripetutamente che la pronunzia
estintiva, adottata ai sensi dell’articolo 35 del d.lgs. 274/2000 sia inappellabile ed
impugnabile solo con ricorso per Cassazione.
Tuttavia, il principio è stato enunciato sul presupposto che si fosse in presenza di
sentenza predibattimentale e come tale inappellabile, ai sensi dell’articolo 469 c.p.p.

Nel caso di specie, tuttavia, tale connotazione della sentenza non si configura, posto
che la sentenza gravata è stata adottata all’esito del dibattimento.
Dunque, trova applicazione la regola generale sopra esposta, afferente alla appellabilità
delle sentenze del giudice di pace ad iniziativa della parte civile.
Né il ricorso, proposto avverso una sentenza appellabile, può essere qualificato come
ricorso per saltum in quanto con esso sono state specificamente articolate anche
doglianze avverso la motivazione della medesima sentenza ai sensi dell’art. 606 lett. e)
c.p.p. e dunque per motivi per i quali non è consentito il ricorso all’impugnazione
“breve”.
3. Il ricorso, in definitiva, deve essere quindi convertito in appello, ai sensi dell’articolo
568 c.p.p. e gli atti vanno trasmessi alla corte d’appello di L’Aquila per il giudizio
d’impugnazione. Le spese del giudizio andranno liquidate al definitivo.

P.Q.M.
Converte il ricorso in appello e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’appello di L’Aquila
per il relativo giudizio.
Così deciso il 15/5/2014

(v. Cass. Sez. IV 3 novembre 2010 n. 41578 e Sez. IV 26 gennaio 2011 n. 15619).

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