Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23872 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23872 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
Sul ricorso proposto da

XI
.
7
01.
1973
Riviezzi Domenico, nato a Pignola (Potenza), il 7

Avverso l’ordinanza, in data 30.08.2013, del Tribunale di Potenza, Sez. Riesame, con la
quale è stato rigettato l’appello contro l’ordinanza della Corte d’appello di Potenza in data 18
luglio 2013, di sospensione del decorso del termine attinente la misura della custodia cautelare
in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Potenza in data 12 febbraio 2010,
Sentita la relazione del Consigliere relatore Giovanni Diotallevi
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. Massimo Galli, che ha

Data Udienza: 05/03/2014

concluso con la richiesta di rigetto del ricorso;
Sentito l’avv.to Giorgio Cassotta, del foro di Melfi, in sostituzione dell’avv,.to Mauro
Rocco di fiducia, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

g

Riviezzi Domenico ha proposto ricorso per Cassazione Avverso l’ordinanza, in data

30.08.2013, del Tribunale di Potenza, Sez. Riesame, con la quale è stato rigettato l’appello
contro l’ordinanza della Corte d’appello di Potenza in data 18 luglio 2013, di sospensione del
decorso del termine attinente la misura della custodia cautelare in carcere emessa dal Gi
presso il Tribunale di Potenza in data 12 febbraio 2010;

A sostegno dell’impugnazione il ricorrente ha dedotto:

– Violazione art. 606 n. 1 lett. b) e c) cod. proc. pen. sotto il profilo dell’inosservanza ed
erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche in riferimento all’art 304
comma 2 cod. proc. pen. ed al diritto di difesa e contraddittorio, sancito dagli artt. 24 e 111
della Costituzione.
Secondo il ricorrente l’ordinanza presenterebbe un triplice profilo di invalidità in relazione alla
motivazione adottata:

pubblico ministero, come previsto dall’art. 304 comma 3, non potendosi considerare tale la
riserva formulata dal pubblico ministero nel corso della prima udienza dibattimentale,in data
27 marzo 2013 , richiesta che in ogni caso non è stata mai formulata esplicitamente in quelle
successive;
d’altra parte la presunta richiesta formulata inizialmente dovrebbe ritenersi superata dalla
richiesta di sospensione dei termini di custodia fondata sulle pendenza di un procedimento di
ricusazione, terminato con ricorso in Cassazione, la quale ha poi annullato la sospensione per
mancanza dei presupposti di legge.
Un ulteriore vizio da cui sarebbe affetta l’ordinanza, deriverebbe dalla mancanza di richiesta
formulata dal pubblico ministero, e nell’assenza di un contraddittorio tra le parti, in violazione
dell’art. 111 della Costituzione.
Da ultimo, mancherebbe, secondo il ricorrente, l’elemento della “particolare complessità”,
espressamente previsto dall’art. 304 comma 2 cod. proc. pen., idoneo a giustificare una
sospensione dei termini della custodia: il numero degli imputati, cinque, non sarebbe elevato,
né potrebbero valutarsi “gravi” le imputazioni a carico del ricorrente, in parte già
ridimensionate all’esito del giudizio di primo grado.
Nel complesso, quindi, l’ordinanza emessa dal Tribunale di Potenza sarebbe nulla per difetto di
motivazione in ordine agli elementi sopra menzionati.
Inoltre non sarebbe giustificata la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, in
considerazione della sentenza di assoluzione che è stata pronunciata per tutti i reati satelliti

Viene denunciata la mancanza di una valida richiesta di sospensione dei termini da parte del

rispetto a quello associativo. Infine la complessità del dibattimento non potrebbe essere
desunta dalla mera gravità d ei fatti e dallo studio del materiale probatorio già formato in
primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

La Corte d’appello di Potenza, con l’ordinanza emessa in data 18 luglio 2013 ha sospeso ._
i
termini di durata della custodia cautelare nei confronti del ricorrente Riviezzi Domenico ( e di
altri imputati), in accoglimento della richiesta del P.M., formulata ai sensi dell’art. 304, comma
2 cod. proc. pen.

Il provvedimento adottato appare esente da censure logico giuridiche, ed in questo senso
deve essere condivisa la decisione del TDL sul punto.
2. In particolare non appare condivisibile la reiterazione della doglianza , che costituisce il
primo motivo di ricorso, concernente l’assenza della necessaria richiesta del P.M. quale
presupposto per l’adozione del provvedimento impugnato; dall’esame degli atti, in particolare
dalla lettura dei verbali d’udienza, emerge chiaramente che l’istanza di sospensione dei termini
è stata avanzata dal P.M. all’udienza del 27 marzo 2013, dopo l’avvenuta riunione di due
processi e la formulazione di una serie di richieste avanzate dalle difese, per la complessità del

