Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23989 del 16/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23989 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 16/05/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Di Noia Mario, nato il giorno 11 gennaio 1968, De
Capua Sebastiano, nato il 25 maggio 1957, avverso la sentenza della Corte di
appello diNapoli del 28 settembre 2012.Sentita la relazione della causa fatta
dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le conclusioni del sostituto
procuratore generaleGiuseppina Fodaroni, che ha chiesto dichiararsi
annullamento con rinvio sull’aggravante delle più persone riunite, e rigettarsi
nel resto i ricorsi; uditi i difensori degli imputati, avv. Francesco Rizzo per Di
Noia e avv. Giuseppe Siciliano per De Capua, che hanno chiesto accogliersi i
ricorsi.
RITENUTO IN FATTO

i

Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Napoli, decidendo sulla
impugnativa proposta contro la sentenza del Tribunale di Noia, di condanna di

Di Noia Mario e De Capua Sebastiano per irreatbloro ascrittg ha rideterminato
la pena originariamente inflitta, ha confermato nel resto.

Nel ricorso presentato nell’interesse del Di Nolasi lamentano violazione di
legge e vizio di motivazione:

1

1. per essere stato attribuito al ricorrente il ruolo di concorrente in una
estorsione consumata ( pur essendo egli intervenuto in un momento
successivo a quello in cui erano intervenuti i coimputati, ai quali è
attribuita in imputazione l’effettiva condotta estorsiva;
2. per essere state male interpretate le frasi rivolte dal ricorrente alla
persona offesa;
3. per essere stata travisata la prova costituita dalla deposizione resa

4.

per non aver dato risposta alle numerose doglianze perciò svolte
nell’atto di appello: con particolare riguardo alle necessitàttpra~
di procedere ai sensi degli artt. 518 ss. cod. proc. pen. essendo
emerso nel processo un fatto diverso da quello originariamente
imputato, ossia una truffa non soltanto tentata ma consumata; così
che avrebbe dovuto procedersi, nel rispetto del diritto di difesa, alla
restituzione degli atti al pubblico ministero al fine di assicurare il
principio di correlazione tra imputazione e sentenza, nonché di
procedere conseguentemente alla rinnovazione del dibattimento per
acquisizioni istruttorie ritenute;

5. per avere ritenuto integrata la fattispecie dell’aggravante del metodo
mafioso di cui all’art. 7 della legge n. 203 del 1991, in assenza di
emersioni istruttorie a supporto;
6.

per avere ritenuto integrata l’aggravante delle più persone riunite
prevista dall’art. 628 comma 3 cod. proc. pen. pur avendo l’imputato
agito da solo, e in un momento successivo a quello in cui si erano
presentati e rivolti alla persona offesa gli altri imputati;

7.

per non aver motivato la mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche.

Anche nel ricorso presentato nell’interesse di De Capua si svolgono i motivi
sulla violazione di legge e vizio di motivazione:
1. in ordine agli artt. 518 ss. cod. proc. pen. essendo emerso nel
processo un fatto diverso da quello originariamente imputato (ossia
una truffa non soltanto tentata ( ma consumata);
2. per essere stato attribuito al ricorrente il ruolo di concorrente in
assenza di motivazione;
3. per non avere ritenuto integrata l’ipotesi del mero tentativo;
4.

per avere ritenuto integrata la fattispecie dell’aggravante del metodo
mafioso di cui all’art. 7 della legge n. 203 del 1991 in assenza di

I”—

dalla persona offesa;

emersioni istruttorie a supporto;
5. per avere ritenuto integrata l’aggravante delle più persone riunite
prevista dall’art. 628 comma 3 cod. proc. pen.;
6. per non aver motivato la mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche e della circostanza della minima partecipazione di
cui all’art. 114 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO

quella di primo, il vizio di prova omessa (vizio di omessa pronuncia rispetto a
un significativo dato processuale o probatorio), o di prova “travisata”, (palese
divergenza del risultato probatorio rispetto all’elemento di prova emergente
dagli atti processuali) assume rilevanza, nel giudizio di legittimità, soltanto
quando l’errore disarticoli effettivamente l’intero ragionamento probatorio e
renda illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato
processuale/probatorio travisato.
Qualora, invece, ci si trovi innanzi ad una cd. doppia conforme (doppia
pronuncia di uguale segno) il vizio di travisamento della prova può essere
rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con
specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è
stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella
motivazione del provvedimento di secondo grado. Infatti, in considerazione
del limite del devolutum (che impedisce che si recuperino, in sede di
legittimità, elementi fattuali che comportino la rivisitazione dell’iter costruttivo
del fatto, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei
motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati
dal primo giudice) il sindacato di legittimità, deve limitarsi alla mera
constatazione dell’eventuale travisamento della prova, che consiste
nell’utilizzazione di una prova inesistente o nell’utilizzazione di un risultato di
prova incontrovertibilmente diverso, nella sua oggettività, da quello effettivo
(cfr. Cass., sez. II, 28.5.2008, n. 25883). Poiché ciò non è accaduto nel caso
di specie, non risultando che l’argomento probatorio asseritamente travisato
sia stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella
motivazione del provvedimento di secondo grado, le doglianze svolte al
riguardo sono manifestamente infondate.
Quanto ai numerosirilievi in ordine alla illogicità della motivazione, è
sufficiente richiamare la compiuta ricostruzione dei fatti svolta dal tribunale,
fatta propria dalla corte di appello a pagina 3 della motivazione, ulteriormente

