Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2403 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 2403 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALLEGRO ANGELO N. IL 02/10/1953
avverso l’ordinanza n. 28/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
08/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lette~)le conclusioni del PG Dott. Po A “,4-»-d,„.,9
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fUdit i difensor Avv.;’

Data Udienza: 20/12/2013

-ì.

RITENUTO IN FATTO
1. In data 8/10/2012 la Corte di Appello di Palermo ha rigettato la domanda
di riparazione per ingiusta detenzione proposta da Allegro Angelo in relazione
alla misura cautelare patita nella forma della custodia in carcere dal 9/04/2008
al 29/10/2008 e nella forma degli arresti domiciliari fino al 20/05/2009 nel corso
di un procedimento penale che lo vedeva indagato per i delitti di tentato
sequestro di persona e di lesioni personali, definito con assoluzione del
15/04/2010 della Corte di Appello di Palermo per il reato di tentato sequestro di

annullato senza rinvio la sentenza di condanna per il delitto di lesioni personali
volontarie, esclusa l’aggravante teleologica, per mancanza di querela.
2. La Corte territoriale ha ritenuto sussistente la condotta dolosa ostativa al
riconoscimento del diritto alla riparazione sulla base delle seguenti specifiche
circostanze fattuali: a) il ricorrente è stato arrestato in flagranza di reato quando
si trovava accanto alla persona offesa Ben Alì Ounaies Muhammed, che subito
dopo aveva sporto denuncia-querela per tentato sequestro di persona; b) il
giudice penale aveva accertato che l’Allegro, nelle medesime circostanze, aveva
aggredito la persona offesa cagionandole lesioni personali.
3. Ricorre per cassazione Angelo Allegro deducendo violazione di legge e
vizio motivazionale sul presupposto che la Corte territoriale avrebbe rigettato la
domanda immemore che i giudici dell’appello avevano escluso qualsiasi
responsabilità del medesimo nel preteso delitto di tentato sequestro di persona
sulla base dell’inverosimiglianza della denuncia presentata dalla persona offesa,
senza spiegare perché avesse dato o concorso a dare causa per dolo o colpa
grave alla sua privazione della libertà, anche perché la riparazione era stata
accordata dalla medesima Corte ad un altro dei pretesi correi.
4. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Vito D’Ambrosio, ha
concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. La funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata
avverso il provvedimento al quale si riferisce. Tale critica argomentata si realizza
attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt.581 e
591 cod.proc.pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli
elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di
impugnazione è, pertanto, innanzitutto il confronto puntuale (cioè con specifica
indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il
dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta,
mediante l’individuazione dei capi e dei punti dell’atto impugnato che si

persona e con sentenza del 24/04/2011 della Corte di Cassazione, che ha

intendono sottoporre a censura con espressione di un vaglio critico in ordine a
ciascuno di essi analiticamente formulato, che consenta di dimostrare che
ragionamento del giudice è errato (Sez.5, n.28011 del 15/02/2013, Sammarco,
Rv.255568; Sez. 6, n.22445 dell’8/09/2009, P.M. in proc. Candita, Rv. 244181).
2.1. Quando, poi, il ricorso contesta le ragioni che sorreggono la decisione
deve, altresì, contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio
denunciato, in modo che sia chiaramente sussumibile fra i tre previsti
dall’art.606, comma 1, lett.e) cod. proc. pen., deducendo poi, altrettanto

dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, così da
condurre a decisione differente.
3. Nel caso concreto, il ricorso presentato si caratterizza per uno scritto
discorsivo contenente l’enunciazione di frasi ed argomenti disancorati dal
provvedimento impugnato, si connota per un generico riferimento alle ragioni
dell’assoluzione nel processo penale e per un’apodittica censura per violazione di
legge fondata sul trattamento riservato dalla medesima Corte ad altro correo,
dovendo ritenersi inammissibile perché tendente ad una rivalutazione in fatto
non consentita in sede di legittimità, sulla base di generiche censure alle
valutazioni operate dal giudice di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di
legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa
interpretazione degli stessi. Trattasi di censura non consentita in sede di
legittimità perché in violazione della disciplina di cui all’art.606 cod.proc.pen.
(Sez. 4, n. 31064 del 02/07/2002, P.O.in proc. Min. Tesoro, Rv. 222217;
Sez. 1, n. 10527 del 12/07/2000,

Cucinotta,

Rv. 217048;

Sez. U,

n.6402 del 30/04/1997,Dessimone,Rv. 207944;Sez. U, n.930 del 13/12/1995
(dep. 29/01/1996), Clarke, Rv.203428). Infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i ‘limiti di una plausibile
opinabilità di apprezzamento’, secondo una formula giurisprudenziale
ricorrente(Sez. 4, n.47891 del 28/09/2004, n. 47891, Mauro, Rv. 230568;
Sez. 4, n.4842 del 2/12/2003-6/02/2004, Elia, Rv. 229369).
4. Tenuto conto della sentenza Corte Cost. n. 186 del 13/06/2000 e rilevato
che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla
declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen., l’onere
delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della

3

specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito

Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di
inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro 500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 20/12/2013

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