Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23879 del 26/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23879 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: SARNO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FAL FAL N. IL 01/01/1983
avverso la sentenza n. 382/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
31/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIO SARNO
., sz….,• “4/..
Udito il Procuratore GpFale in persona del Dott.
che ha
ha concluso per e’‘ 21-9–3”—,:e«…\11;-% ‘ Q-1.,
-L…: (0,1 c,
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 26/04/2013

1. Fal Fai propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la
quale la corte di appello di Torino confermava quella emessa dal gip del
tribunale della medesima città che lo aveva condannato alla pena di giustizia
per il reato di cui all ‘ articolo 73 d.p.r. 309/90 per la cessione di grammi 0,66 di
cocaina a Sgarlazza Davide, nonché per avere detenuto altri 15 ovuli di cocaina
per un principio attivo di milligrammi 2,985 a fine di spaccio, unitamente reato
di cui all ‘ articolo 337 del codice penale.
2. Deduce in questa sede il ricorrente la violazione dell ‘art. 240 cod. pen.
rilevando che i giudici di merito avrebbero erroneamente disposto la confisca
della somma in sequestro quale provento di reato mentre una parte di essa
apparteneva ad un terzo, tale Rough, e solo 40 euro dei complessivi 550
sequestrati al ricorrente sarebbero stati, invece, provento dell ‘attività di
spaccio.

Considerato in diritto
Il ricorso inammissibile.
Ed, invero, a prescindere da ogni rilievo sulla natura della questione che
evidentemente investe il merito della valutazione, deve rilevarsi che la
medesima non ha formato oggetto dei motivi di appello e non può essere
ritenuta di mero diritto presupponendo la risoluzione di aspetti di merito circa
l ‘ appartenenza del denaro e l ‘effettiva riconducibilità di esso all ‘ attività di
spaccio.
Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo
determinare in euro 1.000.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 26.4.2013

Ritenuto in fatto

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