uno dei componenti del collegio giudicante; e che l’udienza del 2 maggio 2013, cui era stata
fissato il precedente rinvio del 27 marzo 2013, è stata poi rinviata all’udienza del 3 luglio 2013;
in questa sede, la stessa difesa (v. trascrizione del verbale d’udienza del 3 luglio 2013, pag.
16), ha dato atto che l’ufficio del P.M. aveva reiterato la richiesta di sospensione dei termini di
durata della custodia cautelare per la complessità del procedimento da trattare, ed anche a
seguito della presentazione dell’istanza di ricusazione da parte di un imputato, e la cui
ordinanza della Corte d’appello, in ragione del rigetto dell’istanza, era stata impugnata in
Cassazione. Con riferimento alla presentazione dell’istanza di ricusazione la Corte d’appello ha
disposto la sospensione della decorrenza dei termini di durata della custodia cautelare facendo
corretta applicazione del principio in base al quale deve ritenersi legittima l’ordinanza di
sospensione dei termini di custodia cautelare a norma dell’art. 304, comma primo, lett. a),
cod. proc. pen., richiesta dal pubblico ministero a seguito dell’equiparazione dell’istanza di
ricusazione all’istanza di rinvio del processo avanzata dal difensore dell’imputato, al fine di
attendere le determinazioni della Corte di cassazione, adita con ricorso avverso la declaratoria
di inammissibilità dell’istanza di ricusazione pronunciata dalla Corte d’appello, non essendo il
differimento un atto dovuto. (v. da ultimo Cass., Sez. 6, n. 50120 del 26/09/2013 – dep.
12/12/2013, Passalacqua, Rv. 258495); la trattazione del procedimento e la decisione sulle
altre richieste della difesa sono state poi differite all’udienza del 9 luglio 2013. L’udienza del 9
luglio 2013 è stata rinviata a seguito dell’adesione degli avvocati all’astensione collettiva dalle
udienze. All’udienza del 18 luglio 2013, la Corte d’appello, all’esito delle istanze istruttorie
accolte e della tipologia del reato contestato, facendo riferimento alla richiesta del P.M.
avanzata all’udienza del 27 marzo 2013, che parlava esplicitamente anche della complessità
del dibattimento, ha sospeso il decorso dei termini di custodia cautelare, questa volta ai sensi
dell’art. 304, comma 2 cod. proc. pen. Deve essere sottolineato che all’udienza del 27 marzo
2013 tutte le difese erano ampiamente intervenute sulla complessiva richiesta del P.M. di
sospensione della decorrenza dei termini di custodia cautelare. Appare infondata quindi la
censura concernente l’assenza di contraddittorio sul punto
3. Ciò premesso, ritiene la Corte che devono essere condivise anche le ragioni della
motivazione che sorregge la dichiarazione di sospensione dei termini di custodia cautelare per
la complessità (oggettiva e soggettiva) del dibattimento derivante da: a) il numero degli

dibattimento e dopo la presa d’atto del deposito di una istanza di ricusazione nei confronti di

imputati, b) la gravità del reato relativi a fatti di criminalità organizzata c) la previsione che nei
termini di fase, essendo stata disposta la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in
accoglimento delle richieste delle difese,(esami dei testi richiesti dalle parti ed esame dei vari
coimputati nel procedimento connesso e acquisizione di una serie di documenti ) con atti
istruttori numerosi e complessi, non fosse esauribile l’istruttoria in corso.
4. Secondo il ricorrente, al contrario, erroneamente da questi elementi il Giudice di
merito avrebbe ricavato la sussistenza dei motivi che legittimano – ex art. 304 c.p.p., comma
2 – la sospensione dei termini di custodia cautelare.

giurisprudenza di legittimità concernente il tema della sospensione dei termini di durata
massima della custodia cautelare. Al riguardo è sufficiente rilevare che la causa di sospensione
rappresentata dalla complessità del dibattimento (art. 304 c.p.p., comma 2) ha natura
obbiettiva ed unitaria ed è stata quindi, ritenuta adeguatamente motivata l’ordinanza con cui il
giudice nel disporre, sulla base dell’art. 304 c.p.p., comma 2, la sospensione dei termini di
durata della custodia cautelare per la complessità del dibattimento, faccia riferimento al
numero degli imputati, dei difensori e delle imputazioni, nonché alla qualità e natura delle
questioni da esaminare. (Sez. 4, Sentenza n. 17576 del 14/01/2004 Cc. – dep. 16/04/2004 Rv. 228174). Né, a tal proposito, si può sostenere che la motivazione del Tribunale, sulla
particolare complessità del dibattimento, sia incoerente, generica o mancante. Si deve, infatti,
osservare che un processo può essere ritenuto particolarmente complesso anche se il numero
degli imputati non è elevato, anche se le imputazioni non sono numerose, ma la qualità e la
natura delle questione trattate sono tali da legittimare il giudizio di complessità; a maggior
ragione si può affermare la particolare complessità del processo quando il numero degli
imputati è elevato – nel caso di specie 17 imputati, oltre la parte civile costituita dalla
presidenza del Consiglio dei Ministri – quando le imputazioni sono altrettanto numerose e
rilevante è il numero dei difensori, e quando a tutto ciò si aggiunge la peculiare qualità e la
peculiare natura delle questioni da trattare, come avviene per i casi di reati collegati alla
criminalità organizzata (reati concernenti l’art. 416 bis cod. proc. pen. e reati aggravati ai sensi
dell’art. 7 legge n.203/91).
L’indicazione di questi parametri – numero degli imputati, delle imputazioni, dei difensori,
qualità e natura delle questioni, presenza della parte civile – non ha nulla a che vedere con le
formule di stile, cosicché appare corretta la valutazione operata dal TDL. E che i parametri
tenuti presenti dal TDL. non siano formule di stile è affermazione che trova puntuale conferma,
come si è già detto, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo la quale, “in
materia di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, la complessità del
dibattimento, di cui all’art. 304 c.p.p., comma 2, può essere desunta dal numero dei reati, dal
numero degli imputati, dalla vastità dalle imputazioni, dalle modalità e dagli intrecci della
concreta fattispecie, circostanze che possono anche preludere al numero e alla complessità

