Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23941 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23941 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da GIACCHETTO Faustino, nato a Canicattì (AG) il
30/11/1963, avverso l’ordinanza in data 01/07/2013 del Tribunale di Palermo;
esaminati il ricorso, l’ordinanza impugnata e gli atti ostensibili;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale dott.
Roberto Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avv. Fabrizio Biondo, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione
1. Con due separate ordinanze emesse nella stessa data del 17.6.2013 il G.I.P. del
Tribunale di Palermo ha applicato la (“duplice”) misura cautelare della custodia in
carcere nei confronti di Faustino Giacchetto per una pluralità di reati inscritti nel quadro
delle illecite dinamiche, assurte ad autentico e collaudato “sistema” criminale, di
un’associazione per delinquere da lui stesso “ideata, promossa e organizzata”, operante a
Palermo fino al luglio 2012 e collegata funzionalmente alla genetica attività professionale
dell’indagato quale account pubblicitario e direttore di un centro “media” siciliano,
attività gestita con entità societarie da lui amministrate o comunque controllate (via via
aumentate di numero sino a dar vita a quello che le indagini hanno definito gruppo
Giachetto). Pluralità di reati commessi, secondo l’accusa, dal Giacchetto, sfruttando il suo
(solo in apparenza) semplice formale ruolo di consulente esterno (account supervisor) per i
progetti allestiti dall’ente regionale C.I.A.P.I. (Centro Interaziendale Addestramento
Professionale Integrato), associazione senza fini di lucro creata nel 1970 su iniziativa

Data Udienza: 28/01/2014

1.1. Con la prima ordinanza cautelare il g.i.p. ha contestato al Giacchetto il reato di
associazione per delinquere aggravata, con ruolo di promotore, e una nutrita serie di
reati di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione propria e
impropria, emissione di fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti, illecito
finanziamento di partiti politici. Il nucleo centrale del paradigma accusatorio è costituito
dalla appropriazione e dall’illegittimo impiego dei finanziamenti erogati al CIAPI dalla
Regione Sicilia, con impiego di risorse finanziarie (oltre 15 milioni di euro) stanziate dal
Fondo Sociale Europeo della U.E., per l’attuazione del progetto denominato CO.OR.AP.
(Consulenza, Orientamento e Apprendistato). I fatti reato ascritti al Giacchetto e ai
coindagati traggono origine da una indagine ispettiva eseguita dall’Ufficio Europeo per
la lotta antifrode-O.L.A.F. (Office européen de Lutte Anti-Fraude), che rilevava (inviando un
documentato rapporto informativo alla Procura della Repubblica di Palermo) gravi
irregolarità a carico del CIAPI nella gestione del predetto progetto COORAP. Irregolarità
sottoposte ad ulteriori incrociati accertamenti dalla Guardia di Finanza culminati nella
emersione dei molteplici reati ascritti a più di 40 indagati (83 imputazioni, oltre al reato
associativo, concernenti più episodi di reati in continuazione interna tra loro). Il g.i.p. ha
ritenuto il Giacchetto raggiunto da gravi indizi di colpevolezza per tutti i reati
attribuitigli desumibili dagli inequivoci esiti dei controlli documentali e societari svolti
dalla p.g., corroborati dalle affidabili dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie (chiamate in
correità) dei coindagati Sergio Colli e Angelo Vitale, formali amministratori della Sicily
Communication s.r.l. (poi Media Consulting s.r.l. e Media Center & Management s.r.1.),
ma in realtà “succubi totali” del Giacchetto, effettivo gestore delle società. I due, ad avviso
del g.i.p., hanno permesso di ricostruire in dettaglio il “sistema di ruberie, favori, regalie e
saccheggio dei fondi pubblici di cui il Giacchetto è stato il protagonista principale”.
1.2. Con la seconda ordinanza cautelare, specificamente oggetto del presente

giudizio di legittimità, il g.i.p. ha contestato al Giacchetto undici reati. In particolare: sei
reati di turbativa di gare pubbliche e del procedimento di scelta del contraente (artt. 353,
353 bis c.p.); quattro reati di truffa aggravata ai danni della Regione Sicilia; un reato di
corruzione attiva propria aggravata e continuata (art. 319 bis c.p.). Le corrispondenti
indagini preliminari, palesemente collegate a quelle oggetto della precedente e più estesa

