Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23922 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23922 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
De Pasquale Ignazio, nato a Marsala il 25.12.85
iindagato art. 6 L. 401/89
avverso la ordinanza del G.i.p. presso il Tribunale di Trapani del 5.10.13

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Letto il parere scritto del P.G. dr. Alfredo Pompeo Viola, che ha chiesto il rigetto del
ricorso ;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con atto del Questore di Trapani
in data 2.10.13, al ricorrente è stata applicata, per la durata di tre anni, la misura (c.d.
D.A.S.P.0) del divieto di accesso agli stadi ed impianti sportivi in occasione degli incontri di
calcio, anche amichevoli, di qualunque squadra ed in tutti gli stadi sul territorio nazionale con
contestuale obbligo di presentazione presso il commissariato di Marsala, 15 minuti dopo
dell’inizio, e 15 minuti prima della fine di ogni incontro della squadra “Sport Club Marsala
1912”
Il provvedimento del G.i.p., qui impugnato, ha convalidato la misura limitativa della
libertà personale.

Data Udienza: 27/05/2014

2. Motivi del ricorso tramite difensore, deducendo:

Avverso tale decisione, il sottoposto ha presentato ricorso,

1) violazione di legge perché il provvedimento del G.i.p. sarebbe viziato dal fatto che la
identificazione dell’odierno ricorrente è basata sulle sole affermazioni delle forze dell’ordine
nella annotazione di polizia. A tale stregua, il controllo del giudice si sarebbe risolto in una
verifica formale;

3) vizio di motivazione in quanto è pacifico che il comportamento vietato dall’art. 6 bis
(invasione di campo) costituisce reato solo se posto in essere durante l’incontro sportivo mentre
nella specie – da chiunque commessa – l’invasione è stata posta in essere al termine
dell’incontro.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione –

Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.

3.1. Ciò che il ricorrente lamenta nel primo motivo è smentito dalla semplice
lettura del provvedimento del G.i.p., accurato, completo e conseguenziale nell’argomentare.
Dopo aver riepilogato i fatti, il giudice di merito sottolinea come la identificazione,
ancorché non “formale”, sia avvenuta correttamente perché le annotazioni di P.G. «non
riferiscono di una identificazione (intesa come formale pratica) compiuta sul campo invaso,
bensì, riferiscono del riconoscimento compiuto da parte delle forze dell’ordine del De Pasquale,
le cui esatte generalità sono state tratte dai cartellini identificativi conservati presso l’ufficio
anagrafe». Nel fare tale affermazione, quindi, il G.i.p. mostra di ritenere corretto l’operato
degli operanti su cui non si può semplicemente gettare discredito in modo generico come fa il
ricorrente nel presente motivo quasi che sussistessero valide ragioni per dubitare della
giustezza del riconoscimento e dell’attendibilità degli operanti. Vi è da soggiungere che, in
proposito, risulta appropriata anche l’ulteriore considerazione del giudice di merito – stimolata da
obiezioni difensive analoghe alle presenti circa l’assenza di una formale identificazione – a proposito del fatto che
l’interessato non può dolersi «che le forze dell’ordine facciano con diligenza ed attenzione il
proprio mestiere». Né, di certo, si poteva pretendere che, per le circostanze di fatto nelle quali
il De Pasquale era stato avvistato (invasione di campo), il sottoposto fosse immediatamente
fermato ed identificato in modo più rituale.
Nessuna irregolarità, quindi, affligge l’identificazione del De Pasquale avendo, peraltro,
il giudice spiegato esaurientemente il proprio convincimento sulla base delle informative di
P.G., essendo stati compiutamente indicati, anche nelle qualifiche, i pubblici ufficiali che
riconobbero il De Pasquale nonché evocato il contesto che, logicamente, impediva una formale
identificazione del prevenuto.
Anche il secondo motivo si rivela destituito di fondamento perché, anche
3.2.
prescindendo dall’assenza di precedenti (di polizia e non), la pericolosità del De Pasquale è stata
bene lumeggiata arguendola dalle caratteristiche e modalità del fatto contestatogli e posto alla
base della misura di cui si discute. Infatti, il De Pasquale si è reso protagonista attivo di una
reazione avendo egli superato la recinzione del campo di gioco, entrandovi arbitrariamente in
un momento in cui ciò non era consentito e contribuendo, con il proprio atteggiamento, a
rafforzare l’intento criminoso di altri “ultras” uno dei quali, Licari, è giunto a cagionare lesioni
all’allenatore della squadra avversaria. In altri termini, conclude logicamente il G.i.p., con il
proprio comportamento espressivo di dissenso per l’esito della gara (evidentemente ritenuto
2

2) violazione di legge perché il Questore, nel motivare il proprio provvedimento, ha
indicato non meglio precisati precedenti di polizia che il De Pasquale, con la memoria
presentata al G.i.p., aveva negato. Ciò nonostante il G.i.p. ha ritenuto la pericolosità del
ricorrente senza una valida giustificazione e sebbene egli sia immune da censure di ogni tipo;

ingiusto), il De Pasquale ha dato prova di una «incapacità di limitare le reazioni e di
comportamenti a fronte di (vere o presunte) ingiustizie sportive, che costituisce l’essenza della
sua pericolosità».

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €

Così deciso il 27 maggio 2014

• si g i:A :A estensore

Palesemente infondata è, infine, l’ultima censura perché, a prescindere
3.3.
dal rilievo che le emergenze fattuali attestano che, allorquando avvenne l’invasione di campo, i
giocatori erano ancora sul campo, vale il rilievo che è indifferente il fatto che l’invasione di
campo non dia luogo ad un’autonoma ipotesi criminosa visto che, comunque, è, in sé, una
condotta illecita perché contraria a delle norme specifiche (ancorché non penali) ed è, come tale,
«giuridicamente disvalente ai sensi dell’art. 6 bis L. 401/89» e sintomatica di pericolosità e di
attitudine alla inosservanza delle regole.

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