Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23971 del 06/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23971 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAURETTI RUGGERO N. IL 31/05/1962
avverso l’ordinanza n. 106/2013 TRIB. LIBERTA’ di LATINA, del
31/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
te/sentite le conclusioni del PG Dott. M T-F-cz-SZ

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 06/05/2014

. 5464/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 31 luglio 2013 il Tribunale di Latina ha rigettato la richiesta di riesame
presentata da Lauretti Ruggero avverso decreto di convalida di sequestro probatorio disposto il
17 giugno 2013 dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale e avente ad
oggetto un fucile in relazione al reato di attività venatoria in periodo di caccia chiusa ex articoli

2. Ha presentato ricorso il difensore, sulla base di un unico motivo di violazione di legge e
vizio motivazionale: sarebbero totalmente assenti i presupposti del sequestro probatorio,
sussisterebbe assoluto difetto di motivazione nell’ordinanza impugnata e la condotta contestata
sarebbe riconducibile soltanto agli illeciti amministrativi di cui all’articolo 47, primo comma,
lettera r), L.R. Lazio 17/1995, nonché agli articoli 30, primo comma, lettera e), e 31, primo
comma, lettera e, I. 157/1992.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
Nell’unica doglianza presentata il ricorrente ripropone, innestandovi anche argomenti
direttamente fattuali, quel che aveva denunciato al Tribunale di merito, il quale lo aveva
vagliato rendendone conto con una motivazione logica e completa, senza incorrere, pertanto,
nel preteso vizio di totale difetto di motivazione addotto in questa sede.
Ad avviso del ricorrente, infatti, mancherebbero i presupposti del sequestro, avendo il
Lauretti, secondo quanto contestato nei verbali di contestazione di illecito amministrativo a lui
notificati in data 25 luglio 2013, commesso solo gli illeciti amministrativi di cui all’articolo 47,
primo comma, lettera r), L.R. Lazio 17/1995 – addestramento di cani in periodi non consentiti e di cui agli articoli 21, primo comma, lettera e), e 31, primo comma, lettera e, I. 157/1992 esercizio di attività venatoria a meno di cento metri da immobili -. Peraltro il Tribunale ha

18 e 30, primo comma, lettera a), I. 157/1992.

motivato sulla non incidenza nella fattispecie dei suddetti verbali, laddove osserva che unico
atto di riferimento del provvedimento di convalida è il verbale di sequestro, integralmente
richiamato e quindi fatto proprio dal PM, nel quale gli agenti del Corpo Forestale dello Stato di
Terracina hanno enunciato il titolo del reato, rappresentando le circostanze di luogo e di tempo
in cui hanno svolto la loro attività e descrivendo, seppure sommariamente, la condotta
contestata all’attuale ricorrente, “ossia l’esercizio dell’attività venatoria in periodo di caccia
chiusa in violazione della legge n. 157/92” (motivazione, pagina 2), ciò rendendo irrilevanti i
verbali di contestazione di illecito amministrativo che attengono a condotte diverse, ovvero
“rispettivamente il trovarsi in inequivoco atteggiamento da caccia ad una distanza minore di
metri 100 da immobili e l’allenamento del proprio cane da caccia in periodo non consentito”
(motivazione, pagina 4). A tali argomentazioni il ricorrente non contrappone specifiche

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confutazioni, limitandosi ad asserire una carenza e/o apparenza della motivazione del
provvedimento impugnato che in esso, come si è appena evidenziato, non trova riscontro. Del
tutto fattuale, infine, è l’ulteriore sua argomentazione nel senso che l’assenza del

commissi delicti

fumus

risulterebbe comprovata dall’assenza di cartucce sequestrate e dalla

circostanza che il Lauretti si trovava entro la sua abitazione al momento del sequestro.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese

emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 6 maggio 2014

Il Consi ere Estensore

Il Presidente

del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale

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