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della Cassa per il Mezzogiorno e passato con delibera del CIPE sotto il controllo del socio
di maggioranza Regione Sicilia. Volto Inizialmente ad attività di qualificazione e
riqualificazione del personale di poli industriali, nel tempo il CIAPI ha differenziato le
proprie finalità, specializzandosi nell’ambito della formazione professionale. Il
Giacchetto, come afferma il g.i.p. nella prima ordinanza cautelare, “ha creato un vero e
proprio sistema criminale che, attraverso continui favoritismi ed elargizioni erogati a funzionari
pubblici, politici, soggetti a vario titolo operanti nel settore della comunicazione e della pubblicità,
riusciva, da un lato, a fare ottenere al CIAPI (che gestiva in piena autonomia) cospicui
finanziamenti nell’ambito di diversi progetti via via autorizzati (CO.OKAP., INFOA…), ciò in
forza delle pratiche di corruttela; dall’altro ad incamerare personalmente una cospicua parte di tali
provvidenze (attraverso l’utilizzo di società al medesimo riconducibili) che utilizzava per bisogni
personali ovvero proprio per le pratiche di corruttela e per alimentare quel complesso sistema di
favoritismi e scambi”. Gli organi che nel “sistema” creato dal Giacchetto divengono i suoi
stabili referenti politico-amministrativi sono in particolare, oltre ovviamente ai vertici
associativi dello stesso CIAPI, l’Assessorato Regionale al Lavoro e alla Formazione
Professionale e l’Agenzia Regionale per l’Impiego e la Formazione Professionale.

2. Adito dall’istanza di riesame del Giacchetto, il Tribunale distrettuale di Palermo
con l’ordinanza dell’1.7.2013 indicata in epigrafe ha respinto il gravame cautelare,
confermando la misura cautelare carceraria applicata all’indagato, che in prosieguo ha
visto affievolita la propria posizione cautelare carceraria, sostituita con quella degli
arresti domiciliari (20.9.2013). Correttamente richiamando per relationem l’ordinanza
cautelare del g.i.p. (e in alcuni casi la stessa iniziale richiesta cautelare del p.m.), il
Tribunale ha ribadito la ravvisabilità dei gravi indizi di colpevolezza legittimanti la
custodia cautelare applicata all’indagato in relazione alle quattro serie di reati
concernenti i quattro menzionati grandi eventi finanziati dalla Regione Sicilia. Ciò senza
sottacere gli allarmanti esiti delle parallele indagini che sono alla base della separata
ordinanza cautelare a carico del Giacchetto per i descritti fatti di associazione criminale,
truffe in danno del CIAPI e connessi reati.

vicenda cautelare, hanno preso avvio dagli accertamenti delegati alla p.g. (Guardia di
Finanza) dal procedente p.m. a seguito di due esposti pervenuti in Procura, uno dei quali
a firma dell’imprenditore Gioacchino Pasca, segnalanti anomalie nell’aggiudicazione di
gare informali a trattativa privata bandite dal Dipartimento Regionale della Protezione
Civile in occasione della visita pastorale del Papa Benedetto XVI a Palermo. Anomalie
riconducibili alla figura di Luciano Muratore, amministratore della General Service s.r.l.
(divenuto uno degli indagati), che le prime verifiche di p.g. individuavano come inserito
in un ampio contesto affaristico-imprenditoriale orientato al condizionamento delle
procedure di gara indette dalla Regione Sicilia. Le operazioni di captazione fonica
ritualmente eseguite nei confronti del Muratore hanno portato in risalto la posizione di
Faustino Giacchetto con un ruolo rilevante e decisivo nel predetto contesto affaristico.
I gravi indizi di colpevolezza a carico del Giacchetto sono focalizzati in questo
caso da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali e dai dati dei flussi informatici
in entrata e uscita su strumenti di comunicazione in uso all’indagato (tabulati telefonici,
comunicazione e-mail) e dal compendio di documenti, oggetti (supporti informatici,
gioielli e orologi di valore) e denaro contante (euro 452.000) sequestrato all’esito di
perquisizione domiciliare eseguita nel luglio 2012. La piattaforma indiziaria attiene
precipuamente a quattro gare per l’affidamento della gestione di importanti eventi (c.d.
Grandi Eventi per l’anno 2011) di richiamo e interesse turistico, interamente finanziati
dalla Regione Sicilia: Taormina Fashion Awards aggiudicato il 12.12.2011 e realizzato il
20.12.2011; Torneo di Golf per donne (Sicilian Ladies Open Golf), aggiudicato il 23.9.2011 e
realizzato ai primi di ottobre 2011; Campionati Mondiali di Scherma, aggiudicati il
17.5.2011 e realizzati ad ottobre 2011; Settimana Tricolore del Ciclismo, aggiudicata
11.6.2011 e realizzata nella seconda metà di giugno 2011 (“le indagini hanno evidenziato
responsabilità degli indagati nella formazione della volontà della P.A., illecitamente deviata per
ottenere l’aggiudicazione a soggetti previamente selezionati da un gruppo di affari privato allo
scopo di realizzare un ingiusto arricchimento di questi soggetti in danno della Regione”).

