Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24006 del 18/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 24006 Anno 2014
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Cannata Natale, nato a Messina, il 2/1/1970;

avverso la sentenza del 26/6/2013 della Corte d’appello di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato
limitatamente al trattamento sanzionatorio e per il rigetto nel resto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 26 giugno 2013 la Corte d’appello di Messina confermava la
condanna di Cannata Natale pronunziata a seguito di giudizio direttissimo per i reati di
rissa aggravata, lesioni gravissime, porto ingiustificato di oggetto atto ad offendere e

Data Udienza: 18/03/2014

violazione delle prescrizioni imposte con l’applicazione di la misura di prevenzione della
sorveglianza speciale.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando due
motivi.
2.1 Con il primo deduce la violazione della legge processuale, riproponendo l’eccezione,
già rigettata dalla Corte distrettuale, relativa alla nullità determinata dalla trasmissione
degli atti da parte del Tribunale in composizione monocratica a quello in composizione

quest’ultimo dell’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 583 comma 2 n. 4 c.p.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta invece l’illegalità della pena irrogata nel
giudizio di primo grado e non rilevata dal giudice d’appello. Infatti il Tribunale,
nell’applicare l’aumento di pena conseguente al riconoscimento della contestata
recidiva, lo avrebbe determinato in misura superiore a quella prevista dall’art. 63
comma 4 c.p., disposizione di cui avrebbe dovuto tenere conto ricorrendo nel caso di
specie un’ipotesi di concorso materiale di aggravanti ad effetto speciale (la recidiva per
l’appunto – contestata come reiterata, specifica ed infraquinquennale – e quella di cui al
menzionato art. 583 comma 2 n. 4 c.p.).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.L’eccezione processuale proposta con il primo motivo è infondata e deve essere
rigettata.
1.1 Dagli atti risulta che, a seguito della contestazione ex art. 517 c.p.p.
dell’aggravante di cui all’art. 583 comma 2 n. 4 c.p. il giudice – che correttamente
sedeva in composizione monocratica alla luce dell’originaria qualificazione dei fatti
oggetto dell’imputazione – disponeva la trasmissione degli atti al Tribunale in
composizione collegiale, cui è attribuita la cognizione del reato di lesioni gravissime ai
sensi dell’art. 33 bis c.p.p.
1.2 II ricorrente lamenta – come già aveva fatto con il gravame di merito – l’irritualità
di tale trasmissione “orizzontale” in quanto operata in violazione di quanto disposto
dall’art. 521 bis c.p.p., atteso che per il suddetto reato, così come riqualificato in forza
della contestazione suppletiva, è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare,
adempimento che avrebbe dunque imposto ai sensi della norma succitata la
trasmissione degli atti al pubblico ministero.
1.3 Come accennato il rilievo è invero infondato.
1.3.1 Non è in dubbio che, se nei confronti del Cannata si fosse proceduto nelle forme
ordinarie – e cioè con citazione diretta a giudizio -, a seguito della contestazione nel
corso del dibattimento della menzionata aggravante il giudice, rilevato il proprio difetto
di attribuzione, avrebbe dovuto effettivamente retrocedere gli atti al pubblico ministero,

collegiale, anziché al pubblico ministero, a seguito della contestazione da parte di

garantendo all’imputato l’accesso all’udienza preliminare dalla quale sarebbe stato
altrimenti ingiustamente escluso, trovando applicazione in tal senso il dettato del
menzionato art. 521 bis del codice di rito.
1.3.2 Essendosi invece proceduto nei confronti dell’imputato a giudizio direttissimo (nel
cui ambito lo stesso ha peraltro esercitato il proprio diritto di accedere al giudizio
abbreviato condizionato), la suddetta disposizione non poteva trovare applicazione e
dunque deve ritenersi che correttamente il giudice abbia provveduto a trasmettere gli

reato non ha mutato la natura del giudizio che è rimasto quello direttissimo,
ritualmente instaurato dal pubblico ministero e nelle cui forme è possibile procedere
anche per le lesioni gravissime. Tale procedimento speciale, peraltro, non comporta la
celebrazione dell’udienza preliminare anche qualora, in virtù del titolo di reato
contestato, la stessa sarebbe prevista qualora si procedesse con rito ordinario.
Conseguentemente non può trovare applicazione in tal caso il disposto del citato art.
521 bis, la cui ratio, come accennato, è quella di evitare, attraverso il ricorso allo
strumento delle contestazioni suppletive, l’aggiramento della garanzia costituita
dall’udienza preliminare quando la sua celebrazione è effettivamente prevista. In altri
termini, se fin dall’inizio all’imputato fosse stato contestato il reato di lesioni
gravissime, comunque il pubblico ministero avrebbe potuto legittimamente procedere
nelle forme di cui all’art. 449 c.p.p. sottraendolo alla garanzia dell’udienza preliminare
(come peraltro avvenuto nel caso di specie con riguardo all’ulteriore reato di rissa
aggravata contestato al Cannata) e dunque l’attribuzione della cognizione del reato al
giudice in diversa composizione non può comportare una retrocessione dal rito
ritualmente instaurato, essendo quella illustrata fattispecie estranea alla previsione
dell’art. 521 bis c.p.p., che per l’appunto dispone la trasmissione degli atti al pubblico
ministero soltanto qualora per il reato sia prevista la celebrazione della suddetta
udienza.
1.3.3 Deve allora affermarsi il seguente principio: in caso di contestazione suppletiva
nel giudizio direttissimo che determini l’attribuzione del reato alla cognizione del
Tribunale in composizione collegiale, il giudice monocratico deve disporre la
trasmissione degli atti a quest’ultimo “per via orizzontale” e non al pubblico ministero
anche quando, in forza della diversa configurazione o qualificazione del fatto imputato,
si sarebbe dovuta tenere l’udienza preliminare e ciò in quanto il giudizio direttissimo è
instaurabile anche per i reati per cui tale udienza è prevista, mentre la trasmissione
degli atti al Tribunale in composizione collegiale non comporta il mutamento del rito già
regolarmente instaurato.
1.3.4 In senso sostanzialmente analogo si è del resto già espressa questa Corte in
precedente analoga occasione, affermando per l’appunto che, nell’ambito del giudizio
direttissimo, non si applica la disposizione di cui all’art. 521

