Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23902 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23902 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EL JANATI HASSAN N. IL 12/12/1989
avverso l’ordinanza n. 126/2012 GIP TRIBUNALE di BRESCIA, del
16/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/m le conclusioni del PG Dott.
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Uditi dife or Avv.;

Data Udienza: 16/04/2013

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza 16 aprile 2012 il G.I.P. del Tribunale di Brescia, pronunciando
quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta nell’interesse del
condannato Hassan El Janati di annullamento dell’ordine di esecuzione di pene
concorrenti per espiazione di pena detentiva, emesso il 15 marzo 2012 dal
Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale, al fine di ottenere la
sospensione della esecuzione della pena e la sua immediata scarcerazione, ritenendo
ostativo il rilievo per cui la custodia cautelare presofferta dal 24/2/2010 al

conclusosi con la condanna alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione ed
€.6.000 di multa, sentenza di cui al punto n.3 dell’ordine di esecuzione, doveva
essere imputata a detto titolo esecutivo e, soltanto se eccedente l’entità della pena
per esso inflitta, imputata a titolo diverso, ossia alla sentenza di condanna per il
delitto di rapina commesso l’ 1 ottobre 2008 in Brescia, per la quale non risultava
alcun “presofferto” cautelare ed era stata comminata la pena di mesi dieci di
reclusione ed €.140 di multa con sentenza di cui al punto n.2 dell’ordine di
esecuzione.
2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del suo difensore, il quale lamenta l’illegittimità e la nullità
dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 657 cod. proc. pen., comma 1: il
condannato ha diritto di ottenere l’imputazione della custodia cautelare presofferta
alla pena in esecuzione per altro reato, quello di rapina, che osta alla concessione del
beneficio della sospensione dell’esecuzione con la conseguente eseguibilità di pene
per reati non ostativi e concedibilità della sospensione e della scarcerazione.
3.Con requisitoria scritta del 23 novembre 2012 il Procuratore Generale presso
la Corte di Cassazione, dr. Sante Spinaci, ha chiesto l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza impugnata, condividendo i motivi del ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e va accolto.
1.In punto di fatto risulta documentato che con il provvedimento di unificazione
di pene concorrenti, emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Brescia in data 15 marzo 2012, sono state poste in esecuzione nei confronti del
ricorrente le seguenti pene:
1) mesi quattro di reclusione ed euro 140,00 di multa, inflitti con sentenza del
Tribunale di Brescia del 9/9/2008, irrevocabile il 22/11/2008, per il delitto di furto
tentato, commesso in data 8/9/2008;
2)mesi dieci di reclusione ed euro 140,00 di multa, inflitti con sentenza della Corte di
Appello di Brescia del 23/11/2010, irrevocabile il 16/10/2011, per il delitto di rapina
1

28/2/2011 nell’ambito del procedimento per reato concernente stupefacenti, poi

commesso l’ 1/10/2008;
3)anni uno, mesi dieci di reclusione ed euro 6.000,00 di multa, inflitti con la
sentenza della Corte di Appello di Brescia del 25/2/2011, irrevocabile il 6/12/2011,
per il delitto di cui all’art. 73 d.p.r. 309/90, commesso il 24/2/2010.
1.1 Dette sanzioni, detratto il presofferto per giorni due in relazione alla
condanna di cui al punto 1) e per anni uno e giorni quattro in relazione a quella sub
3), sono state cumulate, esitando la pena da espiare di anni uno, mesi undici e giorni
ventisei di reclusione.
1.2 L’ordinanza impugnata ha accolto la tesi propugnata dal Procuratore della

