Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23860 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23860 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAINA GIUSEPPE N. IL 14/02/1939
avverso la sentenza n. 6402/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
10/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4 11)..toMAA
che ha concluso per 4(
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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Data Udienza: 28/05/2014

A

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 10 ottobre 2012, la Corte di appello di Milano, 5^ sezione
penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Voghera appellata da
Raina Giuseppe, dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al
delitto di lesioni personali di cui al capo B perché estinto per prescrizione e, ritenuta
quanto al capo A l’ ipotesi del tentativo, rideterminava la pena in otto mesi di
reclusione ed C 150 di multa; confermava nel resto la sentenza impugnata, con la
quale Rainai era stato dichiarato colpevole di rapina impropria di un sacco di

violenza nei confronti di Valdambrini Chiara e Calvi Fabio, con riconoscimento dei
benefici di legge e condanna al risarcimento dei danni in favore delle persone
offese, costituite parti civili.
La Corte territoriale confermava il giudizio di responsabilità perché fondato sulle
dichiarazioni di Valdambrini Chiara e Calvi Fabio confortate da quanto accertato dai
Carabinieri successivamente intervenuti posto che l’ alternativa versione del
reperimento delle pannocchie come frutto di spigolatura in altro fondo confinante
(peraltro riferibile solo ad ipotesi difensiva, posto che l’ imputato, rimasto
contumace, non aveva reso dichiarazioni) non trovava alcun serio conforto in
quanto riferito dal C.re Alessandro Marrocco.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’ imputato, a mezzo del
difensore, che ne ha chiesto l’ annullamento per i seguenti motivi:
–mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in
cui ritiene in.-conferente ai fini della decisione “I’ elemento costituito dalla diretta
osservazione degli operanti”, perché, al contrario di quanto si afferma in sentenza,
il C.re Marrocco ha fotografato le pannocchie rinvenute ad essiccare nell’ aia del
Raina, pannocchie che quest’ ultimo aveva rovesciato dai sacchi che in tesi
accusatorie sarebbero provento della rapina ma che per le loro caratteristiche
apparivano essere frutto della spigolatura;
– erroneità e illogicità della motivazione nella parte in cui ritiene decisiva per il
giudizio di colpevolezza la circostanza che l’ imputato fosse uscito dal campo delle
persone offese e che avesse posteggiato nelle vicinanze la propria bicicletta, perché
frutto di travisamento delle risultanze dell’ istruttoria dibattimentale, in riferimento
al percorso alternativo da seguire, quello a piedi (con attraversamento del fondo
delle persone offese) essendo solo di sessanta metri, quello con la bicicletta (sulla
carrareccia) essendo molto più lungo;
– illogicità della motivazione nella parte in cui ritiene che il tracciato percorso dal
Raina consentiva a quest’ ultimo di “sfuggire a controlli”, assunto contraddetto dalla
testimonianza della Valdambrini la quale ha affermato di aver visto l’ imputato
uscire dal campo del suocero;

pannocchie di mais prelevate dal terreno agricolo di Calvi Daniele con uso di

- erroneità della motivazione nella parte in cui la Corte riporta il referto del Pronto
Soccorso dell’ imputato attribuendolo a Calvi Fabio, al quale è stata refertata una
“contusione toracica” e non “contusione al dorso con lesione ecchimotica ed
escoriazioni alle gambe”.”
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è dedotto in maniera inammissibile, attraverso la
sollecitazione di un’ alternativa valutazione di merito, come tale non consentita in

La Corte territoriale ha infatti giustificato il convincimento di inconferenza dei rilievi
difensivi desunti dalla testimonianza del C.re Marrocco e dai rilievi fotografici da
questi effettuati in considerazione del fatto che gli accertamenti di polizia giudiziaria
furono effettuati successivamente e quindi le pannocchie fotografate non sono
quelle che l’ imputato aveva con sé, quando fu sorpreso mentre usciva dal campo.
Si tratta di valutazione non manifestamente illogica e quindi non censurabile in
questa sede.
L’ indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato
– per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’ esistenza di un logico
apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità
di verificare l’ adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è
avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali.
Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello della “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric.
Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).

2.