Deve premettersi chenell’ipotesi di decisione di secondo grado difforme da

corroborata dalle considerazioni rese a pagina 4-5, con argomentazioni scevre
da manifeste illogicità, rispetto alle quali in entrambi i ricorsi ci si limita a meri
rilievi di fatto, insindacabili in sede di legittimità.
In particolare, il concorso nel delitto di estorsione risulta linearmente nel
ragionamento seguito dalla corte, essendo stati confermati dall’istruttoria, per
come IRDUrnmteLargomentato dalla corte territoriale, i capi di imputazione in
cui sono descritte condotte estorsive tenute dagli odierni ricorrenti in modo

Con riguardo alla reiezione della doglianza sulla violazione degli articoli 518
ss. cod. proc. pen. la corte ha correttamente rilevato che in seguito
all’audizione della persona offesa svoltasi nel contraddittorio delle parti il
tribunale aveva accolto la modifica dell’originaria imputazione disponendo gli
adempimenti previsti dal codice di rito essendo da detta deposizione emerso,
restando peraltro invariato il fatto storico nel suo nucleo centrale, che la
somma di denaro richiesta a titolo estorsivo era stata non soltanto promessa
ma anche effettivamente pagata.
In tal modo si è data applicazione dell’avviso di legittimità secondo cui rispetto
alla contestazione originaria, per “fatto nuovo” s’intende un fatto ulteriore e
autonomo rispetto a quello contestato, ossia un episodio storico che non si
sostituisce ad esso, ma che eventualmente vi si aggiunge, affiancandolo quale
autonomo themaliecidendum; mentre per “fatto diverso” deve intendersi non
solo un fatto che implichi una imputazione diversa, restando esso invariato,
ma anche un fatto che presenti connotati materiali difformi rispetto a quelli
descritti nella contestazione originaria (Cass. sez. VI, 26.3.2013, n. 26284);
cosicché l’obbligo di correlazione tra accusa e sentenza è violato non da
qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto nel caso in
cui la modificazione dell’imputazione pregiudichi la possibilità di difesa
dell’imputato: la nozione strutturale di “fatto” va coniugata con quella
funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto
di difesa, posto che il principio di necessaria correlazione tra accusa
contestata (oggetto di un potere del p.m.) e decisione giurisdizionale (oggetto
del potere del giudice) risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia
condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al
quale non abbia potuto difendersi (Cass. sez. I, 18.6.2013, n. 35574).
Ne discende anche la logicità della motivazione circa la reiezione della istanza
di rinnovazione dibattimentale connessa alla descritta doglianza, avendo
ritenuto la corte territoriale non modificata nella sostanza l’acclarata ipotesi

coordinato nei confronti della medesima persona offesa.

accusatoria e non indispensabile la chiesta integrazione probatoria a fronte
delle chiare risultanze già acquisite in atti.
Anche la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso risulta
sufficientemente motivata a pagina 5 della sentenza impugnata laddove si
i
osserva che neitesporre la richiesta estorsiva un coimputato non ricorrente del
presente processo, immediatamente preceduto dall’intimazione del ricorrente
De Capua, aveva lasciato chiaramente intendere alla vittima la propria

e sotto il cui controllo dovevano essere realizzati i lavori affidati all’impresa
taglieggiata.
Manifestamente infondata è pure la doglianza relativa alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti, sussistendo idonea motivazione a
pagina 5 della sentenza impugnata, in cui si osserva che la gravità del fatto
deve considerarsi ostativa alla concessione delle circostanze attenuanti
generiche e che il ruolo tenuto dagli odierni ricorrenti risulti di tale importanza

appartenenza o continuità con organizzazioni malavitose operanti sul territorio

da non essere compatibile con dell’invocata attenuante della minima_ batAcqp 1- .0L.- (”‘” /I4 c*,t
Quanto invece alla ricorrenza dell’aggravante del numero delle persone
riunite, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della giurisprudenza per
cui, nel reato di estorsione, la circostanza aggravante speciale delle più
persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone
nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia
(Cass. sez. un. 29.3.2012 n. 21837); ha infatti ritenuto integrata la fattispecie
pur risultando, già nella descrizione del capo di imputazione, che gli odierni
imputati hanno agito separatamente e in tempi diversi.
Deve tuttavia osservarsi che, senza considerare aumenti in ragione della detta
aggravante, il trattamento sanzionatorio concretamente comminato ai
ricorrenti, pari ad anni 6 di reclusione ed euro 1.000 di multa ciascuno,
attinge – anche let pena pecuniaria – la soglia minima ai sensi dell’art. 629
cod. pen. (nella versione applicabile nel caso de quo, attesa la collocazione dei
fatti negli anni 2003-2004, precedente alla novellazione introdotta dall’art.
4,comma 1, lett. b) I. 27.1.2012, n. 3), e non può essere ulteriormente
ridimensionato.
Ne discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
limitatamente alla ritenuta aggravante dell’avere agito in più persone riunite
e, nel resto, il rigettodel ricorso.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta

aggravante dell’avere agito in più persone riunite. Rigetta nel resto.
Roma, 16.5.2014

Fabrizio Di Marzio

Il Presidente
Matilde Cammino

Il Consigliere estensore

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