Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23983 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23983 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI L’AQUILA
nei confronti di:
CAPOSANO DOMENICO N. IL 19/09/1967
avverso l’ordinanza n. 352/2013 TRIB. LIBERTA’ di L’AQUILA, del
11/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ()Ce:” ,b, ‘ Atm” Weo5C0 i ege.

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Data Udienza: 15/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza dell’11.11.2013 il Tribunale del Riesame di L’Aquila, adito ex art. 309 cod. proc. pen. in sede di riesame avverso l’ordinanza con cui in
data 9.9. 2013 il Gip del Tribunale de L’Aquila aveva disposto la misura cautelare
della custodia in carcere, ha annullato la misura in questione applicata a CAPOSANO DOMENICO e ne ha ordinato l’immediata liberazione se non detenuto per
altra causa.
CAPOSANO DOMENICO era stato raggiunto dall’ordinanza custodiale in

• per il delitto di cui all’art. 74 co. 1, 2, 3 e 4 Dpr 309/90 e 4 I. 16.3.2006
n. 146 perché si associavano con altri allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di importazione -trasporto- acquisto- vendita e comunque illecita detenzione di sostanze stupefacenti del tipo eroina, in quantitativi assolutamente ingenti, ed in particolare allo scopo di commettere i vari reati fine indicati e separatamente contestati, con il ruolo, con altri, di associato, con mansioni di rivendita dello stupefacente ricevuto direttamente o per interposta persona
dagli organizzatori, occupatosi della cessione a terzi di ingenti quantitativi di
eroina sulla piazza di Pescara e centri limitrofi, recuperando i proventi e garantendo così all’organizzazione il flusso economico necessario a successive importazioni.
In Pescara e provincia, Chieti e provincia, provincia di Teramo, in altri
luoghi del territorio nazionale e in Albania, da epoca antecedente al luglio 2005 a
tutto l’anno 2007 (per altri indagati la condotta viene contestata come perdurante fino al maggio 2013).
Con la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennaie.
• per una imputazione relativa al delitto di cui agli artt. 81 cpv. , 110 cod.
pen, 73 co. 1 , ibis, 6 DPR 309/90 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, in concorso con altri e senza
l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi di cui all’art. 75 del medesimo decreto, acquistava quantitativi indeterminati di eroina al fine della successiva rivendita su piazza.
In Pescara in epoca compresa tra il gennaio 2006 ed il febbraio 2007.

2. Ricorre per la Cassazione del provvedimento il Procuratore della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila.
Viene sottolineato in primo luogo che gli indagati rispondono di ben due
reati gravi di cui uno associativo e relativi alla realizzazione degli interessi associativi di vendita su piazza dello stupefacente importato dall’Albania

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quanto indagato, nell’ambito del proc. n. 2729/2012 R.G.N.R.:

Il PM ricorrente lamenta che il tribunale del riesame abbia ritenuto insussistenti le esigenze cautelari poste a fondamento della misura applicata sul presupposto che occorresse specificamente argomentare in merito all’attualità, in
rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e che abbia evidenziato
come sia il PM che il GIP siano risultati carenti nei confronti di tale obbligo di motivazione.
Dopo aver ricordato, ancora, come il Collegio abbia ritenuto che l’organo
inquirente e giudicante (di conseguenza) abbiano fatto riferimento soltanto alla

