Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24015 del 29/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24015 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Di Giorgio Alda, nata a Giulianova, il 14/3/1972;

avverso la sentenza del 14/3/1972 della Corte d’appello di Campobasso;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.Mario
Fraticelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Di Giorgio Alda propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte
d’appello di Campobasso che ha confermato la sua condanna per i reati di tentato
furto in abitazione e sostituzione di persona, dichiarando però condonata la pena di

Data Udienza: 29/04/2014

,

anni uno di reclusione ed euro quattrocento di multa inflittale dal giudice di prime
cure.
2. A sostegno del ricorso deduce inosservanza od erronea applicazione della legge
penale nonché mancanza di motivazione con riferimento alla utilizzabilità della
individuazione fotografica svolta dalla persona offesa nel corso delle indagini
preliminari e al confermato giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche,

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato e comunque generico in quanto non
correlato all’effettivo contenuto della motivazione della sentenza impugnata.
2.1 La Corte distrettuale infatti, rilevando che la persona offesa dal reato non era stata
in grado di riconoscere in dibattimento l’imputata della quale aveva effettuato nel
corso delle indagini preliminari valida individuazione fotografica, ha ritenuto comunque
non sussistere dubbio sull’identificazione della Di Giorgio con l’autrice dei reati in
contestazione, evidenziando per un verso come il verbale di ricognizione fosse stato
ritualmente acquisito al fascicolo del dibattimento di primo grado su accordo delle parti
e per l’altro come il mancato riconoscimento in udienza fosse da imputarsi all’età
avanzata della teste e al tempo trascorso dai fatti, circostanze inidonee a minarne
l’attendibilità atteso che gli ulteriori elementi narrati dalla stessa (e segnatamente il
numero di targa della vettura su cui l’imputata si allontanò, corrispondente a quello
dell’auto di sua proprietà) risultavano idonei a confermarla.
2.2 In tal senso l’eccepita inutilizzabilità del verbale di individuazione fotografica non
ha fondamento alcuno, atteso che l’utilizzabilità dello stesso discende per l’appunto
dalla sua acquisizione a fini probatori sul consenso delle parti e non dipende dalla
ripetizione del riconoscimento in sede dibattimentale come preteso dalla ricorrente,
circostanza che concerne l’attendibilità del testimone e che è dunque rimessa alla
libera valutazione del giudice. Valutazione il cui esito positivo, nel caso di specie, la
Corte distrettuale ha sostenuto con motivazione logica, esauriente e coerente
all’evidenza disponibile e con la quale, invece, il ricorso ha omesso di correlarsi.
2.3 II secondo motivo è parimenti inammissibile perché volto a contestare una
valutazione di pertinenza del giudice di merito che risulta averla correttamente
motivata con riferimento ai precedenti dell’imputata.

eccependo altresì l’intervenuta prescrizione dei reati in contestazione.

3. Il terzo motivo di ricorso, che invoca la prescrizione del reato, non può essere
accolto.
3.1 Deve innanzi tutto rilevarsi come al momento della pronunzia impugnata i reati
per cui è intervenuta condanna non si erano ancora prescritti, atteso che il relativo
termine, tenuto conto dei periodi di sospensione maturati nel corso dei gradi di merito,
non si era ancora compiuto.
3.2 Escluso, dunque, che l’estinzione del reato per prescrizione potesse essere rilevata

questa sede, ostandovi la ritenuta inammissibilità del ricorso.
3.3 La oramai consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte ritiene infatti
che l’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un
valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’articolo 129 c.p.p. (v. per tutte Sez.
Un. n. 32 del 22 novembre 2000, De Luca, rv 217266).

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue pertanto, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

nel giudizio di merito, va osservato che neppure può essere dichiarata d’ufficio in

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