Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23889 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23889 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHIRULLI MARIO NATALINO N. IL 25/12/1958
avverso la sentenza n. 1928/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
05/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Oucjo ttou_koi
che ha concluso per ),\ .ii.Loak,u,L,:„01-; ■fr;

Udito, per la parte civile, l’Avv ì -t auio
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 17/10/2013

,

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 5 dicembre 2012 la Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza
del Tribunale di Brindisi – Sezione Distaccata di Francavilla Fontana – emessa in data 18
maggio 2010 nei confronti di CHIRULLI Mario, imputato del reato di cui all’art. 171 ter comma
2 lett. a), b) e d) della L. 633/41 e successive modifiche (illecita duplicazione per uso non
personale e detenzione per la vendita, di supporti magnetici masterizzati privi del marchio

ipotesi di cui alle lettere a) e b) e condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed € 3.000,00
di multa, oltre al risarcimento dei danni causati alla costituita parte civile SIAE.
1.2 Per l’annullamento della detta sentenza propone ricorso l’imputato a mezzo del proprio
difensore fiduciario, deducendo, con unico motivo, violazione di legge per manifesta illogicità e
carenza di motivazione in punto di conferma della responsabilità, nonché contraddittorietà
nella parte in cui, per un verso è stata esclusa la responsabilità per la condotta di cui alla
lettera d) dell’art. 171 ter comma 2 (detenzione per la vendita) e, per altro verso, confermata
la colpevolezza del CHIRULLI a tale titolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
2. In punto di fatto, come ricordato dalla Corte territoriale, era emerso che già in
occasione di alcuni appostamenti della P.G. era risultato che il CHIRULLI forniva a terzi
esemplari duplicati di CD o DVD privi del marchio SIAE dallo stesso detenuti all’interno di un
garage unitamente a materiale utilizzato per la duplicazione masterizzazione. Era del pari
risultato che tale operazione di duplicazione non veniva effettuata per finalità personali ma per
la cessione a terzi, senza che ai prodotti di volta in volta duplicati e contenenti opere protette,
venisse apposto il contrassegno della S.I.A.E.
3. Ciò doverosamente precisato, con il ricorso vengono sollevate censure reiterative di
analoghe censure sollevate con l’atto di appello ed alle quali la Corte Distrettuale ha dato
adeguata risposta. La Corte distrettuale, in particolare, nel richiamare

per relationem la

motivazione della sentenza di primo grado, ha poi passato in rassegna le specifiche doglienze
prospettate dalla difesa e specificamente, per quanto qui di interesse, la questione della cd.
“copia di salvataggio” per ognuno degli originali detenuti e la richiesta di rinnovazione parziale
dell’istruzione dibattimentale al fine di espletare una perizia volta a controllare l’intero
materiale sottoposto a sequestro onde selezionare quella parte di esso non sequestrabile
perché legittimamente detenuta.
3.1 Su tali punti però la Corte ha offerto una motivazione logica e completa: per quanto,
in particolare, attiene alla copia di salvataggio (o “copia lavoro” come menzionata dal
1

SIAE) con la quale lo stesso era stato ritenuto colpevole del reato ascrittogli limitatamente alle

ricorrente), le puntuali considerazioni svolte dal giudice distrettuale a pag. 5 della sentenza
escludono la verosimiglianza e consistenza di tale deduzione, anche per ragioni legate alle
responsabilità di ordine civilistico – come sottolineato dalla Corte territoriale – nei confronti dei
terzi a cui il materiale veniva consegnato a noleggio.
3.2 La cd. “copia di salvataggio” o backup, ben possibile in quanto contemplata dal
combinato disposto degli artt. 71 sexies e 71 septies della L. 633/41 i quali consentono proprio
la realizzazione della copia privata sui supporti di memorizzazione (cd, hard disk, nastri, ecc.)

pagamento anticipato di un compenso sui supporti in questione, in tanto può ritenersi legittima
in quanto manchi il profitto derivante dalla duplicazione; ma quando – come nel caso
sottoposto all’esame della Corte salentina – il soggetto detentore faccia commercio o
comunque duplichi il prodotto originale per finalità di profitto (accezione più ampia rispetto al
fine di lucro contenuto nella norma precedente alla riforma introdotta con la L. 248/00 art. 1),
è del tutto evidente che la cd. copia di salvataggio” non vale ad esonerare l’agente dalla
responsabilità.
3.3 Come precisato, infatti, dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema, la modifica
apportata dall’art. 13 della L. n. 248 del 2000, che ha sostituito al dolo specifico “del fine di
lucro” quello del “fine di trarne profitto”, comporta una accezione più vasta, che non richiede,
necessariamente, una finalità direttamente patrimoniale, ed amplia, pertanto, i confini della
responsabilità dello autore il quale, per il solo fatto di detenere il prodotto de quo, pone in
essere una condotta illecita (vds. Sez. 3^ 17.5.2007 n. 25184, Viganò, Rv. 237071; idem
25.6.2001 n. 33303, Ashour e altro, Rv. 219683) come correttamente motivato dalla Corte
territoriale, che ha desunto la finalità di profitto dal rilevantissimo numero di copie di CD e DVD
esistenti (oltre 1.700) di cui solo una ridottissima parte munita del contrassegno SIAE e
dall’altrettanto rilevante numero di attrezzature atte alla duplicazione (vds. pag. 4 della
sentenza impugnata).
4. Per quanto riguarda il diniego della richiesta di parziale rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale, la stessa Corte di Appello ha avuto cura di segnalare che si trattava di una
richiesta assolutamente generica oltre che superflua rispetto al tema in discussione e le
censure oggi sollevate al riguardo con il ricorso ripropongono la stessa questione negli stessi
termini.
5. Va poi aggiunto che la Corte ha preso in considerazione la circostanza che l’imputato
svolgeva (anche) l’attività di fotografo e di noleggiatore di filmini, precisando che si trattava di
attività lecita che nulla aveva a che vedere con quella illecita. E l’asserzione difensiva secondo
la quale il convincimento della Corte desunto dal rilevante numero di supporti e di attrezzature
per la duplicazione quali dati sintomatici di una detenzione finalizzata al procurarsi un profitto
sarebbe frutto di mere deduzioni sfornite di supporto, è censura palesemente inconsistente in

2

in virtù del legittimo possesso o accesso all’opera dell’ingegno, effettuato attraverso il

quanto risponde a logica il fatto che un numero così elevato di supporti e di materiale detenuto
in un garage fosse destinato, almeno nella sua maggior parte, ad una attività illecita.
6. In ultimo non può farsi a meno di sottolineare che molte delle doglianze contenute nel
ricorso appaiono essere il frutto di personali valutazioni su circostanze fattuali finalizzate ad
una alternativa, ma inammissibile, in sede di legittimità, lettura della vicenda processuale.
7.

Per tali ragioni il ricorso deve dichiararsi inammissibile. Segue la condanna del

ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma, che si ritiene

ricorrente in colpa nell’avere dato causa all’inammissibilità.
8. Il ricorrente va altresì condannato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla
parte civile costituita che si liquidano in suo favore in complessivi € 2.500,00 oltre accessori di
legge in favore della stessa parte civile
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla
rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile liquidate in € 2.500,00 oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2013
Il Co ‘ liere e ensore

Presidente

congrua nella misura di € 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi il

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