Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23981 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23981 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI L’AQUILA
nei confronti di:
SAGAZIO FABIO N. IL 05/08/1982
avverso l’ordinanza n. 351/2013 TRIB. LIBERTA’ di L’AQUILA, del
11/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
4ette/sentite le conclusioni del PG Dott. Viti, CD’A-rnbl ie0S-Z-0

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Data Udienza: 15/05/2014

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RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza dell’11.11.2013 il Tribunale del Riesame di L’Aquila ha
accolto la richiesta di riesame avanzata da SAGAZIO FABIO avverso l’ordinanza
con cui in data 9.9.2013 il Gip presso il medesimo tribunale aveva disposto nei
confronti dello stesso la misura cautelare della custodia in carcere, disponendone
per l’effetto l’immediata remissione in libertà se non detenuto per altra causa.
SAGAZIO FABIO era stato raggiunto dall’ordinanza custodiale in quanto
indagato, nell’ambito del proc. n. 2729/2012 R.G.N.R.:
• per un’unica imputazione relativa al delitto di cui agli artt. 81 cpv. , 110
cod. pen, 73 co. 1 e 6, e 80 DPR 309/90 perché con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, in concorso con altri e senza
l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi di cui all’art. 75 del medesimo decreto, importava in Italia kg 15,3 di eroina, con le modalità indicate in imputazione.
In Città S. Angelo (PE) e Albania tra il 1 dicembre 2005 ed il 20 dicembre
2005, data del sequestro.

2. Ricorre per la Cassazione del provvedimento il Procuratore della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila.
Il PM ricorrente lamenta che il tribunale del riesame abbia ritenuto insussistenti le esigenze cautelari poste a fondamento della misura applicata sul presupposto che occorresse specificamente argomentare in merito all’attualità, in
rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e che abbia evidenziato
come sia il PM che il GIP siano risultati carenti nei confronti di tale obbligo di motivazione.
Dopo aver ricordato, ancora, come il Collegio abbia ritenuto che l’organo
inquirente e giudicante (di conseguenza) abbiano fatto riferimento soltanto alla
gravità delle condotte e non all’attualità delle stesse, soprattutto se si osservano
le “condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere
il rilevanti sotto il profilo prognostico” , il PM ricorrente afferma, invece, la tesi
che le esigenze cautelari, a fronte di un reato del genere, sarebbero evidenti.
Viene sottolineato, in primo luogo, che l’indagato risponde di un reato
(trasporto di 15,8 – rectius 15,3 – chilogrammi di eroina) e tale trasporto, di per
sé, sarebbe sufficiente per il PM ricorrente (visto il contestato articolo 80 d.p.r.
309 90) per la richiesta di misura, ma ciò che allarma che non essendo carente
l’obbligo di motivazione e soprattutto avendo egli esplicitato le condotte di ognuno, per ogni singolo capo di imputazione contestato (sistema che ha poi seguito
anche il Gip), sembrerebbe che il tribunale si sia limitato alla lettura di
quell’unico capo di imputazione dimentico che l’ordinanza di custodia cautelare,

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írse carente, dovrebbe essere colmata dal giudice del riesame nell’ipotesi in cui il
pm ne abbia evidenziato la gravità, le fonti di prova ed il pericolo di reiterazione
dei reati della stessa specie di quelli per i quali si procede.
Vengono riportate le dichiarazioni di Gargivolo Luca nell’interrogatorio
versato in atti del 13 giugno 2011, in cui lo stesso specifica che Sagazio Fabio
sarebbe colui che viene genericamente chiamato “Fabio”.
Il pubblico ministero ricorrente si duole che il tribunale, essendosi soffermato sulla singola condotta contestata, non avrebbe preso in considerazione che

c’era la sola chiamate in correità dei Gostivari, compare anche negli accadimenti
trasfusi nel capo d’imputazione numero 45 per fatti del 2008.
Si evidenzia per meglio chiarire il contesto accusatorio che l’indagine ha
avuto un ampio respiro, con rogatorie internazionali e azioni sotto copertura, regolarmente autorizzate, da cui è emerso che il Sagazio, con le sue condotte reiterate nel tempo (seppur da poter valutare non come reati connessi, ma come
indizi di una personalità indine alla commissione di reati della stessa specie di
quelli contestati) con le sue condotte è entrato a far parte di organizzazioni criminali dedite al trasporto internazionale di stupefacente, che alla fine per la
maggior parte giungeva in Abruzzo. Per più di tre anni egli sarebbe stato, in particolare, il riferimento di Martelli Roberto, capo di un’organizzazione criminale
stanziale in Abruzzo che è stata attiva fino ai nostri giorni
Ci si lamenta che le esigenze cautelari sarebbero reali, in quanto la condotta tenuta dal Sagazio fa presumere per la reiterazione dei reati della stessa
specie di quelli per i quali si procede, e, in uno con il fatto che l’apporto all’organizzazione é stato ben descritto dal Gostivari e dal Gargivolo, non sembrerebbero
essere stati elementi probatori analizzati dal tribunale del riesame, che si sarebbe soffermato soltanto sull’attualità della condotta.
Invero il tribunale del riesame apparirebbe in difetto di motivazione, secondo il PM ricorrente, ove non fa riferimento alla personalità dell’indagato e alle
condotte reiterate poste in essere dallo stesso, rilevanti per l’associazione, nonché alla sua personalità: pertanto non vi sarebbe stata valutazione della gravità
della condotta, della recidiva contestata, né in ordinanza vi sono richiami alle dichiarazioni di ben due collaboratori di giustizia (il Gargivolo e il Gostivari) che ritengono il Sagazio riferimento certo per il narcotraffico nel territorio abruzzese.
Si sottolinea che, d’altra parte, l’indagato è tuttora dimorante nell’area di
Pescara, luogo di gravissimi delitti commessi e contesto e organizzazioni criminali investigate -in particolare il gruppo Gargivolo- hanno continuato ad incidere fino all’esecuzione delle misure cautelari.

