Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23947 del 04/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23947 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Neagu Claudiu Alexandru, nato a Petrosani (Romania) il 28/07/1982

avverso la sentenza del 23/04/2014 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Torino dichiarava
sussistenti le condizioni per l’accoglimento della richiesta di consegna di cui al
mandato di arresto europeo emesso il 18/03/2014 dall’autorità giudiziaria
rumena nei confronti di Claudiu Alexandru Neagu, tratto in arresto in Italia il
14/03/2014, sulla base di altro precedente mandato di arresto emesso da quello

Data Udienza: 04/06/2014

stesso Paese, con provvedimento poi convalidato nei termini di legge e con
applicazione della misura della custodia cautelare in carcere.
Rilevava la Corte di appello come il mandato di arresto europeo fosse stato
adottato per dare esecuzione alla sentenza definitiva con la quale la Pretura
rumena di Petrosani aveva condannato il Neagu alla pena di anni uno di
reclusione in relazione ai reati di guida senza patente e guida in stato di
ebbrezza; come tali reati rientrassero nel novero di quelli per i quali la legge 22
aprile 2005, n. 69 (contenente le “Disposizioni per conformare il diritto interno

mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri”)
prevede la consegna, in quanto illeciti che hanno corrispondenza con gli analoghi
reati previsti dall’ordinamento penale italiano; ed ancora, come il mandato di
arresto contenesse tutte le informazioni richieste dall’art. 6 comma 1 della legge
n. 69 del 2005.
Aggiungeva la Corte torinese come non sussistessero ragioni di rifiuto della
consegna, dato che il Neagu non aveva alcun radicamento con il territorio dello
Stato italiano; né vi fossero particolari ragioni per porre delle condizioni alla
consegna del Neagu all’autorità giudiziaria rumena, in quanto l’ordinamento
processuale di quel paese prevede la possibilità della rinnovazione del giudizio
che sia stato celebrato in contumacia.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Neagu, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Enzo Sateriale, il quale, con un unico punto, ha dedotto la
violazione di legge, in relazione agli artt. 6 e 18 della legge n. 69 del 2005, per
avere la Corte distrettuale riconosciuto la sussistenza delle condizioni per la
consegna all’estero del prevenuto, benché dall’autorità giudiziaria straniera non
fosse stato trasmesso il provvedimento definitivo da porre in esecuzione; e,
comunque, per avere accolto la richiesta di rifiuto con riferimento ad una
sentenza di condanna emessa all’estero in absentia.

3. Ritiene la Corte che il ricorso vada rigettato per la infondatezza dei relativi
motivi.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo
il quale la Corte di appello, competente a decidere sulla richiesta di consegna
contenuta in un mandato di arresto europeo pervenuto in Italia, non può dare
corso alla domanda formulata dall’autorità giudiziaria straniera solo laddove dallo
stesso mandato d’arresto europeo o dalla documentazione trasmessa non sia in
alcun modo desumibile l’indicazione precisa del provvedimento su cui si basa
l’istanza, dovendosi in questo senso interpretare la disposizione dettata dall’art.
2

alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002, relativa al

6, comma 3, legge n. 69 del 2005 che richiede l’allegazione al mandato di quel
provvedimento (così Sez. 6, n. 46298 del 11/12/2008, Cavallo, Rv. 242008).
D’altro canto, l’art. 6, comma 4, lett. a), legge cit. nel prescrivere che al
mandato di arresto europeo debba essere allegata una relazione sui fatti
addebitati alla persona della quale è stata domandata la consegna, con
l’indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luoghi di commissione degli
stessi fatti, non richiede affatto che tale relazione si sostanzi nel provvedimento
cui si vuole dare esecuzione, ben potendo essa essere contenuta nel corpo del

ostativa alla consegna la omessa acquisizione da parte della Corte di appello del
provvedimento restrittivo, sia esso il provvedimento cautelare (così, tra le tante,
Sez. 6, n. 45668 del 29/12/2010, Chaoui, Rv. 248972; Sez. 6, n. 16942 del
21/04/2008, Ruocco, Rv. 239428; Sez. 6, n. 4054 del 23/1/2008, Vasiliu, Rv.
238394) o la sentenza di condanna (Sez. F, n. 33600 del 01/09/2009,
Paraschivu, Rv. 244388; Sez. F, n. 33389 del 13/08/2009, Duroi, Rv. 244754;
Sez. 6, n. 15223, del 3/4/2009, Burlacu, Rv. 243081), e neppure la relazione sui
fatti addebitati (così, tra le diverse, Sez. 6, n. 38850 del 20/10/2011, Estrada
Ortiz, Rv. 250793; Sez. 6, n. 25421 del 28/06/2007, Iannuzzi, Rv. 237270), se il
controllo affidato all’autorità giudiziaria sulla motivazione ex art. 17, comma 4, o
sui gravi indizi di colpevolezza ex art. 18, comma 1, lett. t), possa essere
comunque effettuato direttamente sul mandato di arresto europeo o sulla
relazione allegata, come nella fattispecie è accaduto, con argomentazioni della
Corte che il ricorrente non ha neppure censurato.
Per quanto riguarda l’ultimo motivo, peraltro formulato dal ricorrente in termini
molto generici, è sufficiente rammentare come sia pacifico nella giurisprudenza
di questa Corte il principio secondo il quale, in tema di mandato di arresto
europeo, è legittima la consegna disposta ai fini dell’esecuzione di una pena
comminata mediante decisione pronunciata

“in absentia”, quando nello Stato

membro di emissione sia consentito alla persona richiesta di ottenere un nuovo
giudizio, una volta venuta a conoscenza della decisione di condanna pronunciata
nei suoi confronti: criterio enunciato con riferimento ad una fattispecie relativa
ad un m.a.e. emesso dalle autorità rumene, in cui si è reiteramente escluso
l’incompatibilità con l’art. 6 C.E.D.U. dell’art. 171 del codice di procedura penale
rumeno – che prevede l’obbligatorietà dell’intervento di un difensore per reati le
cui pene siano superiori nel massimo a cinque anni di reclusione – sul
presupposto che la persona richiesta in consegna era a conoscenza del
procedimento penale a suo carico ed aveva già ammesso l’addebito (così, tra le
tante, Sez. 6, n. 25303 del 21/06/2012, Mitrea, Rv. 252724), essendo stato
appurato che l’ordinamento di quel paese consente alla persona condannata in

3

medesimo mandato di arresto. In tal senso, questa Corte ha ritenuto non

contumacia di richiedere un nuovo giudizio dal momento in cui ha avuto
effettiva conoscenza della decisione (così, ex plurimis, Sez. 6, n. 36590 del
19/09/2012, Grigore, Rv. 253274; Sez. 6, n. 45523 del 20/12/2010, Isofache,
Rv. 248967).

4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese del
presente procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n.
69 del 2005.
Così deciso il 04/06/2014

Alla cancelleria vanno demandati gli ulteriori adempimenti di legge.

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