Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23980 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23980 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI L’AQUILA
nei confronti di:
TROPLINI BLERIM N. IL 09/07/1981
avverso l’ordinanza n. 350/2013 TRIB. LIBERTA’ di L’AQUILA, del
27/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
let.te/sentite le conclusioni del PG Dott. Wro hs A/Tvtlikosi7o
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Data Udienza: 15/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 12.11.2013 il Tribunale del Riesame de L’Aquila ha
accolto la richiesta di riesame avanzata da TROPUNI BLERIM avverso l’ordinanza
con cui in data 9.9.2013 il Gip presso il medesimo tribunale aveva disposto nei
confronti dello stesso la misura cautelare della custodia in carcere, disponendone
per l’effetto l’immediata remissione in libertà se non detenuto per altra causa.
TROPLINI BLERIM era stato raggiunto dall’ordinanza custodiale in quanto
indagato, nell’ambito del proc. n. 2729/2012 R.G.N.R.:

n. 146 perché si assodava con altri allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di importazione -trasporto- acquisto- vendita e comunque illecita detenzione di sostanze stupefacenti del tipo eroina, in quantitativi assolutamente ingenti, ed in particolare allo scopo di commettere i vari reati fine indicati
e separatamente contestati, con il ruolo, con altri, di referente per Roma, che in
quanto tale riceveva lo stupefacente importato dai Balcani, ne curava le ultime
fasi del trasporto, manteneva i rapporti con la criminalità locale, gestiva le fasi
operative di compravendite di raccolta dei proventi in stretto raccordo con i promotori.
In Albania, Kossovo, Italia e segnatamente a Pescara, Chieti, Teramo,
Roma, Milano, Asti, Mantova, Ravenna ed altri luoghi del territorio nazionale da
epoca antecedente al luglio 2005 almeno fino a tutto l’anno 2007. Con la recidiva
specifica e reiterata.
• per una imputazione relativa al delitto di cui agli artt. 81 cpv. , 110 cod.
pen, 73 co. 1 e 6, e 80 DPR 309/90 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, in concorso con altri e senza
l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi di cui all’art. 75 del medesimo decreto, compravendevano kg. 5 di eroina, con le modalità indicate in imputazione.
In Tivoli (RM), Pescara e Albania e in Italia in epoca antecedente e prossima al 23 agosto 2005 -data del trasporto dello stupefacente da Tivoli a Pescara.
2. Ricorre per la Cassazione del provvedimento il Procuratore della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia de, L’Aquila.
Il PM ricorrente lamenta che il tribunale del riesame abbia ritenuto insussistenti le esigenze cautelari poste a fondamento della misura applicata sul presupposto che occorresse specificamente argomentare in merito all’attualità, in
rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e che abbia evidenziato

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• per il delitto di cui all’art. 74 co. 1, 2, 3 e 4 Dpr 309/90 e 4 I. 16.3.2006

come sia il PM che il GIP siano risultati carenti nei confronti di tale obbligo di motivazione.
Dopo aver ricordato, ancora, come il Collegio abbia ritenuto che l’organo
inquirente e giudicante (di conseguenza) abbiano fatto riferimento soltanto alla
gravità delle condotte e non all’attualità delle stesse, soprattutto se si osservano
le “condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere
il rilevanti sotto il profilo prognostico” , il PM ricorrente afferma, invece, la tesi
che le esigenze cautelari, a fronte di un reato del genere, sarebbero evidenti.

ti gravi, di cui uno associativo, e l’assenta detenzione del Troplini sarebbe soltanto un riscontro all’attività investigativa in atti. Invero, viene ricordato che il ROS I
lavorando sulla ricostruzione dei fatti, è riuscito a verificare l’esistenza di un
gruppo di albanesi che, tramite un altro gruppo di corrieri, faceva arrivare lo stupefacente in Italia.
Si sottolinea l’apporto del Troplini relativo alla realizzazione degli interessi
associativi di vendita su piazza dello stupefacente importato e si lamenta che il
tribunale aquilano non avrebbe posto per nulla l’accento sul fatto che lo stesso
sia gravato da recidiva reiterata, specifica infraquinquennale ed abbia ritenuto
insussistente la motivazione del pm e del gip di fronte alla necessità di interrompere condotte similari attuali, non valutando assolutamente il quadro indiziario a
suo carico, dimentico di motivare sulla personalità.
Si evidenzia per meglio chiarire il contesto accusatorio che l’indagine ha
avuto un ampio respiro, con rogatorie internazionali e azioni sotto copertura, regolarmente autorizzate, da cui è emerso che il Troplini era uno dei corrieri del
gruppo.
Viene anche ricordato che per gli indiziati di far parte del sodalizio di cui
all’articolo 74 d.p.r. 309/90, per il disposto dell’articolo 275 co.3 cod. proc. pen.
come modificato sul punto dalla sentenza 231/2011 delta Corte Costituzionale, la
custodia in carcere si presume unica misura adeguata, salvo che siano acquisiti

