Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23982 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23982 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI L’AQUILA
nei confronti di:
VELJA REJNALD N. IL 01/02/1986
avverso l’ordinanza n. 346/2013 TRIB. LIBERTA’ di L’AQUILA, del
07/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Ucto
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Data Udienza: 15/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 7.11.2013 il Tribunale del Riesame dì. L’Aquila ha
accolto la richiesta di riesame avanzata da VELJA RONALD avverso l’ordinanza
con cui in data 9.9.2013 il Gip presso il medesimo tribunale aveva disposto nei
confronti dello stesso la misura cautelare della custodia in carcere, disponendone
per l’effetto l’immediata remissione in libertà se non detenuto per altra causa.
VELJA RONALD era stato raggiunto dall’ordinanza custodiale in quanto
indagato, nell’ambito del proc. n. 2729/2012 R.G.N.R.:

pen, 73 co. 1 e 6, e 80 DPR 309/90 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, in concorso con altri e senza
l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi di cui all’art. 75 del medesimo decreto, importava in Italia in un’occasione kg 20 di eroina, con le modalità
indicate in imputazione, riesportandone poi almeno 8 kg, e nell’altra compravendeva kg 16,5 di eroina (di cui 13,760 poi sequestrati).
I fatti vengono contestati come realizzati il primo in Ravenna, Bologna,
Milano e in Albania in epoca antecedente e prossima al 29 luglio 2006 e il secondo in Chieti, Pescara e Albania almeno sino al 12 settembre 2008.
Con la recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale.

2. Ricorre per la cassazione del provvedimento il Procuratore della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila.
Il PM ricorrente lamenta che il tribunale del riesame abbia ritenuto insussistenti le esigenze cautelari poste a fondamento della misura applicata sul presupposto che occorresse specificamente argomentare in merito all’attualità, in
rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e che abbia evidenziato
come sia il PM che il GIP siano risultati carenti nei confronti di tale obbligo di motivazione.
Dopo aver ricordato, ancora, come il Collegio abbia ritenuto che l’organo
inquirente e giudicante (di conseguenza) abbiano fatto riferimento soltanto alla
gravità delle condotte e non all’attualità delle stesse, soprattutto se si osservano

le “condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere
il rilevanti sotto il profilo prognostico” ,

il PM ricorrente afferma, invece, la tesi

che le esigenze cautelari, a fronte di un reato del genere, sarebbero evidenti.
Viene sottolineato, in primo luogo, che l’indagato risponde di ben due reati gravi di importazione dall’Albania di decine di chilogrammi di eroina e non è
immune da pregiudizi penali, specifici e reiterati. Si lamenta che il tribunale non
avrebbe posto per nulla l’accento sul fatto che il Velja era già stato condannato
per reati della stessa specie di quelli per cui si sta procedendo e non avrebbe va-

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• per due imputazioni relative al delitto di cui agli artt. 81 cpv. , 110 cod.

lutato assolutamente il quadro indiziarlo a suo carico, dimentico di motivare anche sulla personalità dello stesso.
Si evidenzia, per meglio chiarire il contesto accusatorio, che l’indagine ha
avuto un ampio respiro, con rogatorie internazionali e azioni sotto copertura, regolarmente autorizzate, da cui è emerso che il Velja, con le sue condotte, è entrato a far parte di organizzazioni criminali dedite al trasporto internazionale di
stupefacente, che alla fine per la maggior parte giungeva in Abruzzo.
Lo stesso per ben due anni è stato il portavoce di un’organizzazione cri-

