Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23868 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23868 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSSO COSIMO N. IL 04/02/1952
avverso l’ordinanza n. 1764/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
06/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
(2,

í):

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/03/2014

RUSSO Cosimo, ricorre per Cassazione avverso la Ordinanza 6.11.2013 con
la quale il Tribunale della Libertà di Milano ha confermato il provvedimento
19.10.2013 con il quale è stata applicata la misura della custodia cautelare in
carcere per il delitto di estorsione aggravata (nell’ambito del proc. n.
50948/13 RGNR).
Il ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento impugnato deducendo:
§1.) 1″illegittimità dell’ordinanza del Tribunale del riesame sia in ordine alla
affermata sussistenza dei presupposti della misura cautelare, sia in ordine
alla mancata utilizzazione degli indizi a discarico ai fini della valutazione
dei gravi indizi di colpevolezza, perché la Procura della Repubblica non ha
trasmesso al Tribunale del riesame gli atti relativi ai procedimenti penali
riuniti con decreti 24.10.2013 (proc. n. 52233/13 RGNR) e 28.10.2013
(proc. n. 51704/2013), con ciò integrando la violazione dell’art. 309 comma
X cpp.
La difesa sostiene che le denunce contenute nei suddetti procedimenti riuniti
e la integrazione della denuncia 16.10.2013 porterebbe ad escludere la partecipazione del ricorrente alla commissione della estorsione.

RITENUTO IN DIRITTO
Dalla lettura del provvedimento impugnato si evince che l’imputato (tratto a
giudizio con decreto che dispone il giudizio immediato) è stato arrestato nella flagrante commissione del delitto di estorsione aggravata e il provvedimento cautelare è stato giustificato sulla base delle dichiarazioni rese dalla
persona offesa e da quanto contenuto nel p.v. di arresto.
Dal medesimo provvedimento si evince che in sede di riesame cautelare sollecitato dalla difesa, l’ufficio del Pubblico Ministero non aveva trasmesso
gli atti e le denunce rese dalla persona offesa in data antecedente a quella del
18.10.2013 e nei quali la persona offesa aveva indicato come autore della
estorsione alta persona (VERSACI), pure identificata dai Carabinieri.
Dalla lettura del provvedimento si evince ancora il la natura e il ruolo del
RUSSO che quale conoscente della persona offesa era presente allo incontro
di quest’ultima con il VERSACI e aveva sollecitato la stessa persona offesa
la somma di denaro richiesta, almeno nella misura disponibile in quel momento, scena alla quale avrebbero assistito i Carabinieri a seguito di denuncia presentata dalla stessa persona offesa prima dell’incontro nel corso del
quale si è proceduto all’arresto del RUSSO Cosimo.
Il Tribunale del riesame, con il provvedimento impugnato, dopo avere respinto la censura formulata dalla difesa circa l’omessa produzione da parte
del Pubblico Ministero delle denunce e degli atti antecedenti a quella del
18.10.2013, ha valutato la posizione del RUSSO, indicando le ragioni per le
quali ha ritenuto la sussistenza degli indizi sufficienti a giustificare la misura
cautelare ex art. 273 cpp.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La difesa del ricorrente ripropone in questa l’identica questione già dedotta
avanti il Tribunale del riesame, denunciando la erroneità della decisione,
senza formulare alcuna valida censura in diritto in ordine alla soluzione giuridica seguita dal Tribunale.
Invero, per espressa affermazione dell’organo giudicante è circostanza pacifica che il Pubblico Ministero non ha trasmesso al Tribunale del riesame le
denunce fatte dalla persona sottoposta all’estorsione, antecedenti a quella
del 18.10.2013, ma ha rimesso esclusivamente quest’ultima e gli atti inerenti
al giorno dello arresto in flagranza, va peraltro osservato che il Tribunale del
riesame ha dato conto che il Giudice delle indagini preliminari ha preso in
considerazione solo gli atti inerenti all’arresto del RUSSO in flagranza di
reato e non quelli precedenti.
La decisione (non specificatamente confutata dalla difesa) è corretta in diritto alla luce anche della più recente giurisprudenza di legittimità ampiamente
consolidata sul punto, per la quale l’obbligo di trasmissione al tribunale del
riesame previsto dall’art. 309, comma quinto, cod. proc. pen. riguarda solo
gli atti che il P.M. ha selezionato per sostenere la sua richiesta, oltre che gli
elementi a favore dell’indagato mentre nessun onere sussiste di trasmettere
tutto il contenuto del fascicolo processuale [Cass. n. 44004/2013].
La difesa sostiene che gli atti non trasmessi dal Pubblico Ministero sarebbero “favorevoli” al RUSSO da ritenersi estraneo alla vicenda estorsiva proprio sulla scorta delle dichiarazioni della persona offesa.
La censura della difesa, su questo punto è del tutto generica, valutativa ed in
fatto: come tale inammissibile. La difesa non ha fornito alcun argomento
valido e concreto sulla cui base possa affermarsi che le denunce (illegittimamente – in tesi della difesa) non prodotte dalla Procura della Repubblica,
in quanto contenenti aspetti indiziari favorevoli al prevenuto, avrebbero
avuto capacità dimostrativa assorbente e tale da elidere quanto oggetto di
contestazione al RUSSO per i fatti del giorno18.10.2013 riportato nella motivazione del provvedimento cautelare che risulta essere immune da vizi motivazionali.
Il provvedimento del Tribunale del riesame è pertanto immune da censure,
né valutazioni di merito possono essere svolte nella presente sede. Infatti in
materia di provvedimenti “de libertate”, la Corte di Cassazione non ha alcun
potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle misure poiché sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito. Il controllo di legittimità rimane
pertanto circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro
l’assenza di illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento [Cass. SU 22.3.2011 n. 11; Cass. Sez. II
7.12.2011 n. 56; Cass. Sez VI 12.11.1998 n. 3529; Cass. Sez. I ordinanza
20.3.1998 n. 1700; Cass. Sez. 111.3.1998 n. 1496; Cass. Sez. I 20.2.1998 n.
1083]. Da quanto sopra discende che: a) in materia di misure cautelari la
scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra fra i compiti istituzionali
del giudice di merito sfuggendo entrambe a censure in sede di legittimità se

Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma di € 1.000,00, così equitativamente determinata la sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cpp, ravvisandosi nella condotta processuali
dell’imputato estremi di responsabilità ivi descritta. Ai sensi dell’art. 94
disp. att. cpp, si manda alla cancelleria per le comunicazioni di legge agli
organi competenti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Si
provveda a norma dell’art. 94 disp. att. cpp.

Così deciso in Roma il 5.3.2014

adeguatamente motivate ed immuni da errori logico giuridici, posto che non
può contrapporsi alla decisione del Tribunale, se correttamente giustificata,
un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione del materiale probatorio; b) la denuncia di insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o di
assenza di esigenze cautelari è ammissibile solo se la censura riporta l’indicazione precisa e puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero
l’indicazione puntuale di manifeste illogicità della motivazione provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, esulando dal
giudizio di legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei
fatti sia quelle che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate e valorizzate dal giudice di merito. [v. in tal senso Cass sez. III
21.10.2010 n. 40873]. Infatti H sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che
quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le
ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia
“manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole
della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da
risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico [Cass.
Sez. 119.10.2011 n. 41738; e nello stesso senso Cass. Sez. IV 3.5.2007 n.
22500; Cass. Sez. VI 15.3.2006 n. 10951]

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