Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23907 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23907 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALAMARA ANTONINO N. IL 19/11/1962
avverso l’ordinanza n. 215/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
04/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott.„QIACOMO ROCCHl .
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Dott.
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N-<-~ Uditi difens Avv.; Data Udienza: 18/04/2013 RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'appello di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, respingeva l'istanza proposta da Palamara Antonino di riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con due sentenze della Corte di Assise di Appello di Milano e della Corte di appello di Milano, entrambe emesse in relazione ai reati di cui agli artt. 73, 74 e 80 d.P.R. 309 del 1990, nel primo caso commessi fino al 1994, nel secondo caso tra il 2003 e il 2007. malavitoso Morabito - Palamara Bruzzaniti, operante a Milano dal 1980 al 2007; l'istante sosteneva che la carcerazione dal 1994 al 2006 non aveva inciso sulla sua appartenenza al sodalizio criminoso e che, trattandosi di reati omogenei commesse in continuità temporale, le condotte dovevano ritenersi parti di un identico disegno criminoso. La Corte rigettava tale prospettazione: nel procedimento più risalente, Palamara era intervenuto come finanziatore esterno all'associazione dei Di Giovine, cui si era associato, peraltro come singolo e non come appartenente al gruppo Morabito; nel procedimento più recente, invece, egli aveva svolto il ruolo di partecipe dell'associazione facente capo a Morabito Antonino, che aveva direttamente gestito i traffici di droga in forma associata. La Corte osservava che l'appartenenza al gruppo Morabito non implicava affatto il finanziamento delle attività di altro gruppo illecito, mentre l'attività illecita più recente era il diretto portato della sua appartenenza alla cosca Morabito. Non sussisteva, quindi, un medesimo disegno criminoso che legasse le due diverse condotte. 2. Ricorre per cassazione Antonino Palamara, deducendo la erroneità, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione e il travisamento dei fatti. Anche nel processo più risalente Antonino Palamara era stato ritenuto, insieme a Giuseppe Micheletti, capo dell'organizzazione; inoltre, nella seconda sentenza, Palamara era stato riconosciuto capo del gruppo 'ndranghetista Morabito operante a Milano fin dal 1980; ma la Corte territoriale non aveva considerato che, tra i reati giudicati nella seconda sentenza, vi erano anche due acquisti di ingenti quantità di stupefacenti dal gruppo Di Giovine, condotte che erano state poste in essere dalla cosca Morabito, come la sentenza emessa in un separato procedimento nei confronti dei componenti di quel gruppo aveva statuito. I collaboratori di giustizia avevano confermato che la cosca Morabito acquistava droga dal gruppo Di Giovine e che Palamara, capo della cosca, 2 L'istanza era fondata sulla partecipazione in posizione di vertice al gruppo mandava a ritirare lo stupefacenti altri componenti. Palamara, fin dalla giovane età, aveva seguito il disegno criminoso di partecipare all'associazione a delinquere Morabito Palamara - Bruzzaniti, che aveva lo scopo sociale di commercializzare stupefacenti al fine di garantire la continuità della cosca madre. Sussistendo un legame imprescindibile tra i reati fine commessi dal capo o dall'appartenente ad una associazione per il traffico di stupefacenti e la organizzazione medesima, il ricorrente conclude per l'annullamento 3. Il difensore di Palamara Antonino propone ricorso per cassazione, deducendo la violazione dell'art. 81, comma 2, cod. pen., eccependo che il sindacato di merito era stato limitato alla verifica dei capi di imputazione e sostenendo la nullità dell'ordinanza. Il ricorrente aveva chiesto il riconoscimento della continuazione, sostenendo che Palamara non avrebbe potuto porre in essere i reati giudicati con la prima sentenza se non come emissario dell'organizzazione Morabito oggetto della seconda sentenza, organizzazione che era già operativa prima della commissione del reati giudicati