2.1. Il Tribunale ha sottolineato che le gare per l’allestimento e l’organizzazione dei
quattro eventi turistico-sportivi integranti la regiudicanda cautelare sono risultate
sempre affidate a società riconducibili direttamente o indirettamente al Giacchetto (la
Media Center & Management s.r.l. amministrata da Angelo Vitale; la Media Consulting
s.r.l. e la Barter Consulting s.r.l. amministrate da Sergio Colli) ovvero a società in
apparenza “terze” con cui il Giacchetto ha previamente costituito un rapporto di stretto

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2.2. Quanto alle esigenze cautelari, l’ordinanza del riesame ha ritenuto sussistenti
e persistenti quelle connesse al pericolo di inquinamento probatorio e alla reiterazione di
ulteriori reati da parte dell’indagato. Esigenze di duplice tipologia utilmente
fronteggiabili con la sola applicata custodia carceraria. Pericolo fatto palese, oltre che
dall’intrinseca gravità dei fatti resto ascrittigli e dalla spregiudicatezza e determinazione
con cui egli li ha realizzati, dalla infausta prognosi della personalità formulabile nei
confronti del prevenuto, che ha dimostrato una “dirompente capacità di impatto
sociocriminale sul sistema politico e amministrativo regionale deputato alle procedure di spesa e di
affidamento delle gare”. Dati che attestano un concomitante pericolo di inquinamento
probatorio, quando si tenga conto della vasta rete di relazioni illecite e di conoscenze che
il Giacchetto, negli anni, è stato in grado di instaurare e sapientemente coltivare.
3. Il provvedimento del riesame è stato impugnato per cassazione dai difensori di
Faustino Giacchetto, che hanno dedotto, facendo rinvio anche ad una (allegata) memoria
difensiva presentata al Tribunale distrettuale, i vizi di violazione di legge e di difetto e
illogicità della motivazione sintetizzati come di seguito.
3.1. Violazione degli artt. 273, 192, 292 c.p.p. in riferimento ai gravi indizi di

colpevolezza per tutte le ipotesi criminose contestate al prevenuto.
Nel confermare il provvedimento custodiale i giudici del riesame hanno compiuto
un inadeguato vaglio delle risultanze investigative, enunciando una motivazione che
deve reputarsi in sostanza soltanto apparente. L’ordinanza del riesame, infatti, ha
totalmente trascurato gli elementi esposti nell’ampia memoria difensiva con vari allegati