Ci si lamenta che le esigenze c.autelari sarebbero reali in quanto la condotta tenuta dallo stesso fa presumere per la reiterazione dei reati della stessa
specie di quelli per i quali si procede e anche il fatto che l’apporto all’organizzazione, ben descritto dal Gostivari, non sia stato elemento probatorio analizzato
dal tribunale del riesame che si è soffermato soltanto sull’attualità della condotta.
Invero il tribunale del riesame incorrerebbe in difetto di motivazione, secondo il PM ricorrente, ove non fa riferimento alla personalità dell’indagato e
all’apporto dello stesso ai singoli episodi utili per l’organizzazione: pertanto non
vi sarebbe stata valutazione della gravità della condotta e della personalità di un
indagato con precedenti specifici, e nemmeno nell’ordinanza vi sono richiami alle
dichiarazioni di ben due collaboratori di giustizia (il Gargivolo e il Gostivari) che
ritengono l’indagato e il fratello Roland quali riferimenti certi per il narcotraffico
nel territorio abruzzese.
Si sottolinea che, d’altra parte, l’indagato è tuttora dimorante nell’area di
Pescara, luogo dei gravissimi delitti commessi e contesto ove le organizzazioni
criminali investigate -in particolare il gruppo Gargivolo- hanno continuato ad incidere fino all’esecuzione delle misure cautelari.
Si riportano le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia sul conto del
Velja e, in particolare, uno stralcio dell’interrogatorio del 4/6/2013 del Gostivari
dal quale si evincerebbe l’apporto partecipativo ai traffici illeciti in questione del
Velja.
Si conclude evidenziando come se pure l’imputazione provvisoria non abbia consentito di ipotizzarne anche l’appartenenza ad una delle tre organizzazioni
individuate (in quanto si è ritenuto non esservi elementi sufficienti per tale contestazione) non può condividersi la scarna motivazione del tribunale in quanto
l’attualità non deve confondersi con la concretezza del pericolo di reiterazione dei
reati similari.

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minale stanziale in Abruzzo che è stata attiva fino ai giorni nostri.

Si chiede quindi a questa Suprema Corte di annullare il provvedimento
impugnato

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

2. Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame motiva in punto di assenza
di esigenze cautelarí, premettendo che, ai sensi dell’ art. 292 lett. c) cod. proc.

applicata occorre specificamente argomentare in merito all’attualità di tali esigenze in rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e poi ritenendo
“che la distanza temporale tra i fatti e il momento della dedsione cautelare (nella
fattispecie la condotta criminosa contestata è cessata nel 2008 e quindi a distanza di 5 anni dall’applicazione della misura), giacché tendenzialmente dissonante
con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo
di motivazione sia in relazione a detta attualità sia in relazione alía scelta della
misura (cfr. per tutte Cass. n. 27865 del 10/06/2009)”.
Il Tribunale prosegue poi spiegando perché, evidentemente, non ritiene,
come pure avrebbe potuto, di integrare la motivazione, laddove evidenzia che
“nella fattispecie in esame l’esposizione della richiesta approfondita analisi difetta o e carente sia nella ordinanza cautelare che nella richiesta del Pubblico Ministero, ovvero fa riferimento alla gravita del fatto e non alla constatazione di
condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere e
rilevanti sotto il profilo prognostico”.
In altri termini, il Tribunale del riesame de L’Aquila ritiene che la richiesta
di misura cautelare non poteva essere accolta, e perciò l’ordinanza del Gip viene
annullata, difettando di dati specifici circa l’attualità delle esigenze cautelari in
relazione alla specifica posizione anche la stessa richiesta del PM.
E appare peraltro comprensibile e giustificato che il tribunale del riesame,
una volta valutato che difetta il requisito della attualità, non si soffermi sulla
specificità del quadro indiziarlo a carico del singolo, comunque risalente nel tempo. Del resto anche gli stralci di dichiarazione riportati nell’odierno ricorso per
cassazione dal PM non riguardano fatti recenti, ma sempre í fatti che sono confluiti nella imputazione o comunque quelli risalenti al 2008.
Peraltro, va qui aggiunto, anche nell’odierno ricorso per cassazione vengono sollecitate a questa Corte valutazioni certamente pertinenti alle esigenze
cautelari, qual è quella relativa alla capacità a delinquere dell’imputato desunta
dai suoi precedenti penali o dal ruolo che si ipotizza lo stesso abbia avuto