successivamente: la motivazione taceva del tutto su questa prospettazione. In un secondo motivo, il ricorrente deduce la contraddittorietà della motivazione e l'incompatibilità tra l'informazione posta a base del provvedimento impugnato e quella esistente negli atti processuali. Dalla prima sentenza emergeva che Palamara e Micheletti erano capi dell'organizzazione Di Giovine e ciò confermava una sostanziale omogeneità delle condotte, in perfetta coerenza con l'appartenenza ad altra associazione (la cosca Morabito), che risaliva ad epoca anteriore alle condotte riguardanti il clan Di Giovine. Dagli atti emergeva con chiarezza che i reati giudicati nella prima sentenza erano stati commessi dal Palamara come componente del gruppo Morabito e, pertanto, al momento della commissione dei reati giudicati con la prima sentenza, l'elaborazione criminosa del ricorrente aveva compreso anche i reati di cui alla seconda sentenza. Il ricorrente conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. 4. Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto dei ricorsi: per poter ritenere l'esistenza di un unico disegno criminoso, occorrerebbe dimostrare che, fin dal momento in cui Palamara aveva costituito il gruppo Morabito - Palamara Bruzzaniti negli anni '80, egli avesse previsto e voluto che, successivamente, egli avrebbe operato come acquirente di sostanze 3 dell'ordinanza impugnata. stupefacenti dal gruppo Di Giovine, all'epoca non ancora operante in Lombardia. Al contrario, il rapporto con il gruppo Di Giovine venne determinato da situazioni contingenti e non previsto al momento della costituzione dell'associazione. 5. Il difensore del ricorrente ha depositato motivi nuovi, sottolineando che la sentenza di condanna concernente l'associazione Morabito - Palamara Bruzzaniti aveva affermato esplicitamente che essa si apriva, con contatti e accordi, ad altre associazioni, tra cui quella del Di Giovine, circostanza da cui si come singolo. Le condotte era, quindi, legate da un unico disegno criminoso, atteso che i fatti commessi con il gruppo Di Giovine erano funzionali all'interesse della cosca Morabito. D'altro canto, la continuazione riconosciuta a Micheletti Giuseppe contrastava con il rigetto del medesimo istituto a Palamara Antonino. Il ricorrente insiste per l'annullamento invocato in ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso deve essere respinto. Come esattamente osservato dal Procuratore generale, se la continuazione tra reato associativo e reati fine è configurabile esclusivamente qualora questi ultimi siano stati programmati nelle loro linee essenziali sin dal momento della costituzione del sodalizio criminoso (Sez. 1, n. 8451 del 21/01/2009 - dep. 25/02/2009, Vitale, Rv. 243199; Sez. 1, n. 12639 del 28/03/2006 - dep. 10/04/2006, Adamo, Rv. 234100), l'accoglimento dell'istanza presupporrebbe che, al momento dell'ingresso del ricorrente nel gruppo criminoso Morabito Palamara - Bruzzaniti, il finanziamento degli acquisti presso il gruppo Di Giovine fosse già stato previsto e programmato, circostanza che viene esclusa dal giudice del merito, sulla considerazione che, per l'appunto, il gruppo Di Giovine non esisteva ancora. Come si vede, non si tratta tanto di valutare se Palamara agì come finanziatore e capo del gruppo Di Giovine, quale componente dell'associazione Morabito, ma di verificare se tale azione fosse già stata programmata in precedenza; né il presupposto dell'anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale può essere talmente diluito da intravedersi nella "decisione di introdursi in una fitta rete di relazioni finalizzate al narcotraffico con una pluralità di soggetti", in un periodo di 27 anni (1980 - 2007), in quanto, in questo modo, si pretende di "rileggere" la lunga e variegata carriera criminale può escludere che Palamara avesse agito, nell'ambito del gruppo Di Giovine, del condannato (intervallata, per di più da un periodo di 12 anni di detenzione) come composta di delitti commessi in continuazione tra loro, mediante l'uso di un mero artificio dialettico. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese Così deciso il 18 aprile 2013 Il Consigliere estensore Il Presidente processuali.

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