Viene sottolineato, in primo luogo, che l’indagato risponde di ben due rea-

elementi specifici relazionar caso concreto da cui risulti diversamente: elementi
che nella specie difetterebbero in modo assoluto.
Si pone all’attenzione di questa Suprema Corte il fatto che, proprio alla
luce del tempo trascorso dalla commissione dei fatti, esplicitamente rilevante per
il legislatore come si desume dall’articolo 292 co. 2 lett. t) cod. proc. pen. si è,
ritenuto che le esigenze cautelari non necessitassero nella misura custodiate per
tutti i concorrenti marginali che hanno ruotato nell’orbita dello spaccio professionale, di ben maggiore gravità, posto in essere dai soggetti investigati.
Sono stati, pertanto, esclusi dall’applicazione della misura quei piccoli
spacciatori che hanno ricevuto quantità nell’ordine delle decine di grammi per

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volta, per un periodo limitato, e che non fossero gravati da recidive ai sensi dei
commi 2, 3 e 4 dell’articolo 99 cod. pen.
Ci si lamenta che l’attualità non debba confondersi con la concretezza del
pericolo di reiterazione dei reati similari.

Si chiede quindi a questa Suprema Corte di annullare il provvedimento
impugnato

1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

2. Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame motiva in punto di assenza
di esigenze cautelari, premettendo che, ai sensi dell’ art. 292 lett. c) cod. proc.
pen., nell’ esposizione delle esigenze cautelari poste a fondamento della misura
applicata occorre specificamente argomentare in merito all’attualità di tali esigenze in rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e poi ritenendo
“che la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare (nella
fattispecie la condotta criminosa contestata è cessata nel 2005 e quindi a distanza di 8 anni dall’applicazione della misura), giacché tendenzialmente dissonante
con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo
di motivazione sia in relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della
misura (cfr. per tutte Cass. n. 27865 del 10/06/2009)”.
Il Tribunale prosegue poi spiegando perché, evidentemente, non ritiene,
come pure avrebbe potuto, di integrare la motivazione, laddove evidenzia che
“nella fattispecie in esame l’esposizione della richiesta approfondita analisi difetta o e carente sia nella ordinanza cautelare che nella richiesta del Pubblico Ministero, ovvero fa riferimento alla gravita del fatto e non alla constatazione di
condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere e
rilevanti sotto il profilo prognostice.
In altri termini, il Tribunale del riesame de L’Aquila ritiene che la richiesta
di misura cautelare non poteva essere accolta, e perciò l’ordinanza del Gip viene
annullata, difettando di dati specifici circa l’attualità delle esigenze cautelari in
relazione alla specifica posizione anche la stessa richiesta del PM.
Osserva ancora il Tribunale che “gli enunciati diretti ad evidenziare l’attualità della misura (salve alcune posizioni specificamente evidenziate) sono
formulati in via generale e privi di una analitica individuazione per ciascuno degli
indagati delle concrete circostanze riferibili a condotte attuate dal singolo indagato, che siano sintomatiche dell’irresistibile ‘inclinazione ed attuale determinazione
(già maturata e non solo astrattamente possibile) di ciascuno a porre in essere
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CONSIDERATO IN DIRITTO

attività dirette ad alterare le risultanze istruttorie, sottrarsi all’ esecuzione della
pena o intraprendere nuove iniziative criminali della stessa specie
(l’indagine emergente dagli atti depositati appare specificamente finalizzata all’
esercizio dell’azione penale e non figurano al momento diramazioni specificamente dirette alt’ esercizio dell’azione cautelare)”.
Peraltro, va qui aggiunto, anche nell’odierno ricorso per cassazione vengono sollecitate a questa Corte valutazioni certamente pertinenti alle esigenze
cautelari, qual è quella relativa alla capacità a delinquere dell’imputato desunta

nell’organizzazione criminale, ma nulla si deduce in via specifica e concreta per
poter affermare l’attualità delle esigenze cautelari.
Non vengono, in altri termini, specificati in alcun modo, nell’atto introduttivo di questo giudizio di legittimità, profili specifici di attualizzazione della condotta.