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partenariato (partnership). Che le prime società siano totalmente controllate dal
Giacchetto, ad onta della formale amministrazione del Vitale e del Colli, è dato che
emerge a chiare lettere, precisa il Tribunale, dalle conversazioni captate e dai rapporti
interpersonali che esse rivelano intercorrere tra il Giacchetto e i detti Vitale e Colli,
totalmente esautorati e da lui impiegati alla stregua di semplici “fattorini”.
Sottolinea ancora il Tribunale come il sistema affaristico instaurato dal Giacchetto,
con la necessaria “compiacenza di alcuni funzionari pubblici” (funzionari regionali) non
abbia quasi mai contemplato la totale esclusione dai vari “affari” delle società non
aggiudicatarie (“molte delle società non aggiudicatarie venivano poi fatte rientrare nella comune
spartizione dei lavori, concedendo loro l’esecuzione, per conto delle stesse aziende aggiudicatrici,
di una parte delle opere e dei servizi previsti dal capitolato di appalto”). Nel contesto del
descritto quadro generale i giudici dl riesame hanno richiamato i molteplici elementi
indiziari (captazioni; acquisizioni documentali; acclarata origine tecnica di alcuni
documenti; dichiarazioni di Vitale e Colli) in relazione alle aggiudicazioni “pilotate” dei
lavori attinenti alle quattro manifestazioni, dedicando particolare meticolosità nel
descrivere, per la plastica efficacia dimostrativa degli illeciti contegni del Giacchetto e dei
suoi interlocutori e coindagati, i fatti relativi alla manifestazione Taormina Fashion
Awards (capi A, B e C della rubrica) tenutasi a Taormina nel dicembre 2011. Contegni
che, nella consolidata dinamica del sistema affaristico creato dal Giacchetto, si ripetono,
più o meno con le medesime modalità per le altre tre manifestazioni. Non inferiore
attenzione è prestata dal Tribunale ai rapporti corruttivi (anche virtualmente corruttivi)
instaurati dal Giacchetto con alcuni funzionari regionali, chiamati ad intervenire ratione
officii in passaggi delle procedure di aggiudicazione(rapporti dell’indagato con i
funzionari regionali Antonino Belcuore, Bruno De Vita e Elio Carreca).

3.2. Violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. in punto di esigenze cautelari.

Anche in questo caso l’ordinanza dei giudici del riesame è munita di una
motivazione apparente che ha obliterato i rilievi difensivi, facendo leva su una errata
interpretazione dei presupposti normativi dettati dall’art. 274 c.p.p.
Dopo la perquisizione domiciliare subita il 3.7.2012, da cui apprendeva di essere
sottoposto ad indagini, l’indagato non ha più avuto contatti con nessuno degli altri
indagati né con persone virtualmente informate dei fatti. Le esigenze probatorie non
sussistono perché, pur prendendo atto del protrarsi delle indagini, il Giacchetto non ha
attuato alcuna manovra per sottrarre il proprio patrimonio ad eventuali vincoli reali.
Tant’è che, in concomitanza dell’arresto, è stato disposto il sequestro di un rilevante
patrimonio immobiliare e di denaro e obbligazioni per svariati milioni di euro. D’altra
parte, come precisa la stessa ordinanza del riesame, il quadro indiziario è formato dai
risultati delle operazioni di captazione fonica e soprattutto dal copioso materiale
documentario acquisito in atti.
Analogamente inconsistenti appaiono le esigenze di carattere socialpreventivo, la
supposta proclività criminale del ricorrente essendo contraddetta dal fatto che il
Giacchetto da oltre un anno ha interrotto ogni rapporto con politici, funzionari regionali
e imprenditori del settore, dismettendo ogni incarico professionale e rendendosi in tal
modo non più operativo.
4. Il ricorso proposto nell’interesse di Faustino Giacchetto deve essere rigettato per
infondatezza dei dedotti motivi di doglianza, che per taluni versi sfiorano la genericità,
laddove -lungi dal disegnare una concreta analisi critica dei passaggi della motivazione
del Tribunale scanditi dalle addotte carenze valutative e violazioni di legge- ripropone
sommari accenti censori che, in vero, sono stati considerati dai giudici del riesame.

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depositata per l’udienza camerale del riesame, non dando risposta alle ragioni di
doglianza del ricorrente. Il Tribunale, in altre parole, si è limitato a riprendere gli
argomenti e le valutazioni enunciate nell’ordinanza cautelare genetica, astenendosi da
una riconsiderazione critica del materiale probatorio. Per le vicende relative ai Mondiali
di Scherma e alla Settimana del Ciclismo i giudici del riesame non hanno neppure
compiuto lo sforzo di riportare i corrispondenti brani dell’ordinanza del g.i.p.,
appagandosi di fare rinvio alle parti del provvedimento del g.i.p. afferenti alle due
manifestazioni.
Sommaria e per più versi erronea va ritenuta, poi, la motivazione con cui il
Tribunale ha creduto di dover confermare il disegno di gravità indiziaria per gli episodi
di corruzione (di cui al capo P della rubrica). Le risultanze delle indagini non dimostrano
in alcun modo il delinearsi di un collegamento funzionale (sinallagmatico) tra le dazioni
o promesse di remunerazioni di vario genere attribuite al Giacchetto e gli atti
asseritamente illegittimi che sarebbero stati compiuti dai pubblici ufficiali fattisi
corrompere dal ricorrente. E’ evidente che un atto pubblico può anche essere errato e
come tale illegittimo, ma non per questo diviene illecito, ove manchi la prova di una
qualche collusione del soggetto privato con il pubblico ufficiale, prova che deve essere
fornita dall’accusa. Il Tribunale incorre in erronea interpretazione della fattispecie
corruttiva, trascurando di individuare lo specifico scambio che deve intercorrere tra la
dazione o promessa di utilità e l’atto del pubblico ufficiale. Ciò è ben chiaro nella
individuazione del prezzo della corruzione dei funzionari De Vita, Belcuore e Carreca.

