Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23987 del 16/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23987 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 16/05/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Cerrone Anna, nata il 16.6.1970/avverso la sentenza
della Corte di appello diBrescia del 21.2.2012.Sentita la relazione della causa
fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le conclusioni del sostituto
procuratore generaleGiuseppina Fodaroni, che ha chiesto dichiararsi il ricorso
inammissibile; udito il difensore dell’imputato, avv. GianfilippoElti, che ha
chiesto accogliersi il ricorso.
OSSERVA
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha confermato la
sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo in data 14 dicembre 2010
impugnata, tra gli altri, da Cerrone Anna, di condanna della stessa per i(reati, 4•.frit.g•oce,
ascrittde.
Nel ricorso presentato nell’interesse dell’imputata si lamentano violazione di
legge e vizio di motivazione per avere la corte territoriale fondato la propria
decisione su di un ragionamento che, valorizzando impropriamente la
deposizione della persona offesa costituitasi parte civile, appare alla difesa
anche manifestamente contraddittorio laddove afferma la responsabilità per

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estorsione pur in mancanza di una condotta minacciosa ascrivibile all’imputata
e in ogni caso pur in mancanza dei requisiti della serietà della minaccia
medesima, e pur rilevando i giudici uno stato di debolezza psicologica della
vittima (il che avrebbe dovuto determinare la qualificazione della condotta ai
sensi dell’art. 643 cod. pen.).
Il ricorso è manifestamente infondato, esaurendosi nella mera riproposizione
dei motivi già trattati nell’appello svolta, trascurando peraltro la motivazione

la sentenza impugnata. Questa, d’altronde, espone il vaglio di attendibilità
intrinseca ed estrinseca, realizzata dai giudici sulla deposizione della persona
offesa, indicando attentamente la sussistenza di elementi a riscontro, la
condotta di minaccia posta in essere dall’odierna imputata e la gravità della
stessa (in quanto consistita nel prospettare un danno grave alla figlia della
vittima la quale, riscontrata nella sua fragilità psicologica, è non di meno
definita in sentenza pienamente capace di intendere, volere e
autodeterminarsi).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente
al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 16.5.2014

resa dalla corte territoriale: evidenziando perciò un difetto di correlazione con

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