Osserva la Corte che la decisione del Tribunale del riesame è in linea con la prevalente

degli interventi nella discussione” (Cass., 26 novembre 1997, n. 4625, CED 209044; 23
dicembre 1996, n.4593, CED 206501).
L’art. 304 c.p.p., comma 2 stabilisce che la sospensione può essere disposta “nel caso di
dibattimenti particolarmente complessi durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si
delibera la sentenza nel giudizio di primo grado e nel giudizio di impugnazione” e questo testo
è tale da far ritenere che la legge richieda, per la sospensione dei termini, sia nel giudizio di
primo grado, sia nel giudizio di impugnazione, la sola condizione della particolare complessità
dei dibattimenti. Di fronte a questi elementi oggettivamente evidenziabili, e che implicitamente

dell’istruttoria, non appare condivisibile il giudizio negativo espresso dal ricorrente sulla
legittimità dell’ordinanza, con riferimento alla rinnovata attività istruttoria da espletare che
non giustificherebbe l’adozione del provvedimento di sospensione. Sotto questo profilo, infatti,
deve ricomprendersi nella nozione di complessità, oltre il riferimento alla trattazione e alla
decisione del processo, in relazione all’approfondimento delle posizioni di ciascun imputato e
all’assunzione di numerosi mezzi di prova, anche le oggettive difficoltà e ostacoli di natura
logistica riguardanti l’organizzazione dei mezzi e delle strutture necessarie per lo svolgimento
del dibattimento (Cass., sez. VI, 26 ottobre 2004, n. 10, CED 230516; Cass., sez. V, 27 aprile
2010, n. 21325, CED 247308; Cass., Sez. II, 7 ottobre 2011, Rizzo). Nell’ambito di tale
valutazione entrano anche ragioni estrinseche al processo, quali possono essere il mutamento
dell’organo giudicante che non possono essere automaticamente qualificati come “disfunzioni”
dell’apparato giudiziario, ma costituiscono invece un fenomeno fisiologico, in quanto
connaturato alla garanzia costituzionale del giudice precostituito, alla possibilità di rinnovazione
degli atti e alla valutazione dell’opportunità della rinuncia dell’esercizio di tale facoltà lasciata
all’interessato, in particolare se un provvedimento di sospensione dei termini era già stato
adottato in precedenza (v. anche Cass. sez. I., 23/04/1997 n. 2962 (dep. 03/06/1997 ) CED
207775), come era avvenuto nel caso di specie; tanto che è ormai consolidato l’orientamento
di questa Corte secondo il quale, in tema di sospensione dei termini di durata della custodia
cautelare, il provvedimento adottato dal giudice del dibattimento con ordinanza ex art. 304,
commi secondo e terzo, cod. proc. pen. non perde efficacia nel caso di rinnovazione del
dibattimento conseguente a mutamento della composizione dell’organo giudicante non solo
perché nessuna norma prevede una simile conseguenza, ma anche perché ciò sarebbe in
contrasto con il principio generale di conservazione degli atti (Cass, sez. I, 27 novembre 2003,
n. 38433 CED, n. 229732), agevolmente desumibile, quale criterio ispiratore dell’intero
ordinamento processuale, proprio dalla disciplina dettata dall’art. 42 cod. proc. pen. in tema di
astensione e ricusazione (vedi: Sez. 1^, Sent. n. 3538 del 1 ottobre 1994, CED 199356; Sez.
6, Sent. n. 188 del 6 febbraio 1997, CED 207512; Sez. 6, Sent. n. 9 del 18 febbraio 1997, CED
208168; Sez. 6, Sent. n. 1728 del 2 giugno 1997, CED 208213; Sez. 1, Sent. n. 33377 del 5
settembre 2001, CED 219350).

contengono una risposta anche alla censurata mancata esplicazione della complessità

Sostanzialmente dunque il TdI aveva dai dati cartolari tutti gli elementi in concreto per
valutare positivamente la legittimità del provvedimento adottato dalla Corte d’appello di
Potenza.
5. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria perché provveda ai sensi dell’art. 94 disp.att. cod. proc. pen.
P.Q.M.

processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria perché provveda ai sensi dell’art. 94 disp.att. cod. proc. pen.
Roma, li 5 marzo 2014

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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