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apparente dell’ordinanza del riesame, nella parte in cui avrebbe mutuato l’analisi di
segno accusatorio sviluppata dall’ordinanza cautelare genetica, limitandosi a riproporne
in modo acritico ampi passaggi. Se è vero -infatti- che il provvedimento impugnato
richiama in più punti l’articolazione dell’ordinanza cautelare del g.i.p., lo stesso
provvedimento contiene tuttavia una autonoma rilettura delle emergenze investigative e
la coeva indicazione delle ragioni di condivisione delle ricostruzioni valutative del g.i.p.,
le cui scansioni sono ripercorse dall’ordinanza impugnata. Ne discende che l’obbligo di
motivazione risulta soddisfatto, anche mediante una tecnica espositiva per relationem,
proponendo l’ordinanza del riesame una rilettura delle anteriori statuizioni cautelari alla
luce dei rilievi di carattere generale sollevati dall’indagato. Al riguardo è opportuno
rimarcare, alla luce dei criteri ermeneutici stabiliti da questa S.C., che non può ritenersi
affetto da mancanza di motivazione il provvedimento del riesame, ove emerga che il
giudice abbia preso cognizione delle ragioni dell’atto richiamato (ordinanza genetica),
ritenendole coerenti con le proprie risoluzioni.
4.2. Le concatenate censure del ricorrente in tema di gravità del compendio

indiziario da cui egli è considerato attinto sono infondate. Perché le sequenze
argomentative, storico-fattuali e logiche, che connotano l’ordinanza del riesame cautelare
presentano un andamento logico e lineare, con un costante riferimento ai dati storici e
documentali venuti in luce con le indagini.
A fronte di un adeguato apprezzamento delle emergenze delle indagini le
deduzioni esposte nel ricorso non inficiano la complessiva tenuta del percorso
argomentativo tratteggiato dal Tribunale di Palermo, traducendosi in definitiva nella
prospettazione di una lettura alternativa delle evenienze processuali pur ampiamente
vagliate dai giudici del riesame. E’ superfluo rimarcare che in sede di ricorso ex art. 311
co. 2 c.p.p. la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è
censurabile solo nel caso, per certo non ravvisabile per l’impugnata ordinanza, in cui
risulti priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità. Il conseguente
controllo di logicità riservato a questa S.C. non può che rimanere focalizzato all’interno
del provvedimento in discussione, non essendo consentito dare ingresso ad una nuova o
diversa valutazione degli elementi indiziari.

4.1. Destituiti di pregio sono i rilievi afferenti alla motivazione mancante o

4.3. Non dissimili osservazioni si impongono con riferimento alle censure
prefigurate in tema di esigenze cautelari.
L’impugnata ordinanza del riesame ha mostrato di avere compiutamente
individuato e descritto le ragioni fondanti la pericolosità sociale del Giacchetto (pericolo
di recidiva criminosa), avuto riguardo alla concreta gravità dei reati allo stesso contestati,
all’esteso periodo di tempo in cui gli stessi sono stati realizzati, alle articolate e
complesse modalità di consumazione. Né le osservazioni enunciate in ricorso sulla
addotta cessazione dei contatti interpersonali e professionali del prevenuto possono far
velo alla diffusa trama dei rapporti intessuti per anni con persone di vario genere, in
qualche modo collegate alle vicende oggetto della regiudicanda cautelare, e alla connessa
capacità di condizionamento dimostrata dal prevenuto (basti pensare ai suoi rapporti
con i c.d. amministratori delle “sue” società Colli e Vitale) che il Tribunale ha
logicamente ritenuto radicare il connesso pericolo di cui alla lettera a) dell’art. 274 c.p.p. iii

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P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Roma, 28 gennaio 2014

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