le “condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere
il rilevanti sotto il profilo prognostico”, il PM ricorrente afferma, invece, la tesi
che le esigenze cautelari, a fronte di un reato del genere, sarebbero evidenti.
Si lamenta che il tribunale non avrebbe valutato la gravità della condotta
e la personalità dell’indagato.
Ci si duole che nella scarna motivazione del tribunale l’attualità sia confusa con la concretezza del pericolo di reiterazione di reati similari.
Si evidenzia per meglio chiarire il contesto accusatorio che l’indagine ha
avuto un ampio respiro, con rogatorie internazionali e azioni sotto copertura, regolarmente autorizzate, da cui è emerso che il Caposano , con la sua condotta,
entrato a far parte di una rete di spacciatori determinata e con compiti precisi alle dipendenze dirette di Gargívolo Luca (che ha reso ampie dichiarazioni sulle
modalità di spaccio).
Il Caposano -si prosegue in ricorso- per anni è stato un riferimento del
gruppo per il procacciamento del denaro per nuovi acquisti di partite di eroina
provenienti dall’estero e nemmeno può sottacersi che l’associazione sia perdurata fino al momento dell’esecuzione delle misure.
Il PM si duole che le esigenze cautelari sarebbero reali in quanto la condotta tenuta dall’indagato farebbe presumere la reiterazione di reati della stessa
specie di quelli per i quali si procede e il fatto che i reati siano stati ben descritti
dal collaboratore Gargivolo non sarebbe stato elemento probatorio sufficientemente analizzato dal tribunale del riesame che si è soffermato soltanto sull’attualità della condotta.
Il PM ricorrente lamenta che il tribunale incorrerebbe in difetto di motivazione ove non ha fatto riferimento alla personalità dell’indagato e all’apporto del
Caposano all’organizzazione criminale; pertanto non vi sarebbe stata valutazione
della gravità della condotta e della personalità dello stesso e con precedenti specifici. Nell’ordinanza poi, non ci sono stati richiami alle dichiarazioni di ben due
collaboratori di giustizia (il Gargivolo e il (ostivari). Né d’altra parte si sarebbe
valutato che il Caposano è tuttora dimorante nell’area di Pescara, luogo dei gra3

gravità delle condotte e non all’attualità delle stesse, soprattutto se si osservano

vissimi delitti commessi e contesto ove le organizzazioni criminali investigate-in
particolare il gruppo Gargivolo- hanno continuato ad incidere fino all’esecuzione
delle misure cautelari.
Viene riportato uno stralcio delle dichiarazioni rese da Gargivolo Luca sul
conto di Caposano all’interrogatorio del 24/11/2010.
Viene anche ricordato che per gli indiziati di far parte del sodalizio di cui
all’articolo 74 d.p.r. 309/90, per il disposto dell’articolo 275 co.3 cod. proc. pen.
come modificato sul punto dalla sentenza 231/2011 della Corte Costituzionale, la

elementi specifici in relazione al caso concreto da cui risulti diversamente: elementi che nella specie difettassero in modo assoluto.
Si pone all’attenzione di questa Suprema Corte il fatto che, proprio alla
luce del tempo trascorso dalla commissione dei fatti, esplicitamente rilevante per
il legislatore come si desume dall’articolo 292 co. 2 lett. c) cod. proc. pen. si è,
ritenuto che le esigenze cautelari non necessitassero nella misura custodiate per
tutti i concorrenti marginali che hanno ruotato nell’orbita dello spaccio professionale, di ben maggiore gravità, posto in essere dai soggetti investigati.
Sono stati, pertanto, esdusi dall’applicazione della misura quei piccoli
spacciatori che hanno ricevuto quantità nell’ordine delle decine di grammi per
volta, per un periodo limitato, che non fossero gravati da recidive ai sensi dei
commi 2, 3 e 4 dell’articolo 99 cod. pen.

Si chiede quindi a questa Suprema Corte di annullare il provvedimento
impugnato

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

2. Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame motiva in punto di assenza
di esigenze cautelari, premettendo che, ai sensi dell’ art. 292 lett. c) cod. proc.
pen., nell’ esposizione delle esigenze cautelari poste a fondamento della misura
applicata, occorre specificamente argomentare in merito all’attualità di tali esigenze in rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e poi ritenendo
“che la distanza temporale tra i fatti e il momento della dedsione cautelare (nella
fattispecie la condotta criminosa contestata è cessata nel 2007 e quindi a distanza di 6 anni dall’applicazione della misura), giacché tendenzialmente dissonante
con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo
di motivazione sia in relazione a detta attualità sia in relazione alia scelta della
misura (cfr. per tutte Cass. n. 27865 del 10/06/2009)”.