custodia cautelare patito dal 24/2/2010 al 28/2/2011, prima della formazione del
cumulo materiale, per il delitto giudicato con la sentenza sub 3) alla pena da
eseguire per diversa sentenza di condanna, quella sub 2), riguardante il reato di
rapina aggravata, ostativo alla concessione della sospensione dell’esecuzione, in
quanto, a carico del P.M. procedente sussisterebbe l’obbligo giuridico di imputare il
presofferto cautelare al titolo esecutivo riguardante il reato per il quale era stata
applicata la misura cautelare e, soltanto in caso di eccedenza, ad altri titoli.
2. Osserva in primo luogo questa Corte che in linea di principio il cumulo delle
pene, materiale o giuridico che sia, dà luogo alla determinazione di una pena unica
ad ogni effetto giuridico, con la costituzione all’atto dell’espiazione di un rapporto
esecutivo unitario perché riferito a tutte le condanne riportate e non singolarmente a
ciascuna o ad alcune di esse. A mitigare gli effetti pregiudizievoli di tale
considerazione è intervenuta la giurisprudenza di questa Corte, che sin dalla
pronuncia delle Sezioni Unite nr. 14 del 30/6/1999, Ronga, rv. 214355,
successivamente confermata da sentenze più recenti, ha risolto la questione in punto
di diritto, che aveva dato luogo ad un contrasto fra orientamenti interpretativi
differenti, relativa alla possibilità di intervenire in sede esecutiva sul cumulo delle
pene, che, sia in caso di cumulo materiale, derivante da provvedimento di
unificazione di pene concorrenti ai sensi dell’art. 663 cod. proc. pen., che di cumulo
giuridico, effetto dell’applicazione della continuazione o del riconoscimento del
concorso formale di reati, pur dando luogo ad un rapporto esecutivo unitario, avente
ad oggetto l’espiazione di sanzione divenuta unica, può essere sciolto quando tale
operazione sia propedeutica all’applicazione di benefici penitenziari o comunque di
istituti che producano effetti a vantaggio del condannato.
2.1 Tale pronuncia ha recepito quanto affermato dalla Corte costituzionale nella
nota sentenza n. 361 del 27/7/1994, con la quale, nel dichiarare infondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, primo periodo, della
L. 26/7/1975, n. 354, come sostituito dal D.L. 8/6/1992, n. 306, art. 15, comma 1,
lett. a), convertito nella L. 7/8/1992, n. 356, per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.,
si è precisato che la stessa norma, per essere aderente al principio di eguaglianza di
cui all’art. 3 Cost., va interpretata nel senso della concedibilità delle misure
2

Repubblica, ritenendo di non poter imputare a beneficio del condannato il periodo di

alternative alla detenzione ai condannati per i reati gravi, indicati dalla disposizione
stessa, se essi abbiano già espiato per intero la pena per detti reati e stiano
eseguendo pene per reati meno gravi, il cui titolo non impedisce l’accesso agli istituti
penitenziari alternativi alla carcerazione.
2.2 Si deve ritenere poi che il principio di scindibilità del cumulo debba trovare
applicazione, in assenza di precisi argomenti giuridici contrari, anche con riferimento
all’istituto della sospensione dell’esecuzione delle pene brevi prevista dall’art. 656
cod.proc.pen., finalizzato ad evitare l’ingresso in carcere del condannato in attesa
dell’eventuale richiesta di applicazione di misura alternativa e della relativa decisione

22479 del 16/4/2002, Capasso, rv. 222524; sez. 1, n. 24981 del 31/5/2005, De
Carlo, rv. 231667), quando dal riscontro sulla già avvenuta espiazione di una pena,
ricompresa nel cumulo materiale, e dalla possibilità di riferirla a quella comminata
per uno dei reati indicati nell’art. 656 cod. proc. pen, comma 9, discenda l’esclusione
dell’impedimento, stabilito dalla stessa disposizione di legge, all’ammissione del
condannato giegla sospensione e la sua immediata liberazione.
2.3 In senso ostativo non ha pregio l’argomentazione, contenuta nell’ordinanza
impugnata, ma sfornita di riferimenti normativi o interpretativi, secondo la quale
sussisterebbe un obbligo di imputazione della carcerazione cautelare alla pena inflitta
con la sentenza di condanna per quello stesso reato e, soltanto per l’eccedenza, alla
sanzione comminata con altro titolo giudiziale.
2.3.1 Invero, l’esame delle disposizioni contenute nell’art.657 cod.proc.pen.
induce a valorizzare la formulazione letterale del primo comma, secondo il quale “il
pubblico ministero, nel determinare la pena detentiva da eseguire, computa il
periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per altro reato, anche se la
custodia è ancora in corso”; la norma impone dunque di prendere in considerazione
la custodia cautelare, a prescindere che sia stata sofferta per lo stesso o per diverso
reato, quindi anche in separato procedimento, per quantificare la pena da espiare in
concreto, e ciò indipendentemente dalla sua giustizia ed alla sola condizione, imposta
dal successivo quarto comma dell’art. 657 cod. proc. pen., che si tratti di
carcerazione subita dopo la commissione del reato per il quale deve essere
determinata la sanzione detentiva da espiare. La finalità di tale previsione e
dell’esclusione dai suoi presupposti del requisito dell’ingiustizia della privazione della
libertà personale, che quindi non deve essere stata subita “sine titulo”, risiede
nell’esigenza di ridurre al minimo, in omaggio del principio del “favor libertatis”,
l’eventualità di una restrizione che potrebbe rivelarsi ingiusta o inutile in un secondo
momento, inconveniente evitabile con l’immediata imputazione ad una pena da
eseguire della detenzione subita per altro reato, anche se per lo stesso non sia
ancora intervenuta pronuncia di condanna irrevocabile, fatto salvo sempre il divieto
che lo stesso periodo di custodia non sia stato già calcolato in altra pena detentiva
da espiare (Cass. sez. 1, n. 13583 del 19/02/2009, P.M. in proc. Palmitessa, rv.
3

