Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2390 del 11/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2390 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: FIDELBO GIORGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) LA PIETRA ANTONIO N. IL 13/04/1959
avverso la sentenza n. 2566/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
06/02/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIORGIO FIDELBO;

Data Udienza: 11/12/2012

OSSERVA
Con la decisione in epigrafe, la Corte d’appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del
Tribunale di Lucera 24.6.2011 appellata, tra gli altri, da Antonio La Pietra, ha assolto l’imputato dai
reati contestati ai capi A) e B), mentre ha confermato la sua responsabilità in ordine ai reati di
resistenza a pubblico ufficiale e di porto abusivo di coltello a scatto, di cui ai capi C) e D),

L’imputato, tramite il suo difensore di fiducia,

ha proposto ricorso per cassazione

personalmente, deducendo l’illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità
per il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
L’avvocato Franco Metta ha depositato anche una memoria in cui ribadisce il contenuto del
ricorso.

Il motivo dedotto è manifestamente infondato, in quanto la motivazione con cui la sentenza ha
ritenuto sussistente il reato di cui all’art. 337 c.p. appare intrinsecamente logica e inoltre coerente
rispetto al materiale probatorio acquisito.
L’imputato, alla guida della sua autovettura, non si è fermato al segnale di “alt” dei Carabinieri,
dandosi alla fuga e tentando più volte di “speronare” con la propria autovettura, quella dei militari
che lo inseguivano, ponendo così in essere quella condotta violenta e oppositiva all’atto d’ufficio
del pubblico ufficiale, che caratterizza il reato di resistenza. Questa Corte, in più occasioni, ha
avuto modo di affermare che commette resistenza a pubblico ufficiale il conducente dell’auto che,
inseguito da una vettura della forza pubblica, per impedire a questa di raggiungerlo e di fermarlo,
compia manovre pericolose che si concretino in atti di intimidazione atta a contrastare l’attività
degli agenti della forza pubblica. Ed è quanto accaduto nel caso in esame, in cui l’imputato, per
ostacolare l’azione dei Carabinieri che lo inseguivano ha “tentato di speronare” la loro autovettura.
La circostanza che non vi sia stato alcun contatto tra le due autovetture, non può costituire un
argomento che porti ad escludere il reato contestato, in quanto anche attraverso l’azione del “tentare
di speronare” l’imputato ha posto in essere una condotta di violenza c.d. impropria, che può essere
esercitata con corpi non destinati per loro natura o carattere all’offesa e, quindi, anche con un mezzo
meccanico quale l’automobile, condotta diretta ad opporsi all’azione dei pubblici ufficiali.

La manifesta infondatezza dei motivi comporta l’inammissibilità del ricorso, con la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende di una

rideterminando la pena in un anno e dieci mesi di reclusione.

somma che si stima equo liquidare in E 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
al versamento di 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Roma, 11 dicembre 2012

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