Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23905 del 13/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23905 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

Data Udienza: 13/03/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– SANTILLO GIANLUIGI, n. 16/11/1966 a SAN POTITO SANNITICO

avverso la sentenza del tribunale di S. MARIA CAPUA VETERE, Sez. Dist.
PIEDIMONTE MATESE in data 5/03/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite per il ricorrente le conclusioni dell’Avv. D. Mancino, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

1

RITENUTO IN FATTO

1. SANTILLO GIANLUIGI ha proposto ricorso avverso la sentenza del tribunale di
S. Maria Capua Vetere, sez. dist. di Piedimonte Matese, emessa in data
5/03/2013, depositata in data 8/03/2013, con cui il medesimo imputato è stato

sospesa di C 4.000,00 di ammenda perché, in concorso con Bagnato Domenico
(assolto dal giudice con la medesima sentenza per non aver commesso il fatto),
nella qualità il Santillo di Presidente del Consorzio Intercomunale CE/1 ed il
Bagnato di Responsabile dell’articolazione territoriale CE/1 del Consorzio Unico
del Bacino delle province di Napoli e Caserta, effettuava una gestione nella fase
di stoccaggio di rifiuti solidi urbani in assenza delle prescritte autorizzazioni;
acc.to in Dragoni, il 7 ottobre 2008.

2.

Con il ricorso, tempestivamente proposto dal difensore fiduciario

cassazionista, vengono dedotti tre motivi, di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo ed il secondo motivo, che per l’omogeneità dei profili
di doglianza possono essere congiuntamente trattati, la violazione dell’art. 606,
lett. c), c.p.p. in relazione all’art. 192 c.p.p. nonché la violazione dell’art. 606,
lett. e), c.p.p. per mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione.
Si duole il ricorrente per aver il giudice affermato la responsabilità del ricorrente
in base ad affermazioni apodittiche e deduzioni contrastanti con i dati probatori,
così rendendo illogica la motivazione della sentenza; in particolare, tale vizio
emergerebbe laddove il giudice ritiene il ricorrente responsabile per aver
stipulato, quale Presidente del consorzio, il contratto di locazione relativo ad un
immobile che doveva essere adibito unicamente al deposito di automezzi, sicchè,
per tale ragione, egli era necessariamente colui che aveva dato disposizioni di
stoccare i rifiuti all’interno del Consorzio; tale affermazione, secondo la difesa, è
non solo disancorata da dati probatori ma anche illogica in considerazione della
natura dell’ente di cui il ricorrente era il legale rappresentante al momento della
stipula del contratto di locazione, ente composto da un organo politico e da un
organo tecnico, con ruoli e responsabilità ben diversi, come emerso in
dibattimento dalla dichiarazioni dei testi assunti (A. Scialdone, che ha dichiarato
che dello stoccaggio di occupavano gli organi tecnici e non il presidente; A. Del
Vecchio, che ha riferito che i tecnici erano due, tra cui tale arch. Di Muccio che
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condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena

aveva la responsabilità della raccolta, non essendo in grado di riferire se i tecnici
avessero agito d’iniziativa o su impulso di qualcuno; le dichiarazioni di A.
Scialdone, che ha confermato che i tecnici fossero due, tra cui la Di Muccio e tale
Raucci); orbene, osserva la difesa, proprio la complessità dell’organigramma del
Consorzio e la presenza di tecnici che si occupavano in particolare dello
stoccaggio, non consentiva di affermare che la destinazione dell’immobile, nella

chi, come il ricorrente, aveva stipulato il contratto di locazione; dall’istruttoria, in
particolare, è emerso, sottolinea la difesa, che lo sversamento dei rifiuti nel
deposito fosse avvenuto proprio su disposizione della Di Muccio che, all’epoca del
fatto, si occupava della gestione e dello stoccaggio, attività cui non aveva preso
parte il ricorrente; la sentenza, nel disattendere le deduzioni difensive, le
avrebbe superate ritenendo che non di gestione si trattava ma di stoccaggio non
autorizzato presso un sito rientrante nella disponibilità del legale rappresentante
del consorzio, sicchè solo il ricorrente, nella sua qualità, avrebbe potuto
impartire le disposizioni illecite e non il responsabile tecnico; tale affermazione
contrasterebbe, come evidenziato dalla difesa, con quanto dichiarato dal teste A.
Scialdone in dibattimento che, nel corso del suo esame, aveva affermato che era
la Di Muccio a disporre per iscritto, come risultante da documenti affissi in
bacheca, una serie di attività “tra cui quella di posizionare questo materiale
all’interno del capannone”, frase di inequivocabile tenore che, però, il giudice non
avrebbe esattamente colto ritenendo che evidentemente doveva esservi stata
una preventiva disposizione, assunta a livello superiore, dunque riferibile al
presidente del consorzio; il giudice, dunque, avrebbe superato un dato
probatorio certo con una deduzione, chiaramente apodittica, frutto di un
preconcetto convincimento del giudice secondo cui non era possibile che l’organo
tecnico potesse adottare scelte illecite, dovendosi attribuire la responsabilità per
queste ultime solo all’organo politico, sicchè la Di Muccio si sarebbe in sostanza
solo limitata ad indicare dove posizionare il materiale all’interno del capannone,
indirizzatavi dal presidente.
L’illogicità del percorso motivazionale, poi, a giudizio della difesa, emergerebbe
dall’ulteriore passaggio argomentativo del tribunale che, a sostegno dell’assunto,
trae la responsabilità del ricorrente dalla sinergia venutasi a creare,
successivamente allo scioglimento del consorzio, tra il Pref. Bagnato ed il nuovo
responsabile tecnico da lui nominato, A. Scialdone; in sostanza, poiché era stato
il Bagnato ad inviare lo Scialdone sul posto a causa di segnalazioni riguardanti
anomalie nella gestione del sito, allora, di conseguenza, anche in seno al
Consorzio la regola doveva essere la stessa, ossia che era l’organo politico ad
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specie per ricovero automezzi, potesse essere mutata se non su disposizioni di

indirizzare le scelte di quello tecnico anche relativamente alla decisione di
sversar ei rifiuti nel sito non autorizzato, ciò in assenza di qualsiasi prova della
consapevolezza da parte del ricorrente della situazione; incertezza, poi,
sussisterebbe anche sulla data del commesso reato, in quanto il giudice ritiene
che poiché la stipula del contratto di locazione del deposito risale al 28/12/2007
e lo scioglimento del consorzio, con conseguente cessazione dalle funzioni del

intercorrente tra queste due date, affermazione, questa, non ancorata ad alcun
dato probatorio, in quanto non avrebbe valore dimostrativo la data di stipula del
contratto di locazione, tenuto altresì conto che l’accertamento del reato è
avvenuto nell’ottobre 2008, dunque tre mesi dopo la cessazione dalle funzioni
del Santillo.

2.2. Deduce, con il terzo motivo, la violazione dell’art. 606, lett. e), c.p.p. per
manifesta illogicità e contraddittorietà della decisione rispetto ad atti del
processo.
Si duole, infine, il ricorrente per aver il tribunale tratto argomenti per affermare
la responsabilità dell’imputato ritenendo che non l’organo tecnico, arch. Di
Muccio, ma quello politico, ossia il presidente del consorzio, doveva essere
considerato responsabile, in quanto, nonostante fosse emerso che era la Di
Muccio ad aver impartito disposizioni per lo stoccaggio, doveva esservi a monte
una preventiva disposizione, impartita dal Santillo, che ordinava di stoccare i
rifiuti in quel sito; nel riportare il verbale trascritto della deposizione del teste
Scialdone, la difesa rileva come fosse stato proprio quest’ultimo ad affermare
che era la Di Muccio ad aver impartito le disposizioni sullo stoccaggio, avendole
viste scritte in una bacheca, facendone copia e consegnandole al Pref. Bagnato,
avendo peraltro il teste Scialdone riferito che sulla nota vi era la sola firma della
Di Muccio e non del Santillo, escludendo, su domanda della difesa, che vi fosse
stata un’indicazione a monte data da qualcuno alla Di Muccio medesima.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere accolto per le ragioni di cui si dirà oltre.

4.

Ed invero, rileva il Collegio come all’imputato è stata contestata l’ipotesi

contravvenzionale prevista dall’art. 256, d. Igs. n. 152/2006; il termine di
prescrizione ordinaria del reato di anni quattro; il termine di prescrizione
massima è di anni cinque.
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ricorrente, risale al 24/07/2008, lo stoccaggio si sarebbe verificato nel periodo

4.1.

Premesso quanto sopra, il ricorso non può ritenersi manifestamente

infondato, atteso che la sentenza impugnata si fonda su affermazioni
manifestamente illogiche e contrastanti con atti del processo e risultanti anche
dalla stessa motivazione dell’impugnata sentenza. Ben due testimoni, infatti,
hanno riferito che il ricorrente, nella qualità di presidente del Consorzio, non si
occupava degli aspetti tecnici e che, invece, le disposizioni sullo stoccaggio dei

del ricorrente, pertanto, appare fondata su deduzioni non supportate da elementi
probatori certi.
Il vizio motivazionale comporterebbe, dunque, la necessità di disporre
l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza, ma il reato è estinto per
prescrizione. Ed infatti, è pacifico che lo stoccaggio illecito di rifiuti è reato
istantaneo con effetti permanenti. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti,
più volte affermato che il reato di stoccaggio di rifiuti – quand’anche tossici e
nocivi – ha natura istantanea con effetti permanenti, in quanto si consuma con
l’effettuazione dello stoccaggio, sicché il mantenimento “in loco” dei rifiuti non
costituisce prosecuzione dell’attività criminosa, ma attiene unicamente alle
conseguenze della condotta (Sez. 3, n. 821 del 01/12/1992 – dep. 01/02/1993,
Casprini, Rv. 192983).
Ne discende, facendo coerente applicazione di tale principio al caso esaminato,
che essendo il ricorrente cessato dalla carica alla data del 24/07/2008, il
momento ultimo di consumazione del reato, al più, può coincidere con
quest’ultima data, non potendosi protrarre sino a quella dell’accertamento (7
ottobre 2008), sicché, tenuto conto anche dei periodi di sospensione (pari a gg.
158 complessivi, ossia mesi 5 e gg. 8, calcolati dal 12/05/2011 al 17/10/2011
causa concomitante impegno del difensore, da considerarsi per l’intero e non nel
solo limite di gg. 60 ex art. 159, comma primo, n. 3, cod. pen.: Sez. 2, n. 17344
del 29/03/2011 – dep. 05/05/2011, Ciarlante, Rv. 250076), la prescrizione è già
maturata alla data del 1 gennaio 2014.

5. L’impugnata sentenza dev’essere, conclusivamente, annullata senza rinvio per
essere il reato estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2014
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rifiuti nel deposito erano state impartite dall’Arch. Di Muccio. La responsabilità

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