Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23943 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23943 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI BENEDETTO PASQUALE N. IL 16/06/1967
NEDELCU OANA N. IL 19/02/1981
avverso il decreto n. 22/2011 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 27/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
letteAsentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 28/05/2014

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con decreto del 27.12.2012 la Corte di appello di Caltanissetta, a
seguito di appello proposto nell’interesse di DI BENEDETTO Pasquale e
NEDELCU Oana avverso il decreto emesso il 18.5.2011 dal Tribunale di
Caltanissetta, ha rigettato l’appello e confermato il predetto decreto con

mobili ed immobili nella disponibilità del DI BENEDETTO.
2. Avverso il decreto confermativo propongono ricorso per cassazione a
mezzo del difensore il DI BENEDETTO e la NEDELCU, quest’ultima terza
interessata, deducendo assoluta mancanza di motivazione in ordine a
tutte le doglianze difensive con particolare riguardo alla attività
lavorativa svolta dal DI BENEDETTO sin dal 1985 e con particolare
riguardo agli anni 2005 e 2006, nell’ambito dei quali risulta
regolarmente assunto avendo percepito indennità di disoccupazione;
anche in un semestre del 2008 sarebbe dimostrata la regolare attività
lavorativa del proposto. Ancora, la CTU avrebbe fatto astratto
riferimento a beni inseriti nel paniere sconosciuti a soggetti come il Di
Benedetto. Quanto al lavoro svolto «in nero>> dallo stesso proposto,
esso sarebbe stato illegittimamente equiparato all’attività illecita.
Inoltre, quanto alle somme provenienti dal padre del DI BENEDETTO,
alla deduzione difensiva – corroborata dai certificati anagrafici e dalla
testimonianza della sorella del proposto – avverso l’assunto del primo
giudizio secondo il quale il proposto sarebbe fuoriuscito dal nucleo
familiare nel 2007, nessuna osservazione sarebbe rinvenibile nel
provvedimento gravato. Quanto al costo di realizzazione degli immobili,
ben inferiore a quelli indicato dalla CTU in ragione dell’utilizzo di mano
d’opera personale e familiare, nessuna considerazione sarebbe stata
sviluppata dalla Corte territoriale. Non sarebbe stata valutata la
pensione di invalidità di 500,00 euro ed i relativi arretrati percepiti dal
minore Juncu Denyse Florin e l’incidenza sulla redditualità del proposto
della erogazione di denaro da parte del genitore dello stesso.
3. Con requisitoria scritta il P.G. ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso.
4. I ricorsi sono inammissibili perché proposti per ragioni non consentite
dalla legge.
5. Occorre ribadire che questa Corte ha da tempo messo in

luce la

circostanza che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per

il quale è stata applicata la misura di prevenzione della confisca sui beni

cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il
disposto della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, commi 10 ed 11,
richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 3 ter, comma 2; con la
conseguenza che, in sede di legittimità, non è deducibile il vizio di
motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente, o presenti
difetti tali da renderla meramente apparente e in realtà inesistente,
ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità;

inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di
merito, oppure, ancora, allorché le linee argomentative del
provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari
passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato
la decisione della misura (ex plurimis, Sez. 6, n. 35044, del 8/03/2007,
dep. 18/09/2007, Bruno, Rv. 237277). La limitazione del ricorso alla
sola “violazione di legge” è stata tra l’altro riconosciuta dalla Corte
Costituzionale non irragionevole (sent. n. 321 del 2004), data la
peculiarità’ del procedimento di prevenzione sia sul piano processuale
che su quello sostanziale.
6.

Così definito il perimetro del controllo affidato a questa Corte, deve
osservarsi che i rilievi del ricorrente imperniati sulla carenza di
motivazione in ordine alle deduzioni difensive si risolvono in una
inammissibile riproposizione delle stesse volta ad avallare la congruità
dei redditi di cui il DI BENEDETTO avrebbe disposto rispetto alle
acquisizioni patrimoniali delle quali è stata disposta l’ablazione. In altri
termini, la difesa censura le opposte conclusioni cui è giunto il
provvedimento impugnato sulla base della divergente valutazione degli
elementi proposti dalla difesa stessa.

7.

In particolare, a fronte del duplice compendio immobiliare e del veicolo
confiscati, la Corte ha ritenuto infondati gli assunti difensivi circa la
esistenza di idonei redditi rilevando – da un lato – la già accertata
assenza di stabili lecite fonti di reddito in capo al proposto, siccome
abitualmente dedito al traffico di stupefacenti e senza stabile
occupazione lavorativa e – dall’altro – l’esito peritale che aveva
considerato la capacità reddituale del nucleo familiare rilevando i redditi
percepiti dal padre del proposto (dal 2004 al 2008) risultavano appena
sufficienti a sopperire alle esigenze di vita di una persona anziana.
Quanto ai redditi asseritamente provenienti da lavoro «in nero», la
Corte ha ritenuto che di essi non ve ne fosse in alcun modo prova;
quanto a quelli provenienti dal padre Giuseppe, è stato considerato

ovvero quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente

ineccepibilmente privo di fondamento l’assunto ritenendo contraddittorie
le dichiarazioni sul punto della sorella Tana, privo di riscontro il preteso
prelievo di somme provenienti da arretrati in favore del prevenuto e
riversati nell’acquisto di una casa. In ogni caso, nessuna congruità si
potrebbe stabilire tra queste somme ed il costo di acquisto, costruzione
e ristrutturazione degli immobili; e, infine, correttamente considerato
privo di prova l’assunto della provvista conseguita in occasione

8. All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e ciascuno alla somma di euro
1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma,28.5.2014.

dell’acquisto della vettura.

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