Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23961 del 04/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23961 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore generale della Repubblica di Firenze
nei confronti di
Rosta Antonino, nato il 6 luglio 1952
avverso la sentenza del Gip del Tribunale di Pistoia del 20 giugno 2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Angelo
Di Popolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 04/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 20 giugno 2012, pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen.,
il Gip del Tribunale di Pistoia ha applicato all’imputato la pena da questo richiesta
(giorni 10 di reclusione ed euro 34,00 di multa, convertita la pena detentiva in euro
380,00 di multa, per una pena finale di euro 414,00 di multa) in relazione al reato di
cui all’art. 81, secondo comma, cod. pen. e 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 463
del 1983, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 638 del 1983, «in continuazione

2. – Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Firenze, deducendo, con unico
motivo di doglianza, l’illegittimità della pena, perché inferiore ai limiti previsti per la
reclusione dall’art. 23 cod. pen. e per la multa dall’articolo 24 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è infondato.
Non vi è dubbio che, anche in caso di sentenza di applicazione della pena su
richiesta della parte il giudice non possa spingersi al di sotto dei minimi di legge
previste dagli artt. 23 e seguenti codice penale per ogni specie di pena. Nondimeno,
nel caso in esame, il giudice non ha applicato le pene di giorni 10 di reclusione
(sostituita con la multa) ed euro 34,00 di multa al reato in quanto tale, ma solo a
titolo di aumento per la continuazione esterna con un reato per il quale vi era stata già
condanna con il decreto penale n. 644 del 2010, per una fattispecie evidentemente
ritenuta più grave, la cui pena è stata presa a base per il computo. Le richiamate
disposizioni degli artt. 23 e seguenti cod. pen. non possono, dunque, trovare
applicazione nel caso di specie, perché esse si riferiscono solo ai minimi di pena
applicabili al reato come tale e non all’aumento per la continuazione sulla pena base.
Infatti, l’art. 81 cod. pen., si limita a prevedere che, nel caso di continuazione, trova
applicazione la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata
fino al triplo, ma non indica la misura minima di tale aumento; e tanto non può che
aver il significato della mancanza di un limite minimo fissato per legge, e della
conseguente possibilità che l’aumento possa essere individuato a partire dalla misura
minima applicabile (ad es.: un giorno, per la reclusione). In altri termini, l’art. 81 cod.
pen. deve essere interpretato nel senso che pone una deroga, giustificata sulla base
della peculiarità dell’istituto della continuazione, rispetto al principio generale del
limite edittale minimo (sez. 6, 12 marzo 1973, n. 4954, rv. 124422; sez. 6, 29 marzo
1995, n. 5419, rv. 201646; sez. 5, 7 marzo 2013, n. 22035, rv. 256501).

con la pena di cui al decreto penale n. 644 del 2010».

4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del Procuratore generale.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2014.

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