del Tribunale di Sorveglianza, come già affermato da questa Corte, (Cass., sez. I, n.

243143; sez. 1, n. 2351 del 30/03/2000, Sapere, rv. 216087; sez. 1, n. 627 del
29/01/2000, PG in proc. Capone, rv. 215387; sez. 1, n. 707 del 27/01/1999,
Accorinti, rv. 212594).
2.3.2 L’interpretazione qui sostenuta trova giustificazione nel noto principio,
secondo il quale ciascun periodo di carcerazione, espiato anticipatamente rispetto
alla condanna definitiva, non va specificamente imputato a questo o quell’altro titolo,
se non quando ciò si traduca in un concreto vantaggio per il condannato.
2.3.3 Coerente con detta soluzione risulta anche la relazione al progetto
preliminare all’attuale codice di rito, pubblicata nel supplemento ordinario n.2 della

divenuto in seguito nel testo definitivo art. 657, è affermato: “nel comma 1 si è
peraltro precisato che anche la custodia subita per altro reato deve essere
immediatamente (anche se è ancora in corso) detratta dalla pena da scontare. Si
afferma così il principio che la detenzione non convalidata da un titolo definitivo (la
cui giustificazione è pertanto ancora sub judice) va comunque imputata alla pena
definitiva”.
2.4 Infine, concludendo la rassegna dei principi generali riferibili al caso in
esame, va ricordato che in sede esecutiva il cumulo delle pene è scindibile, ai fini
della fruizione dei benefici penitenziari in ordine ai reati che non sono ostativi alla
loro concessione, dovendosi ritenere, in base al principio del “favor rei”, che la pena
inflitta con la sentenza di condanna relativa ai delitti ostativi sia stata espiata per
prima (Sez. 1, n. 14563 del 12/04/2006, Hamdy, rv. 233946; sez. 1, n. 47660 del
14/11/2003, Geria, rv. 226470; sez. 1, n. 45735 del 14/11/2001, Caroppo, rv.
230374).
3.Ebbene, nel caso in esame ricorrono tutti i presupposti pretesi dall’art. 657
cod. proc. pen., comma 1, in quanto la custodia cautelare sofferta dal ricorrente non
è stata già computata nella pena da espiare per altro reato, è stata eseguita dal
24/2/2010 al 28/2/2011 successivamente alla commissione del reato di rapina,
avvenuta V1/10/2008, alla cui pena si vuole sia attribuita e tale imputazione
determina in astratto un sensibile vantaggio per il condannato, ossia l’esclusione
della condizione ostativa alla fruizione della sospensione dell’esecuzione, di cui,
nell’assenza di altra condizione impeditiva, avrebbe già potuto beneficiare se solo
l’ordine di esecuzione riguardante la condanna per la rapina fosse stato emesso
tempestivamente e non a distanza di un anno e mezzo dalla formazione del
giudicato.
Per le considerazioni svolte l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio al
G.I.P. del Tribunale di Brescia che procederà a nuovo esame dell’istanza nel rispetto
dei principi di diritto sopra enunciati.

P. Q. M.
4

Gazzetta Ufficiale n.250 del 24.10.1988, nella quale, in riferimento all’art. 648,

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.I.P. del Tribunale
di Brescia.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2013.

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