Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23868 del 26/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 23868 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: SARNO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LETIZIA ANTONIO N. IL 05/11/1982
avverso la sentenza n. 1752/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
11/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIO SARNO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. .(0–13k, 1/4
che ha concluso per
“-;

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 26/04/2013

Considerato in diritto
4. Il ricorso è infondato.

Ritenuto in fatto
1. Letizia Antonio propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in
epigrafe con la quale la corte di appello di Lecce, in riforma di quella emessa
dal gup presso il tribunale di Brindisi in data 5 maggio 2011, revocava il
beneficio della sospensione condizionale della pena concesso all’imputato e la
confisca delle somme di denaro sequestrate all’esito della perquisizione.
L’imputato era stato condannato in primo grado per il reato di cui agli articoli
110 del codice penale e 73 comma 1 bis d.p.r. 309/90 in concorso con Caputi
Federica e Caputi Aldo, rispettivamente moglie e suocero del ricorrente, in
relazione alla detenzione di di circa mezzo chilogrammo di sostanza
stupefacente presso l’abitazione dei suoceri.
2. Come si rileva dalla sentenza di appello il 30 marzo 2010, dopo un mirato
servizio di appostamento, i carabinieri di Francavilla Fontana avevano
predisposto l’accesso nell’abitazione di Caputi Aldo e Badarini Nicolina. Con il
pretesto di notificare un atto, attiravano quest’ultimo davanti al cancello della
villa. La Baldarini, accortasi che non si trattava di un semplice controllo,
rientrava in casa urlando e contestualmente alcuni militari, sul retro
dell’abitazione, notavano Letizia Antonio, genero del Caputi e marito della figlia
Federica, scavalcare il muro di recinzione della villa introdursi nel giardino di
una villa attigua, superare una seconda recinzione per poi fuggire attraverso
campo incolto dove veniva bloccato. Durante la fuga il Letizia si era liberato del
giubbotto che indossava all’interno del quale veniva rinvenuto un panetto di gr.
490 di eroina ed una seconda confezione della medesima sostanza di gr. 54.
Nell’abitazione del Caputi veniva trovato tutto l’occorrente per il
confezionamento delle dosi di stupefacente e venivano altrsì rinvenuti somme
di denaro di euro 5500 in vari tagli ed un assegno di € 3220.
La corte di appello assolveva Caputi Federica ai sensi dell’articolo 530 comma 2
del codice di procedura penale per non aver commesso il fatto, confermando
invece la declaratoria di condanna per gli altri due imputati.
In particolare, per quanto concerne il Letizia, i giudici di appello non avevano
ritenuto di accogliere la richiesta di derubricazione del reato in quella di cui
all’articolo 378 del codice penale (con conseguente applicazione della causa di
non punibilità prevista dall’articolo 384 cod pen invocata dal ricorrente)
respingendo le tesi difensive dell’imputato il quale aveva sostenuto la propria
inconsapevolezza del fatto che nel bagno dell’abitazione vi era droga
manipolata dal suocero aggiungendo che il giorno dell’intervento dei carabinieri
il suocero stesso gli aveva lanciato un giubbotto che non era suo, di cui
ignorava il contenuto, dicendogli di aiutarlo e di scappare.
3. Deduce in questa sede il ricorrente la violazione dell’articolo 378 del codice
penale ed il vizio di motivazione contestando l’orientamento di questa Corte
secondo cui il reato permanente non sarebbe compatibile con il
favoreggiamento ed evidenziando la contraddittorietà della sentenza nella
misura in cui ha invece assolto la moglie dalla medesima contestazione.

PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 26.4.2013

Occorre anzitutto premettere che le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a
dirimere un precedente contrasto sul punto, hanno affermato che il reato di
favoreggiamento non è configurabile, con riferimento alla illecita detenzione di
sostanze stupefacenti, in costanza di detta detenzione, perché, nei reati
permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, posta in essere prima che
la condotta di questi sia cessata, si risolve – salvo che non sia diversamente
previsto – in un concorso nel reato, quanto meno a carattere morale. (Sez. U,
Sentenza n. 36258 del 24/05/2012 Rv. 253151).
Ciò posto rileva il Collegio che la motivazione è corretta in relazione al principio
affermato e dà adeguatamente conto delle ragioni per le quali la condotta
posta in essere dall’imputato si è risolta non già in un ausilio ad eludere le
indagini ma, piuttosto, in una iniziativa finalizzata ad offrire concreto aiuto al
suocero che illecitamente deteneva presso la propria abitazione lo
stupefacente.
I giudici di appello, infatti, con motivazione certamente logica ed esente da
rilievi sul piano della legittimità, hanno correttamente concluso che l’imputato
non si era limitato ad un atteggiamento meramente passivo ma aveva fornito
un apporto collaborativo fattivo per occultare lo stupefacente all’atto
dell’accesso dei carabinieri nell’abitazione, sottolineando in particolare la
sintomaticità del comportamento dell’imputato datosi a precipitosa fuga e
notato nell’atto di disfarsi del giubbotto in cui era custodito lo stupefacente.
Tale elemento correttamente è stato posto in correlazione con il rinvenimento
di numerose e palesi tracce dell’attività di trattamento dello stupefacente
nell’abitazione di Caputi Aldo e con il contenuto di una intercettazione
effettuata in carcere tra quest’ultimo e le figlie in cui lo stesso riferiva di avere
intimato al genero di lasciare nel bagno lo stupefacente e di scappare per non
essere coinvolto.
Si deve pertanto rilevare l’infondatezza del ricorso, in quanto articolato sulla
richiesta di rivalutazione del materiale probatorio non consentito in questa
sede a fronte di argomentazioni certamente ineccepibili sotto il profilo logico.
Né può essere ritenuta contraddittoria la sentenza per l’assoluzione – sia pure
ai sensi del capoverso dell’articolo 530 cpp – della moglie dell’imputato,
Federica.
I giudici di merito, infatti, sono giunti a tale decisione in assenza di prove certe
sulla responsabilità di quest’ultima, correttamente evidenziando che la stessa,
pur frequentando l’abitazione del padre, non aveva tenuto alcun
comportamento in qualche modo sintomatico di una partecipazione all’attività
delittuosa posta in essere dallo stesso.
Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA