Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23949 del 04/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23949 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Lapadat Adrian Mircea, nato a Brasov (Romania) il 1901/1977

avverso la sentenza del 05/05/2014 della Corte di appello di Catanzaro;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
((Ami. 541mat4z i 14 5c)sr. ite shee
udito per l’interessataravv. Fzancesco Ciriaco, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catanzaro dichiarava
sussistenti le condizioni per l’accoglimento della richiesta di consegna di cui al
mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria rumena nei confronti
di Adrian Mircea Lapadat, tratto in arresto in Italia il 02/04/2014 con

Data Udienza: 04/06/2014

provvedimento poi convalidato nei termini di legge e con applicazione della
misura della custodia cautelare in carcere.
Rilevava la Corte di appello come il mandato di arresto europeo fosse stato
adottato per dare esecuzione alla sentenza definitiva con la quale la Pretura
rumena di Sfantu Gheorhe aveva condannato il Lapadat alla pena di anni sei di
reclusione in relazione ai reati di furto, violazione di domicilio e guida senza
patente; come alcuni di tali reati rientrino nel novero di quelli per i quali la legge
22 aprile 2005, n. 69 (contenente le “Disposizioni per conformare il diritto

relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati
membri”) prevede la consegna obbligatoria e, comunque, come tutti quei reati
avessero corrispondenza con gli analoghi reati previsti dall’ordinamento penale
italiano; ed ancora, come il mandato di arresto contenesse tutte le informazioni
richieste dall’art. 6 comma 1 della legge n. 69 del 2005.
Aggiungeva la Corte calabrese come non sussistessero ragioni di rifiuto della
consegna, dato che il Lapadat non aveva alcun radicamento con il territorio dello
Stato italiano; né vi fossero particolari ragioni per porre delle condizioni alla
consegna del Lapadat all’autorità giudiziaria rumena, in quanto l’ordinamento
processuale di quel paese prevede la possibilità della rinnovazione del giudizio
che sia stato celebrato in contumacia.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Lapadat, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Francesco Ciriaco, il quale, con un unico articolato punto,
ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 6 e 18 della legge n. 69
del 2005, ed il vizio di motivazione, per avere la Corte distrettuale riconosciuto la
sussistenza delle condizioni per la consegna all’estero del prevenuto, benché
dall’autorità giudiziaria straniera non fosse stato indicato, nel mandato di arresto
europeo, in maniera precisa il titolo dei reati asseritamente commessi e la data
di consumazione, né il testo delle norme violate, la durata della pena ed una
relazione sui fatti accertati e sulle relative fonti di prova; e, comunque, per avere
accolto la richiesta di consegna con riferimento ad una sentenza di condanna
emessa all’estero in absentia, senza che l’interessato fosse stato messo in
condizioni di essere interrogato e fare valere le proprie ragioni.

3. Ritiene la Corte che il ricorso vada rigettato per la infondatezza dei relativi
motivi.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo
il quale la Corte di appello, competente a decidere sulla richiesta di consegna
contenuta in un mandato di arresto europeo pervenuto in Italia, non può dare
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interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002,

corso alla domanda formulata dall’autorità giudiziaria straniera solo laddove dallo
stesso mandato d’arresto europeo o dalla documentazione trasmessa non sia in
alcun modo desumibile l’indicazione precisa del provvedimento su cui si basa
l’istanza, dovendosi in questo senso interpretare la disposizione dettata dall’art.
6, comma 3, legge n. 69 del 2005 che richiede l’allegazione al mandato di quel
provvedimento (così Sez. 6, n. 46298 del 11/12/2008, Cavallo, Rv. 242008).
D’altro canto, l’art. 6, comma 4, lett. a), legge cit. nel prescrivere che al
mandato di arresto europeo debba essere allegata una relazione sui fatti