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custodia in carcere si presume unica misura adeguata salvo che siano acquisiti

Il Tribunale prosegue poi spiegando perché, evidentemente, non ritiene,
come pure avrebbe potuto, di integrare la motivazione, laddove evidenzia che
“nella fattispecie in esame l’esposizione della richiesta approfondita analisi difetta o è carente sia nella ordinanza cautelare che nella richiesta del Pubblico Ministero, ovvero fa riferimento alla gravità del fatto e non alla constatazione di
condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere e
rilevanti sotto il profilo prognostico°.
In altri termini, il Tribunale del riesame de L’Aquila ritiene che la richiesta

annullata, difettando di dati spedfid circa l’attualità delle esigenze cautelari in
relazione alla specifica posizione anche la stessa richiesta del PM.
In tal senso appare peraltro comprensibile e giustificato che il tribunale
del riesame, una volta valutato che difetta il requisito della attualità, non si soffermi sulla specificità del quadro indiziarlo a carico del singolo, comunque risalente nel tempo. Del resto anche gli stralci di dichiarazioni e intercettazioni riportati nell’odierno ricorso per cassazione dal PM non riguardano fatti recenti, ma
sempre i fatti che sono confluiti nella imputazione o comunque quelli risalenti al
2006-2007 (le telefonate in questione sono del 13.1.2006 e del 2.3.2006).
Peraltro, va qui aggiunto, anche nell’odierno ricorso per cassazione vengono sollecitate a questa Corte valutazioni certamente pertinenti alle esigenze
cautelari, qual è quella relativa alla capacità a delinquere dell’imputato desunta
dai suoi precedenti penali o dal ruolo che si ipotizza lo stesso abbia avuto
nell’organizzazione criminale, ma nulla si deduce in via specifica e concreta per
poter affermare l’attualità delle esigenze cautelari.
Non vengono, in altri termini, specificati in alcun modo, nell’atto introduttivo di questo giudizio di legittimità, profili specifici di attualizzazione della condotta.
Rimane ad esempio allo stadio di mera enunciazione l’affermazione secondo cui il Caposano per anni sarebbe stato un riferimento del gruppo per il
procacciamento del danaro per nuovi acquisti di partite di eroina provenienti
dall’estero e quella per cui l’organizzazione criminale si assume essere stata attiva fino ai giorni nostri.
Un’affermazione che pare stridere con il fatto che all’indagato in questione non è stata contestata l’appartenenza all’associazione criminale fino ai giorni
nostri.
Osserva ancora il Tribunale che “gli enunciati diretti ad evidenziare l’attualità della misura (salve alcune posizioni specificamente evidenziate) sono
formulati in via generale e privi di una analitica individuazione per ciascuno degli
indagati delle concrete circostanze riferibili a condotte attuate dal singolo indaga5

di misura cautelare non poteva essere accolta, e perciò l’ordinanza del Gip viene

to, che siano sintomatiche dell’irresistibile inclinazione ed attuale determinazione
(già maturata e non solo astrattamente possibile) di ciascuno a porre in essere
attività dirette ad alterare le risultanze istruttorie, sottrarsi all’ esecuzione della
pena o intraprendere nuove iniziative criminali della stessa specie
(l’indagine emergente dagli atti depositati appare specificamente finalizzata all’
esercizio dell’azione penale e non figurano al momento diramazioni specificamente dirette all’ esercizio dell’azione cautelare)”.
Peraltro, va qui aggiunto, anche nell’odierno ricorso per cassazione ven-

cautelari, qual è quella relativa alla capacità a delinquere dell’imputato desunta
dai suoi precedenti penali o al ruolo che si ipotizza lo stesso abbia avuto
nell’organizzazione criminale, ma nulla si deduce in via specifica e concreta per
poter affermare l’attualità delle esigenze cautelari.

