Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23865 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23865 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FINOCCHIARO ALDO LUCIANO N. IL 20/11/1949
avverso l’ordinanza n. 45/2013 TRIB. LIBERTA’ di PESCARA, del
26/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lata/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/03/2014

FINOCCHIARO Aldo Luciano, ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza
26.9.2013 con la quale il Tribunale della libertà di Pescara ha rigettato
l’appello proposto avverso la sentenza 16.8.2013 con la quale è stata rigettata l’istanza di dissequestro.
Il ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento impugnato deducendo:
§1.) che il provvedimento del Tribunale del riesame è stato emesso il
26.9.2013 e depositato il 30.9.2013 e quindi tardivamente con conseguente
caducazione del sequestro.
§2.) che il decreto con il quale viene disposto il giudizio non può essere ritenuto preclusivo alla valutazione del merito sottostante alla valutazione
della legittimità del sequestro.
§3.) che non può essere ritenuta corretta la motivazione nel punto in cui
esprime un giudizio di confiscabilità del bene sequestrato
§4.) che il Tribunale di merito a disposto l’immediata vendita all’asta del
veicolo sequestrato
§5.) che il Tribunale ha mantenuto il sequestro sulla base di congetture sfornite di prove documentali, di riscontri.

RITENUTO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato per due diversi ordini
di ragioni. In primo luogo la deduzione della tardività della pronuncia del
provvedimento impugnato, cui la difesa vuole ricollegare l’effetto della cessazione degli effetti del sequestro è del tutto generico, posto che il deducente non si è peritato di dimostrare in quale dato..abbia proposto la impugnazione avverso il provvedimento reso in data 16.8.2013 dal Tribunale di Pescara, né altrimenti risulta provato che l’istante abbia formulato la richiesta
di sospensione dei termini. Va inoltre osservato che il procedimento attivato
dal ricorrente ricade sotto la disciplina dell’art. 322 bis il quale a sua volta al
II^ comma richiama l’art. 310 cpp. Quest’ultima disposizione facendo rinvio
alla disciplina dettata dall’art. 309 cpp commi I°, II°, III°, IV° e VII° non
richiama il comma X° con la conseguenza che la pronuncia del Tribunale in
funzione di giudice dell’appello cautelare non è sottoposta alla disciplina
dettata dalla suddetta disposizione, di talchè il provvedimento impugnato
non è fuori termine e nessuna incidenza si è avuta sull’efficacia del provvedimento di sequestro. Nè può affermarsi, perché non espressamente prevista
dalla legge, che la inosservanza del termine previsto dall’art. 310 II° comma
cpp produca effetti sull’efficacia del provvedimento impugnato [Cass.
2137/98]
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato alla luce del qui
condiviso principio per il quale non è proponibile in sede di riesame del
provvedimento che dispone il sequestro preventivo la questione relativa alla
sussistenza del “fumus commissi delicti”, qualora sia intervenuto il decreto

MOTIVI DELLA DECISIONE

P. Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 5.3.2014

che dispone il rinvio a giudizio del soggetto interessato – che spiega efficacia preclusiva alla delibazione del “fumus” del reato – stante l’ontologica diversità e, quindi, la non omologabilità delle regole relative alle misure cautelari personali con quelle riguardanti le misure cautelari reali. (Corte cost.
n. 71 del 1996). [Cass. 30569/2009; Cass. 4906/1998; Cass 5039/19971.
Il terzo e il quinto motivo di ricorso sono inammissibili ai sensi dell’art. 325
I^ comma cpp. Infatti la parte deduce censure che non denunciano violazione di legge, ma soli vizi della motivazione (ex art. 606 P comma lett. e)
cpp) che non sono riconducibili nel novero della violazione di legge [Cass.
35532/2010].
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato perché è influente ai
fini del presente giudizio che attiene esclusivamente alla valutazione della
legittimità del provvedimento impugnato.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato
al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 a favore
della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata la sanzione
amministrativa prevista dall’art. 616 cpp, ravvisandosi nella condotta processuale dell’imputato estremi di responsabilità ivi previsti.

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