Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23968 del 06/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23968 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAPPALARDO SOFIA N. IL 21/08/1972
avverso l’ordinanza n. 10114/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
30/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
lette/septde le conclusioni del PG Dott. – .)=1..>-.1-.V •
WC,
cp

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 06/05/2014

46128/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30 maggio 2013 la Corte d’appello di Napoli ha dichiarato inammissibile
la domanda di revisione presentata da Pappalardo Sofia relativa a sentenza del Tribunale di
Salerno, emessa il 17 ottobre 2007, parzialmente riformata da sentenza della Corte d’appello
di Salerno del 8 gennaio 2009, divenuta definitiva il 15 ottobre 2009, che aveva condannato

di ammenda per i reati di cui agli articoli 44, primo comma, lettera c), d.p.r. 380/2001 (capo
a), 163 d.lgs. 490/1999 (capo b) e 64 e 71 d.p.r. 380/2001 (capo d).
2. Ha presentato ricorso il difensore sulla base di un unico motivo ex articolo 606, primo
comma, lettere d) ed e), c.p.p. La corte fonderebbe la dichiarazione di inammissibilità della
richiesta di revisione su un “sospetto nei confronti dei testimoni assunti con verbale di indagini
difensive, sulla scorta delle cui dichiarazioni il reato all’epoca del processo era prescritto”,
perché si tratta di parenti ed amici della condannata, che sarebbero stati smentiti dagli ufficiali
della polizia giudiziaria. Ai fini della revisione può costituire prova utile anche una prova già
esistente all’epoca dei fatti ma non acquisita o comunque non valutata nel giudizio di merito, e
nel caso in esame i testi di cui alla domanda di revisione non furono esaminati nel giudizio, le
cui sentenze avrebbero poi evidenziato la carenza di prova ai fini della prescrizione, che
potrebbe essere colmata proprio attraverso i suddetti testimoni. Non è corretto ritenere che
lam loro testimonianza sarebbe prova inidonea a modificare l’esito dell’accertamento per il
suddetto “sospetto” perché questo “dimostra un pregiudizio inammissibile” per il “fatto notorio
che, abitualmente, le abitazioni sono frequentate da parenti ed amici dei proprietari e non da
terzi estranei”. D’altronde il giudizio di attendibilità è riservato alla fase delibativa successiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Ferrigno Lucia (di cui la Pappalardo è figlia ed erede) alla pena di 18 giorni di arresto e C 5500

3. Il ricorso è infondato.
La Corte d’appello con l’ordinanza impugnata ha rilevato che la domanda di revisione aveva
ad oggetto l’esame come testi di Giacomo Annarummo e di Anna Pappalardo, già escussi nelle
indagini difensive ex articolo 391 bis c.p.p., l’assunzione della cui testimonianza costituirebbe
prova nuova, il primo essendo amico del marito della istante e la seconda essendo cugina della
istante stessa. Tenuto conto dell’obbligo di sommaria delibazione dei nuovi elementi di prova
addotti e della loro astratta idoneità nella valutazione preliminare di non manifesta
infondatezza della richiesta di revisione, la corte territoriale ha osservato come l’istante non ha
spiegato l’emersione a distanza di quattro anni dal passaggio in giudicato delle dichiarazioni dei
.::).

suddetti, dovendosi, in caso di prova testimoniale addotta in epoca successiva al giudicato, non
solo dimostrarne la idoneità a ribaltare il costrutto accusatorio, ma altresì indicare la ragione
della sua necessaria sopravvenienza. Peraltro, sostanzialmente osserva la corte territoriale,
non si appalesa già nelle suddette testimonianze una intrinseca idoneità “al ribaltamento della
coerente e completa piattaforma probatoria”, formata da dichiarazioni di testi pubblici ufficiali e
da documentazione, dati tutti convergenti.
Da questa sintesi della motivazione dell’ordinanza impugnata si acclara che non corrisponde

territoriale si sarebbe fondato su un “sospetto” di inattendibilità derivante dal legame di
parentela o amicizia dei nuovi testi proposti nella istanza di revisione. La valutazione della
corte territoriale si presenta invece conformata nella giurisprudenza di legittimità, che la corte
consapevolmente richiama, e che insegna effettivamente come la idoneità delle nuove prove sole o unite a quelle già valutate – a mutare l’esito dell’accertamento ex articolo 630, lettera
c), c.p.p., deve essere oggetto del vaglio da espletare anche – in concreto rapporto con il
compendio probatorio sfociato nel giudicato – nella prima fase delibativa, poiché, qualora
sussista inidoneità in grado manifesto, deve dichiararsi la inammissibilità della domanda di
revisione ex articolo 634 c.p.p. (cfr. ex multis da ultimo, Cass. sez.II, 16 ottobre 2013 n.
49113 – per cui ” la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla

base di prove nuove implica la necessità di una comparazione tra le prove nuove e quelle già
acquisite che deve ancorarsi alla realtà del caso concreto e che non può, quindi, prescindere
dal rilievo di evidenti segni di inconferenza o inaffidabilità della prova nuova” -,

Cass. sez.I, 5

marzo 2013 n. 20196 – secondo la quale “per l’ammissibilità della richiesta di revisione basata

sulla prospettazione di una nuova prova, il giudice deve valutare non solo l’affidabilità della
stessa, ma anche la sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio già acquisito nel
giudizio di cognizione” – Cass. sez.I, 27 giugno 2012 n. 34928 – che afferma che

“la

valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base dell’asserita
esistenza di una prova nuova deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la
persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e
deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate,
ancorata alla realtà processuale svolta”).

E per illustrare il ritenuto grado di manifesta

inidoneità delle testimonianze richieste la corte territoriale, d’altronde, non imposta la sua
motivazione sul legame di parentela o di amicizia dei testi con la condannata, bensì raffronta la
compattezza coerente del compendio probatorio con la potenziale incidenza della prova nuova,
e aggiunge (richiamando la conforme Cass. sez. I, 6 ottobre 1993 n. 3924), quale argomento
che può definirsi ad abundantiam a rispetto a quello che conduce a ritenere, appunto,non
inficiabile dalle testimonianze la “coerente e completa piattaforma probatoria”, il non avere
l’istante spiegato perché la prova prospettata come decisiva nella domanda di revisione, pur
esistente già all’epoca del giudizio che è pervenuto al giudicato, sia stata offerta a distanza di

al suo contenuto la doglianza della ricorrente laddove prospetta che il ragionamento della corte

quattro anni dal giudicato stesso: dato questo che, evidentemente, se rimane ignoto, non può
non contribuire alla inidoneità della prova sotto il profilo della affidabilità.
In conclusione, manifestamente infondata risulta la doglianza della ricorrente, per cui il
ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente
stessa, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000,
n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza
“versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 6 maggio 2014

Il C

•gliere Estensore

Il Presidente

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