3. Sul punto va ricordato che questa Corte ha in più occasioni ricordato

come in tema di misure cautelari personali, qualora venga richiesta la custodia in
carcere per reati commessi dall’imputato in epoca non recente, il giudice, nell’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano la misura richiesta ai sensi dell’art. 292 comma 2 lett. c) cod. proc. pen., deve procedere ad individuare, in modo particolarmente specifico e dettagliato, gli elementi
concludenti atti a cogliere l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione
criminosa fronteggiabile soltanto con la permanenza in carcere, evidenziando il
perdurante collegamento dell’imputato con l’ambiente in cui il delitto è maturato
e, quindi, la sua concreta prodívità a delinquere (così sez. 6, n. 10673 del
15.1.2003, Khiar M. Z. ed altro, rv. 223967).
Se il tempo trascorso dalla commissione del reato non esdude automaticamente l’attualità e la concretezza delle condizioni di cui all’art. 274 c.p.p.,
comma 1, lett. c) (come ricorda sez. 4, n. 6717 del 26.6.2007, Rocchetti, rv.
239019) tuttavia è indubbio la distanza temporale tra i fatti e il momento della
decisione cautelare, giacché tendenzialmente dissonante con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in
relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della misura (così Sez. 6, n.
27865 del 10.6.2009, Scollo, rv. 244417 nell’esaminare una fattispecie di intervenuta adozione della custodia cautelare in carcere per fatti risalenti a tre anni
prima proprio in relazione ad un caso in cui erano in contestazione i reati di cui
agli artt. 74 e 73 Dpr. 309/90).
Di recente è stato ribadito come in tema di misure cautelari, lo specifico
riferimento dell’art. 292, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen. alla valutazione del “tempo trascorso dalla commissione del reato”, implica che la pregnanza
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gono sollecitate a questa Corte valutazioni certamente pertinenti alle esigenze

del pericolo di recidiva si “attualizza” in proporzione diretta con il “tempus com-

missi delich” , in quanto alla maggior distanza temporale dei fatti corrisponde, di
regola, un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela. (Sez. 6, n.
20112 del 26.2.2013, P.M. in Proc. Strassii e altro, rv. 255725, fattispecie in cui i
fatti contestati, integranti reati contro la P.A., erano anteriori di circa tre anni rispetto all’adozione della misura degli arresti domidliari; conf. sez. 2, n. 47416
del 30.11.2011, Pantano, rv. 252050).

tualizzino le esigenze cautelari manchino, come detto, anche nella richiesta del
pm.
E il pm ricorrente, a fronte peraltro di un reato associativo che risulta contestato con una data finale (individuata ‘a tutto l’anno 20071 e di un reato fine
contestato fino al febbraio 2007, nulla dice su cosa sia accaduto nei sei anni successivi che hanno preceduto la richiesta della misura.
Anche nell’odierno ricorso, al di là della generica doglianza che non si sarebbero ben valutate le dichiarazioni di Gargivolo Luca nulla si dice di quali passi
delle stesse consentirebbero di far ritenere attuali gli apporti del Caposano I sodalizio criminale.
Peraltro il Caposano -come si diceva- non rientra neanche tra quei coimputati per í quali il medesimo reato associativo è stato contestato “con condotta

perdurante fino al maggio 2013”.
Sembra quasi che dalla gravità dei fatti in contestazione il Pm ricorrente
desuma una sorta di presunzione di attualità delle esigenze cautelari.
Anche il richiamo alla previsione di cui all’art. 275 co. 3 cod. proc. pen.
come modificato dalla sentenza 231/2011 della Corte Costituzionale non pare
conferente con l’odierno thema deddendi.
La norma in questione, infatti, prevede una presunzione di adeguatezza
della custodia in carcere. Ma occorre pur sempre che d siano le esigenze cauteari.
La motivazione del tribunale aquilano appare logica e coerente, e pertanto
immune da vizi di legittimità.
Va peraltro ricordato che nel sistema processualpenalístico vigente, così
come non è conferita a questa Corte di legittimità alcuna possibilità di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli
indizi, non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
del fatto o di quelle soggettive dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle
stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate.
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4. Nel caso che ci occupa il Tribunale del Riesame ritiene che i dati che at-

Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esdusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché, in sede di gravame della stessa, del tribunale del riesame.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del PM.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2014
ensore

Il Presidente

Il Co sigliere

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