l’indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luoghi di commissione degli
stessi fatti, non richiede affatto che tale relazione si sostanzi nel provvedimento
cui si vuole dare esecuzione, ben potendo essa essere contenuta nel corpo del
medesimo mandato di arresto. In tal senso, questa Corte ha ritenuto non
ostativa alla consegna la omessa acquisizione da parte della Corte di appello del
provvedimento restrittivo, sia esso il provvedimento cautelare (così, tra le tante,
Sez. 6, n. 45668 del 29/12/2010, Chaoui, Rv. 248972; Sez. 6, n. 16942 del
21/04/2008, Ruocco, Rv. 239428; Sez. 6, n. 4054 del 23/1/2008, Vasiliu, Rv.
238394) o la sentenza di condanna (Sez. F, n. 33600 del 01/09/2009,
Paraschivu, Rv. 244388; Sez. F, n. 33389 del 13/08/2009, Duroi, Rv. 244754;
Sez. 6, n. 15223, del 3/4/2009, Burlacu, Rv. 243081), e neppure la relazione sui
fatti addebitati (così, tra le diverse, Sez. 6, n. 38850 del 20/10/2011, Estrada
Ortiz, Rv. 250793; Sez. 6, n. 25421 del 28/06/2007, Iannuzzi, Rv. 237270), se il
controllo affidato all’autorità giudiziaria sulla motivazione ex art. 17, comma 4, o
sui gravi indizi di colpevolezza ex art. 18, comma 1, lett. t), possa essere
comunque effettuato direttamente sul provvedimento da eseguire o sul mandato
di arresto europeo, come nella fattispecie è accaduto, con argomentazioni della
Corte che il ricorrente non ha neppure censurato.
D’altro canto, si è ritenuto che la mancata allegazione del “testo delle
disposizioni di legge applicabili”, richiesta dall’art. 6, comma 4, lett. b), legge n.
69 del 2005, non costituisce di per sé causa di rifiuto della consegna, trattandosi
di documentazione necessaria solo quando sorgano particolari problemi
interpretativi la cui soluzione necessiti delle esatta cognizione della portata della
norma straniera, come, ad esempio, ai fini della verifica della “doppia punibilità”
(Sez. 6, n. 17650 del 10/4/2008, Avram, Rv. 23967; Sez. 6, n. 17797 del
05/05/2011, Dragutinovic, non mass.).
Per quanto riguarda l’ultimo motivo, peraltro formulato dal ricorrente in termini
molto generici, è sufficiente rammentare come sia pacifico nella giurisprudenza
di questa Corte il principio secondo il quale, in tema di mandato di arresto
europeo, è legittima la consegna disposta ai fini dell’esecuzione di una pena

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addebitati alla persona della quale è stata domandata la consegna, con

comminata mediante decisione pronunciata

“in absentia”, quando nello Stato

membro di emissione sia consentito alla persona richiesta di ottenere un nuovo
giudizio, una volta venuta a conoscenza della decisione di condanna pronunciata
nei suoi confronti: criterio enunciato con riferimento ad una fattispecie relativa
ad un m.a.e. emesso dalle autorità rumene, in cui si è reiteramente escluso
l’incompatibilità con l’art. 6 C.E.D.U. dell’art. 171 del codice di procedura penale
rumeno – che prevede l’obbligatorietà dell’intervento di un difensore per reati le
cui pene siano superiori nel massimo a cinque anni di reclusione – sul

procedimento penale a suo carico ed aveva già ammesso l’addebito (così, tra le
tante, Sez. 6, n. 25303 del 21/06/2012, Mitrea, Rv. 252724), essendo stato
appurato che l’ordinamento di quel paese consente alla persona condannata in
contumacia di richiedere un nuovo giudizio dal momento in cui ha avuto
effettiva conoscenza della decisione (così, ex plurimis, Sez. 6, n. 36590 del
19/09/2012, Grigore, Rv. 253274; Sez. 6, n. 45523 del 20/12/2010, Isofache,
Rv. 248967).

4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese del
presente procedimento.
Alla cancelleria vanno demandati gli ulteriori adempimenti di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n.
69 del 2005.
Così deciso il 04/06/2014

presupposto che la persona richiesta in consegna era a conoscenza del

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