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il Sagazio, ancorché non vi sia specifica contestazione a lui perché a suo carico

Si condude evidenziando come, se pure l’imputazione provvisoria non abbia consentito di ipotizzare anche l’appartenenza ad una delle tre organizzazioni
individuate (perché sul punto si è ritenuto non esservi elementi sufficienti per tale contestazione) non può condividersi la scarna motivazione del tribunale, in
quanto l’attualità non deve confondersi con la concretezza del pericolo di reiterazione dei reati similari.

Si chiede quindi a questa Suprema Corte di annullare il provvedimento

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

2. Nel caso di specie, il Tribunale dei Riesame motiva in punto di assenza
di esigenze cautelari, premettendo che, ai sensi dell’ art. 292 lett. c) cod. proc.
pen., nell’ esposizione delle esigenze cautelari poste a fondamento della misura
applicata occorre specificamente argomentare in merito all’attualità di tali esigenze in rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e poi ritenendo
“che la distanza temporale tra i fatti e il momento della dedsione cautelare (nella
fattispecie la condotta criminosa contestata é cessata nel 2005 e quindi a distanza di 8 anni dall’applicazione della misura), giacché tendenzialmente dissonante
con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo
di motivazione sia in relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della
misura (cfr. per tutte Cass. n. 27865 del 10/06/20097′ .
Il Tribunale prosegue poi spiegando perché, evidentemente, non ritiene,
come pure avrebbe potuto, di integrare la motivazione, laddove evidenzia che
“nella fattispecie in esame l’esposizione della richiesta approfondita analisi difetta o e carente sia nella ordínanza cautelare che nella richiesta del Pubblico Ministero, ovvero fa riferimento alla gravita del fatto e non alla constatazione di
condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere e
rilevanti sotto il profilo prognostico”.
In altri termini, il Tribunale del riesame de L’Aquila ritiene che la richiesta
di misura cautelare non poteva essere accolta, e perciò l’ordinanza del Gip viene
annullata, difettando di dati specifici circa l’attualità delle esigenze cautelarí in
relazione alla specifica posizione anche la stessa richiesta dei PM.
E appare peraltro comprensibile e giustificato che il tribunale del riesame,
una volta valutato che difetta il requisito della attualità non si soffermi sulla specificità dei quadro indiziario a carico del singolo, comunque risalente nel tempo.
Del resto anche gli stralci dichiarazione riportati nell’odierno ricorso per cassa4

impugnato

zione dal PM non riguardano fatti recenti, ma sempre i fatti che sono confluiti
nella imputazione o comunque quelli risalenti al 2008.
Osserva ancora il Tribunale che “gli enunciati diretti ad evidenziare l’attualità della misura (salve alcune posizioni specificamente evidenziate) sono
formulati in via generale e privi di una analitica individuazione per ciascuno degli
indagati delle concrete circostanze riferibili a condotte attuate dal singolo indagato, che siano sintomatiche dell’irresistibile inclinazione ed attuale determinazione
(già maturata e non solo astrattamente possibile) di ciascuno a porre in essere

pena o intraprendere nuove iniziative criminali della stessa specie
(l’indagine emergente dagli atti depositati appare specificamente finalizzata alli
esercizio dell’azione penale e non figurano al momento diramazioni specificamente dirette all’ esercizio dell’azione cautelare)”.
Peraltro, va qui aggiunto, anche nell’odierno ricorso per cassazione vengono sollecitate a questa Corte valutazioni certamente pertinenti alle esigenze
cautelari, qual è quella relativa alla capacità a delinquere dell’imputato desunta
dai suoi precedenti penali o al ruolo che si ipotizza lo stesso abbia avuto
nell’organizzazione criminale, ma nulla si deduce in via specifica e concreta per
poter affermare l’attualità delle esigenze cautelari.
Non vengono, in altri termini, specificati in alcun modo, nell’atto introduttivo di questo giudizio di legittimità, profili specifici di attualizzazione della condotta.