bis c.p.p., con la

atti al Tribunale in composizione collegiale. Infatti, la modifica dell’attribuzione del

conseguenza che lo stesso deve proseguire con queste forme nell’ipotesi di intervenuta
modifica dell’imputazione, tale da far rientrare il reato fra quelli per cui é prevista
l’udienza preliminare (Sez. 1, n. 34681 del 28 settembre 2006, Confl.comp.in proc.
Riccardo, Rv. 235271).
1.3.5 Non ignora il Collegio che nel frattempo è intervenuta una ulteriore decisione di
questa Corte di segno apparentemente opposto (si tratta di Sez. 2, n. 35066 del 25
giugno 2008, Saad, Rv. 241814), ma ritiene di non poterne condividerne i contenuti.

pronunzia era parzialmente diversa, trattandosi della riqualificazione del fatto operata
dal giudice d’appello (regolata dunque non già dall’art. 521 bis, ma dall’art. 33 septies
c.p.p.) e, per l’altro, che i giudici della Seconda Sezione si sono limitati nell’occasione a
negare apoditticamente la necessità di coniugare il disposto delle norme richiamate con
la peculiarità del giudizio direttissimo alla luce della ratio che le ispira, così come
individuata in precedenza.
1.3.6 Inconferente è infine la lamentata violazione dell’art. 23 c.p.p. da parte del
ricorrente, dovendosi ribadire l’estraneità dell’istituto della ripartizione di attribuzione
tra Tribunale in composizione monocratica e collegiale a quello della competenza e
l’autonomia e non interferenza tra gli statuti normativi che li regolano (v. Sez. 2, n.
34183 del 6 ottobre 2006, Manis, in motivazione).

2. Coglie invece nel segno il secondo motivo. La Corte distrettuale ha infatti confermato
integralmente la quantificazione del trattamento sanzionatorio effettuata dal giudice di
prime cure senza avvedersi come la pena irrogata fosse sostanzialmente illegale nella
misura in cui il giudice di prime cure aveva aumentato di due terzi per la recidiva quella
determinata a seguito del calcolo delle altre aggravanti contestate all’imputato.
2.1 Va infatti ribadito che la recidiva reiterata ex art. 99 comma 4 c.p. (qual è quella
riconosciuta nei confronti del Cannata) è circostanza aggravante ad effetto speciale e
pertanto soggiace, in caso di concorso con circostanze aggravanti dello stesso tipo, alla
regola prevista dall’art. 63 comma 4 c.p. dell’applicazione della pena prevista per la
circostanza più grave eventualmente aumentata di un terzo (Sez. Un., n. 20798 del 24
febbraio 2011, P.G. in proc. Indelicato, Rv. 249664).
2.2 Posto dunque che all’imputato, oltre alla menzionata recidiva ed alle aggravanti ad
effetto comune di cui agli artt. 585 e 61 n. 1 c.p., era stata contestata anche
l’aggravante di cui all’art. 583 comma 2 n. 4 c.p., si era instaurata la descritta
situazione di concorso di aggravanti ad effetto speciale cui conseguiva la necessità, ai
sensi del citato quarto comma dell’art. 63, di stabilire quale fosse quella più grave (che
nel caso di specie doveva essere identificata con quella relativa alla natura delle lesioni
attesa l’entità dell’aumento della pena edittale prevista per il reato di cui all’art. 582
c.p. che comporta). Calcolato in tal senso il primo aumento sulla pena base il giudice

In proposito deve evidenziarsi, per un verso, che in realtà la fattispecie oggetto di tale

avrebbe dovuto stabilire se procedere all’aumento di un terzo per la recidiva (fornendo
adeguata seppur succinta motivazione della sua decisione se positiva) e poi applicare,
ai sensi del terzo comma dello stesso art. 63, gli ulteriori aumenti conseguenti alle altre
aggravanti ad effetto comune riconosciute. Sul risultato così conseguito andava poi
applicata la continuazione ed, infine, la diminuente processuale connessa al rito
abbreviato prescelto dall’imputato.
2.3 Non potendosi rimediare all’evidenziato errore di calcolo in questa sede ai sensi

discrezionalità del giudice del merito, la sentenza impugnata deve dunque essere
annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio alla Corte d’appello di
Reggio Calabria per nuovo esame sul punto, la quale si atterrà nel proprio giudizio ai
principi fissati in precedenza.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio
alla Corte d’appello di Reggio Calabria per nuovo esame sul punto. Rigetta nel resto.
Così deciso il 18/3/2014

dell’art. 619 c.p.p., comportando la rettifica anche valutazioni rimesse all’esclusiva

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