Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23950 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23950 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SAVINO ANTONIO N. IL 20/11/1961
avverso la sentenza n. 14021/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del
09/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 6c4 4444.4
che ha concluso per j
At uo

4

,

Udito, per la parte civile, l’Avv
UditAdifensoriAvv.01 ;.4MAIhr Ano

Data Udienza: 21/03/2013

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Torino, con sentenza del 9 marzo 2012 ha
confermato la sentenza del Tribunale di Cuneo del 7 aprile 2008 con la quale
Savino Antonio era stato condannato per il delitto di omesso controllo, quale

Trombetti Gianluca a seguito della pubblicazione di un articolo pubblicato il 31
ottobre 2003.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a
mezzo del proprio difensore, lamentando:
a) una violazione di legge processuale per la mancata correlazione tra
imputazione e sentenza ex articoli 521 e 522 cod.proc.pen.;
b) una illogicità della motivazione sul punto della qualifica di Direttore
responsabile della pubblicazione nonché sulla cosciente e volontaria omissione di
controllo.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, essendone manifestamente infondati i
motivi.
2. Invero, quanto al primo motivo in tema di correlazione tra accusa e
sentenza, le previsioni di cui agli articoli 521 e 522 cod.proc.pen, hanno lo scopo
di garantire il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e, quindi, l’esercizio
effettivo del diritto di difesa dell’imputato, con la conseguenza che non è
possibile ipotizzarne una violazione in astratto, prescindendo dalla natura
dell’addebito specificamente formulato nell’imputazione e dalle possibilità di
difesa che all’imputato sono state concretamente offerte dal reale sviluppo della
dialettica processuale.
Ne deriva che non sussiste la violazione del principio di correlazione
qualora, come nella fattispecie, la variazione dell’imputazione si concreti nella
sostituzione dell’addebito di natura dolosa di cui all’articolo 595 cod.pen.
(diffamazione) con l’addebito di natura colposa di cui all’articolo 57 cod.pen.
(omissione dell’obbligo di controllo sul contenuto del periodico), in quanto detta
modifica del titolo della responsabilità non può essere ritenuta di per sè lesiva
del diritto di difesa dell’imputato e non lo è in concreto qualora, ancorché si sia
1

Direttore della pubblicazione “La Rivista dell’Arma, nella diffamazione in danno di

ipotizzata la responsabilità dell’imputato a titolo di concorso nel delitto di
diffamazione, si faccia riferimento anche al suo ruolo di direttore del giornale,
idoneo ad includere anche la responsabilità a titolo di colpa (articolo 57 cod.
pen.) e, quindi, si strutturi l’addebito in modo tale da consentire la difesa anche
in relazione alla fattispecie di cui all’articolo 57 cod.pen. (v. Cass. Sez. V 9
novembre 2004 n. 46203 e Sez. V 25 novembre 2008 n. 2074).
principio, ricavandosi dalla formulazione del capo di imputazione che il Savino è
stato chiamato in causa proprio nel ruolo di direttore responsabile.
3. Quanto al secondo motivo, esso non fa altro che riprendere le
doglianze già avanzate in sede di appello e logicamente disattese dalla Corte
territoriale con valutazioni in fatto che non è più consentito proporre avanti
questa Corte di legittimità.
In particolare, la qualifica di direttore responsabile della rivista risultava
per tabulas dalla rivista stessa e non era neppure stata contestata in prime cure
mentre l’esistenza dell’elemento soggettivo risultava accertata e motivata
concordemente da entrambi i Giudici del merito.
4. L’inammissibilità del ricorso esclude di poter esaminare qualsiasi
questione in ordine alla prescrizione che, comunque, si sarebbe verificata dopo la
sentenza impugnata.
5. Dalla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso deriva, in definitiva, la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della Cassa delle Ammende che appare equo determinare in euro
1.000,00.

P.T.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21/3/2013.

Nella specie, ricorrono i presupposti concreti per la operatività del detto

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