Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24014 del 29/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24014 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Brognoli Giuseppe, nato a Roverbella, il 17/6/1940;

avverso la sentenza del 5/3/2012 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mario
Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. Dionigi Biancardi, che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Giuseppe Campanelli, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 29/04/2014

1.Con sentenza del 5 marzo 2012 la Corte d’appello di Brescia dichiarava non doversi
procedere nei confronti di Brognoli Giuseppe, condannato in prime cure per i reati di
lesioni gravi e minacce commessi ai danni di Bonesi Giorgio nel corso di una lite
familiare, rilevando l’estinzione dei medesimi per prescrizione e confermava invece le
statuizioni civili della pronunzia di primo grado.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore deducendo la
violazione dell’art. 82 c.p.p. e correlati vizi motivazionali. In particolare il ricorrente

assunte in primo grado a carico del Brognoli e condannato quest’ultimo alla refusione
delle spese sostenute dalla parte civile nel grado, nonostante quest’ultima avesse già
ricevuto il pagamento della provvisionale disposta con la sentenza appellata e,
soprattutto, avesse nelle more agito dinanzi al giudice civile ai fini del risarcimento del
danno per cui vi era stata costituzione davanti a quello penale, iniziativa che aveva
comportato la revoca implicita della stessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Innanzi tutto è necessario premettere come il Bonesi si fosse ritualmente costituito
parte civile nel corso del giudizio di primo grado e come, pertanto, la sua
partecipazione al giudizio d’appello non necessitava – come invece sembra
implicitamente credere il ricorrente – di essere nuovamente ammessa in forza del
principio di immanenza della costituzione.
Ciò precisato, deve rilevarsi come nel caso di specie la Corte distrettuale abbia
correttamente ritenuto non ricorresse l’ipotesi di revoca implicita della suddetta
costituzione a seguito dell’instaurazione da parte del citato Bonesi di un giudizio civile
nei confronti dell’imputato. In tal senso i giudici d’appello hanno rilevato, per un verso,
come con la sentenza di primo grado fosse stata pronunziata nei confronti del Brognoli
condanna solo generica al risarcimento del danno causato dai reati in contestazione e,
per l’altro, che questi non avesse documentato l’identità tra l’oggetto dell’azione
esercitata in sede penale e quella proposta dinanzi al giudice civile, ritenendo che, in
assenza di specifici elementi di segno contrario, dovesse presumersi che la parte civile
in tale ultima occasione avesse agito all’esclusivo fine di ottenere la quantificazione di
quanto dovutogli.
La sentenza ha dunque fatto buon governo del consolidato principio per cui la
costituzione di parte civile non si intende tacitamente revocata se la parte propone
davanti al giudice civile la domanda per la quantificazione del risarcimento del danno
dopo aver ottenuto in sede penale l’affermazione del diritto ad ottenerlo, ancorchè la
relativa decisione non sia passata in giudicato, giacchè in tale ipotesi non si registra un

rileva come la Corte distrettuale abbia illegittimamente confermato le statuizioni civili

doppio esercizio della stessa azione, bensì l’esercizio di una azione autonoma fondata
sulla prima (Sez. 4, n. 43374 del 24 maggio 2007, P.C. e Cassone, Rv. 237907) ed ha
correttamente gravato l’imputato che eccepisce l’avvenuta revoca implicita della
costituzione dell’onere di dimostrare l’identità tra le due azioni.
Il ricorrente, invece, non solo si è limitato a ribadire la “omogeneità” delle due azioni concetto privo di significato ai fini dell’art. 82 comma 2 c.p.p. -, ma ha altresì fornito la
conferma della correttezza della presunzione formulata nella sentenza impugnata

l’appunto questa sia stata dichiaratamente finalizzata alla sola «liquidazione definitiva
di tutti i danni sofferti da Giorgio Bonesi per il fatto delittuoso commesso da Brognoli
Giuseppe» (p. 2 del ricorso). Né rileva in senso contrario – come preteso dallo stesso
ricorrente – che il giudice civile abbia sospeso ex art. 295 c.p.c. il giudizio in attesa
della definitività della pronunzia penale sull’an della pretesa risarcitoria, trattandosi di
adempimento imposto dall’art. 75 comma 3 c.p.p. proprio per l’ipotesi in cui l’azione
civile sia stata esercitata ai fini della determinazione del

quantum oggetto della

suddetta pretesa (Sez. 5, n. 12744 del 7 ottobre 1998, Faraon ed altro, Rv. 213416).
Quanto poi al fatto che nelle more del giudizio d’appello l’imputato abbia provveduto al
pagamento della provvisionale disposta dal giudice di prime cure e confermata da
quello d’appello, si tratta di circostanza del tutto ininfluente ai fini dell’immanenza della
costituzione, atteso che, per sua natura, la provvisionale contiene una liquidazione solo
parziale del danno sofferto dalla parte civile e non impedisce alla stessa di dimostrare
nel giudizio civile susseguente il maggior danno patito.
Il ricorso deve dunque essere rigettato e l’imputato condannato al pagamento delle
spese processuali e alla refusione di quelle sostenute nel grado dalla parte civile che si
liquidano in euro 1.200 oltre accessori secondo legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
al rimborso delle spese sostenute nel grado dalla parte civile che liquida in euro
1.200,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 29/4/2014

sull’oggetto dell’azione esercitata dinanzi al giudice civile, evidenziando come per

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