3. Sul punto va ricordato che questa Corte ha, in più occasioni, ricordato
come in tema di misure cautelari personali, qualora venga richiesta la custodia in
carcere per reati commessi dall’imputato in epoca non recente, il giudice, nell’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano la misura richiesta ai sensi dell’art. 292 comma 2 lett. c) cod. proc. pen., deve procedere ad individuare, in modo particolarmente specifico e dettagliato, gli elementi
concludenti atti a cogliere l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione
criminosa fronteggiabile soltanto con la permanenza in carcere, evidenziando il
perdurante collegamento dell’imputato con l’ambiente in cui il delitto è maturato
e, quindi, la sua concreta proclività a delinquere (così sez. 6, n. 10673 del
15.1.2003, Khiar M. Z. ed altro, rv. 223967).
Se il tempo trascorso dalla commissione del reato non esclude automaticamente l’attualità e la concretezza delle condizioni di cui all’art. 274 c.p.p.,
comma 1, lett. c) (come ricorda sez. 4, n. 6717 del 26.6.2007, Rocchetti, rv.
239019) tuttavia è indubbio la distanza temporale tra i fatti e il momento della
decisione cautelare, giacché tendenzialmente dissonante con l’attualità e l’inten5

attività dirette ad alterare le risultanze istruttorie, sottrarsi all’ esecuzione della

sità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in
relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della misura (così Sez. 6, n.
27865 del 10.6.2009, Scollo, rv. 244417 nell’esaminare una fattispecie di intervenuta adozione della custodia cautelare in carcere per fatti risalenti a tre anni
prima proprio in relazione ad un caso in cui erano in contestazione i reati di cui
agli artt. 74 e 73 Dpr. 309/90).
Di recente è stato ribadito come in tema di misure cautelari, lo specifico
riferimento dell’art. 292, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen. alla valutazio-

del pericolo di recidiva si “attualizza” in proporzione diretta con Il “tempus commissi delitti”, in quanto alla maggior distanza temporale dei fatti corrisponde, di
regola, un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela. (Sez. 6, n.
20112 del 26.2.2013, P.M. in Proc. Strassil e altro, rv. 255725, fattispecie in cui i
fatti contestati, integranti reati contro la P.A., erano anteriori di circa tre anni rispetto all’adozione della misura degli arresti domiciliari; conf. sez. 2, n. 47416
del 30.11.2011, Pantano, rv. 252050).

4. Nel caso che ci occupa il Tribunale del Riesame ritiene che i dati che at-

tualizzino le esigenze cautelari manchino, come detto, anche nella richiesta del
PmIl pm ricorrente, a fronte peraltro di un reato che risulta contestato con
una data finale (individuata nel 20 dicembre 2005), adduce che andava valutata
anche la partecipazione dell’indagato ad un fatto del 2008 (per cui lo stesso organo della Pubblica Accusa riconosce non ci fossero elementi per l’esercizio
dell’azione penale), ma anche a voler far riferimento a tale ultima data, nulla dice su cosa sia accaduto nei cinque anni successivi che hanno preceduto la richiesta della misura.
Sembra quasi che dalla gravità dei fatti in contestazione il Pm ricorrente
desuma una sorta di presunzione di esigenze cautelari.
Nel proposto ricorso a questa Corte Suprema, peraltro, al di là di generiche affermazioni circa l’apporto dell’indagato ai due episodi criminosi, non si indicano specifici elementi da cui si possa desumere l’attualità della condotta illecita
del Sagazio. Non potendo, evidentemente, condividersi che uno degli elementi
possa consistere nell’avere continuato lo stesso a vivere nell’area di Pescara.
Ebbene, come rilevava il tribunale aquilano in altre ordinanze della medesima procedura, con una motivazione logica e coerente, e pertanto immune da
vizi di legittimità “i dati sintomatici, in forza dei quali era presumibile attendersi
nel 2007 la reiterazione della condotta criminosa, appaiono svalutati in ragione
del decorso del lasso temporale (mediamente un anno) nel corso del quale l’esi-

ne del “tempo trascorso dalla commissione del reato”, implica che la pregnanza

genza cautelare è attuale (opera nell’immediatezza in coordinazione con il compito di interruzione dell’attività criminosa, anziché nel figuro), senza che siano
state registrate a carico del prevenuto nuove notizie di reato per fatti sopravvenuti, soprattutto ove si consideri che la sua attivita relazionale e stata
soggetta a sorveglianza investigativa’.
Va peraltro ricordato che nel sistema processualpenalistico vigente, così
come non è conferita a questa Corte di legittimità alcuna possibilità di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli

del fatto o di quelle soggettive dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle
stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate.
Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché, in sede di gravame della stessa, del tribunale del riesame.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del PM.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2014
Il nsigliere

ensore

Il Presidente

indizi, non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche

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