Anche gli altri tre motivi di ricorso sono inammissibili, perché denunciano

travisamento della prova in ipotesi di doppia conforme ed inoltre senza indicare in
maniera specifica l’ atto del processo che in tesi difensiva darebbe prova della
denunciata contraddittorietà, in violazione della regola di autosufficienza del ricorso
e senza infine dare conto della decisività (in particolare con riferimento ai certificati
medici) del denunciato travisamento.
Come noto, la formula novellata dell’ art.606 c. 1 lett.

e) cod. proc. pen. ha

introdotto come nuova ipotesi di vizio della motivazione (oltre alla mancanza e alla

questa sede.

manifesta illogicità) la contraddittorietà della stessa, risultante non soltanto dal
testo del provvedimento impugnato, ma anche “da altri atti del processo
specificamente indicati nei motivi di gravame”.
La questione assume particolare rilevanza nel caso in cui (a differenza di quello in
esame) il giudice dell’ appello sia andato di contrario avviso rispetto alla decisione
adottata in prima istanza, ponendo così la parte vittoriosa in primo grado in
condizione di non potersi difendere adeguatamente nel successivo grado di giudizio
che, essendo di legittimità, preclude qualsiasi riesame nel merito. La

di ovviare alle difficoltà della parte soccombente in appello, aveva individuato quale
possibilità di ricondurre nel vizio di mancanza di motivazione (in quanto all’ epoca
già deducibile in sede di legittimità) la mancata risposta da parte del decidente alle
sollecitazioni proposte con memorie difensive, dirette ad estendere le sue
valutazioni su elementi diversi non posti a fondamento dell’ atto di appello e non
oggetto di valutazione da parte del primo giudice. Nel contempo sollecitava il
legislatore per un opportuno intervento che rimediasse alle difficoltà evidenziate e
suggeriva di modificare il giudizio di appello con la previsione, in caso di difformità
di valutazione, di separare la fase rescindente da quella rescissoria.
La scelta del legislatore è stata diversa: ha esteso il ricorso per cassazione, con le
modifiche apportate alla lettera e) del citato art. 606.
Il dato normativo lascia inalterata la natura del controllo del giudizio di cassazione,
che può essere solo di legittimità. Non si fa carico alla suprema corte di formulare
un’ ulteriore valutazione di merito. Si estende soltanto la congerie dei vizi
denunciabili e rilevabili. Il nuovo vizio è quello che attiene sempre alla motivazione
ma che individua come tertium comparationis, al fine di rilevarne la mancanza l’
illogicità o la contraddittorietà, non solo il testo del provvedimento stesso ma “altri
atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”. L’ espressione
adottata (“altri atti del processo”) deve essere interpretata non nel senso, limitato,
di atti a contenuto valutativo (come gli atti di impugnazione e le memorie
difensive) ma anche in quello di atti a contenuto probatorio (come i verbali, i
documenti) al fine di rimediare al vizio della motivazione dipendente dalla
divaricazione tra le risultanze processuali e la sentenza. La novella normativa
introduce così due nuovi vizi definibili come: 1) travisamento della prova, che si
realizza allorché nella motivazione della sentenza si introduce un’ informazione
rilevante che non esiste nel processo; 2) omessa valutazione di una prova decisiva
ai fini della decisione. Attraverso l’ indicazione specifica della prova che si assume
travisata o omessa si consente alla corte di cassazione di verificare la correttezza
della motivazione (sotto il profilo della sua non contraddittorietà e completezza)
rispetto al processo. Questo ovviamente (si ribadisce) nel caso di decisione di

giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. S.U. 30.10-24.11.2003 n. 45276), al fine

appello difforme da quella di primo grado. Ed invero in caso di c.d. doppia
conforme il limite del devolutum non può essere valicato ipotizzando recuperi in
sede di legittimità. Il dato a contenuto probatorio, che si denuncia come travisato o
come omesso, deve inoltre avere la caratteristica della decisività, ovviamente
nell’ambito dell’ apparato motivazionale oggetto di critica, non essendo concepibile
una rivalutazione del complesso probatorio, perché in tal modo si sconfinerebbe nel
merito (cfr. Cass. Sez. 2, 23.3.2006 n. 13944; Cass. Sez. 2, 24.5.2006 n. 19848;

22.10.2013 n. 44765).
Nell’ ambito di questo nuovo quadro normativo l’ elaborazione giurisprudenziale ha
poi ricondotto l’ onere di specificità dell’ indicazione dell’ atto processuale travisato
o omesso (“…altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”)
alla categoria dell’ autosufficienza del ricorso, sicché è inammissibile il ricorso per
cassazione che deduca il vizio di contraddittorietà della motivazione e, pur
richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione
o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo
stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (cfr. Cass. Sez. 2,
5.5.2006 n. 19584; Cass. Sez. 4, 28.4.2006 n. 20245; cass. Sez. 5, 22.10.2010 n.
11910; Cass. Sez. 2, 1.3.2013 n. 26725).

3. Il ricorrente deve in conseguenza essere condannato al pagamento delle spese
processuali e di somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei
profili di colpa rinvenibili nelle rilevate cause di inammissibilità, si quantifica in
mille/00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma 28 maggio 2014
‘ere Est.

Presiden

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Cass. Sez. 2, 24.1.2007 n. 5223; Cass. Sez. 4, 3.2.2009 n. 19710; Cass. Sez. 4,

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