3. Sul punto va ricordato che questa Corte ha, in più occasioni, ricordato
come in tema di misure cautelari personali, qualora venga richiesta la custodia in
carcere per reati commessi dall’imputato in epoca non recente, il giudice, nell’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano la misura richiesta ai sensi dell’art. 292 comma 2 lett. c) cod. proc. pen., deve procedere ad individuare, in modo particolarmente specifico e dettagliato, gli elementi
concludenti atti a cogliere l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione
criminosa fronteggiabile soltanto con la permanenza in carcere, evidenziando il
perdurante collegamento dell’imputato con l’ambiente in cui il delitto è maturato
e, quindi, la sua concreta proclività a delinquere (così sez. 6, n. 10673 del
15.1.2003, Khiar M. Z. ed altro, rv. 223967).
Se il tempo trascorso dalla commissione del reato non esdude automaticamente l’attualità e la concretezza delle condizioni di cui all’art. 274 c.p.p.,
comma 1, lett. c) (come ricorda sez. 4, n. 6717 del 26.6.2007, Rocchetti, rv.
239019) tuttavia è indubbio la distanza temporale tra i fatti e il momento della
decisione cautelare, giacché tendenzialmente dissonante con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in
relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della misura (così Sez. 6, n.
27865 del 10.6.2009, Scollo, rv. 244417 nell’esaminare una fattispecie di intervenuta adozione della custodia cautelare in carcere per fatti risalenti a tre anni
prima proprio in relazione ad un caso in cui erano in contestazione i reati di cui
agli artt. 74 e 73 Dpr. 309/90).
Di recente è stato ribadito come in tema di misure cautelari, lo specifico
riferimento dell’art. 292, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen. alla valutazio5

dai suoi precedenti penali o al ruolo che si ipotizza lo stesso abbia avuto

ne del “tempo trascorso dalla commissione del reato”, implica che la pregnanza
del pericolo di recidiva si “attualizza” in proporzione diretta con il “tempus commissi delictr, in quanto alla maggior distanza temporale dei fatti corrisponde, di
regola, un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela. (Sez. 6, n.
20112 del 26.2.2013, P.M. in Proc. Strassil e altro, rv. 255725, fattispecie in cui i
fatti contestati, integranti reati contro la P.A., erano anteriori di circa tre anni rispetto all’adozione della misura degli arresti domídliari; conf. sez. 2, n. 47416

4. Nel caso che ci occupa il Tribunale del Riesame ritiene che i dati che attualizzino le esigenze cautelari manchino, come detto, anche nella richiesta del
Pm.
E il pm ricorrente, a fronte peraltro di un reato associativo che risulta contestato con una data finale (individuata ‘almeno fino a tutto l’anno 2007) e ad
un unico reato fine datato ad epoca prossima ed anteriore al 23 agosto 2005 ,
nulla dice su cosa sia accaduto nei sei anni successivi che hanno preceduto la richiesta della misura.
Sembra quasi che dalla gravità dei fatti in contestazione il Pm ricorrente
desuma una sorta di presunzione di esigenze cautelari.
Nel proposto ricorso a questa Corte Suprema, peraltro, al di là di generiche affermazioni circa l’apporto dell’indagato all’associazione criminosa, non si
indicano specifici elementi da cui si possa desumere l’attualità della condotta illecita del Troplini.
Anche il richiamo alla previsione di cui all’art. 275 co. 3 cod. proc. pen.
come modificato dalla sentenza 231/2011 della Corte Costituzionale non pare
conferente con l’odierno thema decidendi.
La norma in questione, infatti, prevede una presunzione di adeguatezza
della custodia in carcere. Ma occorre pur sempre che d siano le esigenze cautelari.

del 30.11.2011, Pantano, rv. 252050).

Ebbene, come rilevava il tribunale aquilano in altre ordinanze della medesima procedura, con una motivazione logica e coerente, e pertanto immune da
vizi di legittimità “i dati sintomatici, in forza dei quali era presumibile attendersi
nel 2007 la reiterazione della condotta criminosa, appaiono svalutati in ragione
del decorso del lasso temporale (mediamente un anno) nel corso del quale l’esigenza cautelare è attuale (opera nell’immediatezza in coordinazione con il compito di interruzione dell’attività criminosa, anziché nel futuro), senza che siano
state registrate a carico del prevenuto nuove notizie di reato per fatti sopravvenuti, soprattutto ove si consideri che la sua attiva:a relazionale e stata
soggetta a sorveglianza investigative.
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Va peraltro ricordato che nel sistema processualpenalistico vigente, così
come non è conferita a questa Corte di legittimità alcuna possibilità di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli
indizi, non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
del fatto o di quelle soggettive dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle
stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate.
Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insin-

de di gravame della stessa, del tribunale del riesame.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del PM.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2014
Il Co igliere estensore

Il Presidente

dacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché, in se-

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