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pen., nell’ esposizione delle esigenze cautelari poste a fondamento della misura

nell’organizzazione criminale, ma nulla si deduce in via specifica e concreta per
poter affermare l’attualità delle esigenze cautelari.
Non vengono, in altri termini, specificati in alcun modo, nell’atto introduttivo di questo giudizio di legittimità, profili specifici di attualizzazione della condotta.
Rimane ad esempio allo stadio di mera enunciazione l’affermazione secondo cui Velja per due anni (evidentemente sempre 2006-2008) sarebbe stato
“il portavoce” di un’organizzazione criminale stanziale in Abruzzo che si assume

Un’affermazione che pare stridere con il fatto che all’indagato in questione non è stata contestata l’appartenenza all’associazione criminale in ogni caso
non suffragata da elementi specifici di riscontro circa l’affermazione della attualità sino ai giorni nostri.
In tal senso nemmeno aiutano gli stralci delle dichiarazioni del Gostivari
riportate in ricorso laddove lo stesso fa riferimento a carichi di eroina giunti in
Italia subito dopo la sua scarcerazione avvenuta il 2/7/2007.

3. Sul punto va ricordato che questa Corte ha, in più occasioni, ricordato
come in tema di misure cautelari personali, qualora venga richiesta la custodia in
carcere per reati commessi dall’imputato in epoca non recente, il giudice, nell’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano la misura richiesta ai sensi dell’art. 292 comma 2 lett. c) cod. proc. pen., deve procedere ad individuare, in modo particolarmente specifico e dettagliato, gli elementi
concludenti atti a cogliere l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione
criminosa fronteggiabile soltanto con la permanenza in carcere, evidenziando il
perdurante collegamento dell’imputato con l’ambiente in cui il delitto è maturato
e, quindi, la sua concreta proclività a delinquere (così sez. 6, n. 10673 del
15.1.2003, Khiar M. Z. ed altro, rv. 223967).
Se il tempo trascorso dalla commissione del reato non esclude automaticamente l’attualità e la concretezza delle condizioni di cui all’art. 274 c.p.p.,
comma 1, lett. c) (come ricorda sez. 4, n. 6717 del 26.6.2007, Rocchetti, rv.
239019) tuttavia è indubbio la distanza temporale tra i fatti e il momento della
decisione cautelare, giacché tendenzialmente dissonante con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in
relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della misura (così Sez. 6, n.
27865 del 10.6.2009, Scollo, rv. 244417 nell’esaminare una fattispecie di intervenuta adozione della custodia cautelare in carcere per fatti risalenti a tre anni
prima proprio in relazione ad un caso in cui erano in contestazione i reati di cui
agli artt. 74 e 73 Dpr. 309/90).
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essere stata attiva fino ai giorni nostri.

Di recente è stato ribadito come in tema di misure cautelari, lo specifico
riferimento dell’art. 292, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen. alla valutazione del “tempo trascorso dalla commissione del reato”, implica che la pregnanza
del pericolo di recidiva si “attualizza” in proporzione diretta con il “tempus com~si delitti”, in quanto alla maggior distanza temporale dei fatti corrisponde, di
regola, un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela. (Sez. 6, n.
20112 del 26.2.2013, P.M. in Proc. Strassil e altro, rv. 255725, fattispecie in cui í
fatti contestati, integranti reati contro la P.A., erano anteriori di circa tre anni ri-

del 30.11.2011, Pantano, rv. 252050).

4. Nel caso che ci occupa il Tribunale del Riesame ritiene che i dati che at-

tualizzino le esigenze cautelari manchino, come detto, anche nella richiesta del
pm.
In ricorso sembra quasi che il PM affermi che dalla gravità dei fatti in contestazione debba desumersi una sorta di presunzione di esigenze cautelari. Ma
così non é.
Va peraltro ricordato che nel sistema processualpenalistico vigente, così
come non è conferita a questa Corte di legittimità alcuna possibilità di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli
indizi, non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
del fatto o di quelle soggettive dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle
stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate.
Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esdusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché, in sede di gravame della stessa, del tribunale del riesame.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso del PM.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2014
Il o sigliere

nsore

spetto all’adozione della misura degli arresti domidliari; conf. sez. 2, n. 47416

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